SLOBBER PUP”Black Aces”(Rare noise records)
Cosa succede quando quattro personaggi importanti della scena “avantgarde”made in USA si incontrano?
Di sicuro le sorprese non mancano;ancora di più se i quattro personaggi in questione suonano una sorta di free jam che ricorda le sessioni psichedeliche di fine ’60/primi anni ’70 (e non solo:anche l’attitudine delle improvvisazioni tipiche del jazz,ma spostate in un contesto del tutto differente),in un mix continuo di rock,blues e quant’altro,tutto in un’ottica contemporanea e libera da catalogazioni.
Ed è quello che è successo agli Slobber Pup….”Black aces”difatti è una vera e propria sorpresa,che merita di essere ascoltata con estrema attenzione:un lavoro complesso,per molti ma non per tutti,che stupisce solco dopo solco.
Ma veniamo al dunque. Gli Slobber Pup sono formati da:Jamie Saft(tastierista e fondatore del gruppo,già collaboratore dei Masada di John Zorn e pianista dei New Zion Trio,oltre a essere produttore di tanti altri grossi nomi “alternativi”),Trevor Dunn(basso,già con Mr.Bungle,Melvins,Fantomas,Tomahawk e collaboratore anch’esso in alcune formazioni di Zorn),Joe Morris(Chitarra,personaggio di culto della scena free jazz)e Balasz Pandi(batteria,presente in varie formazioni che incidono dischi targati”Rare noise”).
Date le premesse,capirete già che si tratta di un lavoro imperdibile e irripetibile:e sapere che l’intero disco è stato registrato in diretta durante una lunga improvvisazione in studio,ne aumenta il fascino.
E difatti,lo spirito delle grandi jam-come dicevo poco fa-permea l’intero lavoro.
Il disco si apre con “Accuser”,una devastante prova sonora di 27(!)minuti lisergici,che inizialmente sembra proprio uscire da un locale di San Francisco nel 1968:tra acidità chitarristiche,un’incalzante sezione ritmica precisa che non si ferma mai e un hammond placido e tagliente allo stesso tempo,si viene subito traghettati nel mood della band.
Inflessioni free form,assoli acidi(memori tanto della psichedelia californiana più spericolata,quanto di blues “slegato” da tempo e spazio,e qualche riminiscenza hard),improvvisi assalti jazzati che diventano sperimentazione sonora……”accuser”è tutto questo e anche di più,e anche quando il pezzo prende una piega più”noise”,è tutto ben organizzato e mai fine a sé stesso,e viene dirottato su schemi complessi quasi progressive,ma sempre col giusto feeling in evidenza(perfino le parti più”ostiche”,risultano scorrevoli,come un torrente in piena).
La parte finale è all’ennesima potenza,mescolando ancora di più influenze settantiane a cupe coltri inconsuete di sperimentazione a tutta birra(e improvvisi lampi di violenza sonora che ricordano i Naked City quanto il free jazz più ardito a-la-Coleman):la bravura di tutti i musicisti coinvolti è mostruosamente precisa!
L’accelleratore sulla velocità viene premuto ancora di più su”Balalt”,una vertigine sonora schizoide in cui il ritorno del liquido hammond a mò di tappeto si staglia su parti chitarristiche allucinate e allucinanti,mentre la sezione ritmica è a metà tra jazz e accenni di metal estremo:e mai l’aggressione sonora è stata così piena di feeling,calcolata ma non “fredda”.
La title-track è una sorta di compendio”oscuro-visionario”degli Slobber Pup:difatti,la band sembra dare una propria visione del”dark sound”,totalmente distorta e psichedelica,una colata di lava sonica ad alto contenuto tossico,in cui le ossessive ripetizioni jazzate si colorano di rosso sangue(o rosso passione,a seconda dei casi)….Un brano viscerale,che penetra dentro e stordisce in maniera eccezionale.
In un’atmosfera notturna e da pub fumoso è avvolta”Suffrage”,in cui gli Slobber Pup si dimostrano maestri nel rompere gli schemi,ricomponendo i tasselli del puzzle sonoro a modo loro:l’organo hammond la fa ancora una volta da padrone,con l’inizio che pare un’ outtake psichedelica di Brian Auger,per poi svilupparsi in sentieri più ombrosi e decisamente imprevedibili(con la chitarra che si fa sempre più onirica e inacidita). Una sorta di progressive “totale”,e allo stesso tempo destrutturato e catapultato in zone misteriose ed oscure…..
Il disco si chiude con “taint of satan”,in cui la sperimentazione diventa ancora di più sconvolta e fuori schema:una sorta di”stoner blues”che alterna parti più jazzate ad altre ai limiti del noise,ma senza perdere il senso della direzione,tra i voli pindarici e”pericolosi”della chitarra,e gli improvvisi rombi dell’organo….ma non finisce qui,perchè poi il brano sfocia in una sorta di orgia infernale,una specie di death metal via lsd,scandito da basso e batteria all’impazzata come nella miglior tradizione”estrema”,ma allo stesso tempo “(tra)sfigurato”dall’incessante caos sonoro chitarristico/tastieristico….ed il finale è una sorta di “freak out doom”jam,tra influenze sabbathiane,i sonic youth più rumorosi e riminiscenze”spaziali”.
Una sorta di disco mastodontico,quindi,a suo modo un capolavoro del genere…..adatto per tutti gli amanti delle sonorità inconsuete,e anche a chi nella musica cerca impredivibilità e accostamenti originali,ma allo stesso tempo senza rinunciare al “feeling” caloroso tipico delle jam avvolgenti.
I Slobber pup vi condurranno in un trip sonoro senza precedenti,ma con un avviso:indietro non si torna! Quindi,i passeggeri sono avvisati:una volta dentro,non si può più uscire dagli ammalianti tentacoli sonori del gruppo…..prendere o lasciare!!!!! Ma io vi consiglio di prendere,rimarrete ipnotizzati dalle oscure trame degli Slobber Pup!
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