Clicca sul pulsante per caricare il contenuto da embed.spotify.com.
DAVIDE TONELLO” e fu così che bussai ad un bordello”+”Otto testimonianze sull’amore”
Oggi torniamo ad occuparci di un cantautore, Davide Tonello: parleremo del suo ultimo album, ma non solo:ci siamo spinti più in là e quindi parleremo anche del suo penultimo disco!
Partiremo dal più recente che è appunto”e fu così che bussai ad un bordello”.
Diciamo innanzitutto che Tonello è un cantautore nuovo e fresco,ma col cuore ben ancorato nella tradizione dei “songwriters” italiani degli anni ’70;ovviamente però non si tratta di un discorso revivalistico,anzi,tutt’altro.
Sì, perché Davide è come se continuasse il discorso degli storici cantautori di un tempo, ma aggiornati ai giorni nostri:racconta storie personali, con ironia e un po’ di riflessione dolceamara in maniera assolutamente originale….la conferma della rinascita di un certo modo di fare musica e comporre storie;una cosa che vado ormai dicendo da tempo qui sul blog.
Ma non ci dilunghiamo e veniamo al sodo.
“E fu così che bussai ad un bordello”è un concept album:narra la storia di un uomo che sta cercando di perdonare il tradimento della propria compagna;a detta dello stesso Tonello,è una storia”tragicomica”(come dargli torto?)…..e questa è la conferma che l’ironia c’è,anche quando non mancano le spine.
L’inizio del disco è affidato ad un pezzo dalle atmosfere quasi dark,o meglio che coniugano un impronta tipicamente cantautorale ad un mood oscuro e anche moderno; il titolo è”Strappandomi alla vita tra non molto”e affronta subito”la bestia per le corna”.
Difatti viene subito spiegata la difficile situazione del protagonista, senza tanti giri di parole, in maniera cruda e diretta, come fosse l’ultimo biglietto di un aspirante suicida (“io credo non ci sia peggiore sorta/di quella che un cornuto possa avere/ma puoi star certo che io sarò forte/nel cancellarmi al volto il dispiacere/che è già da un po’ che do del tu alla morte/e presto troverò pure l’ardire/per poi ridere in faccia alla sorte/e brinderò alla vita e al suo finire”),il tutto però condito da una nota di sarcasmo,il ghigno del poeta che sa di impressionare con i suoi misteri e le sue (in)certezze.
La storia prosegue con”seppure distrutto e cornuto,volli ascoltare la voce del cuore”ed il titolo è tutto un programma:difatti è la descrizione dell’attimo”fatale”in cui il protagonista trova la sua donna a letto con un altro(“tornare appena poco prima del previsto/appena giusto in tempo per morire/nel vedere gioire la propria donna nei gesti dell’amore/con gli esterni da esterno spettatore/io so cosa vuol dire”).
Un pezzo devastante liricamente,che inizia quasi con delle sfumature di hard rock melodico,e poi si sviluppa in una ballata dal sapore folk-rock anni ’70;e l’ironia comunque non manca mai,anche se con punte di tristezza mai velata (“Seppure distrutto e cornuto,volli ascoltare la voce del cuore/la voce mi disse”concedi il perdono ed uccidi il rancore”/e invero il mio impegno fu molto/ma il mio tormento interiore era tale/che se guadagnai nell’amore,perdetti in salute mentale/provammo lo psicanalista,certo fu strano dover pensare”è lei che mi ha messo le corna e son io che mi devo curare”).
Davide non le manda certo a dire,ed è onesto fino al midollo,”Straight in your face”come direbbero gli americani:eppure anche quando le liriche sono spietate e quasi”brutali”nella loro sincerità,non manca mai la poesia e nemmeno,talvolta,il sorriso(seppur con una piega amara).
“Statico sulla sedia a dondolo il mio corpo stanco dormiva”è una riflessione elettro-acustica,adornata da un flauto nell’introduzione.
Le ferite mai chiuse diventano introspettive,e la canzone si trasforma in un rock avvolgente dai sapori alternativi….non mancano però le note pungenti(“prima di me s’è svegliata l’angoscia/l’occhio ancora chiuso vuol già vedere/nelle mille pose di cui è capace/colei che dorme di fianco a me(….)/quanto patirà la mia testa per ingannarsi che in fondo lei mi amava/e anche quando stava supina e schiava di un altro uomo pensava a me”).
Ricordi che fanno male e pensieri si rincorrono nella testa del protagonista;musicalmente è un vorticoso viaggio non privo di fascino ed anche complesso strutturalmente(seppur nella sua apparente semplicità),con le sue distorsioni chitarristiche che si sposano perfettamente alle ombre e le inquietudini esistenziali del testo(fanno capolino perfino delle insolite impennate noise nel finale,appena accennate).
“Epilogo”non è il finale,ma la quarta traccia;e tornano le riflessioni,anche se stavolta in una chiave lievemente più solare rispetto al brano precedente;ed il testo spiega già tutto da sè(”storia lacerata nel centro,storia cucita intorno ai bordi e poi riempita col cemento/strada indirizzata al tormento/canzone scritta per i sordi,quadro senza niente dentro”).
Musicalmente è una ballata acustica,che ci riporta alla mente-come atmosfera,s’intende- il De Andrè più ombroso,ma non meno sarcastico.
“La mia ultima melodia”è il testamento del suicida(“il mio racconto è terminato/la corda è pronta/vi lascio la mia ultima melodia/dolce,leggera come la pace/priva di voce,come chi muore”);e la musica contrasta con l’amara introduzione parlata,essendo una melodia struggente ma non priva di luce…..il tutto in meno di un minuto e mezzo.
Ma inaspettatamente si torna al”Prologo”;come ci spiega lo stesso protagonista”nonostante i miei buoni propositi di morire/forse per vigliaccheria(…)non trovai alla fine il coraggio di togliermi la vita/continuai ad affrontare il mio inferno personale/impegnandomi nella ricerca di una possibile tranquillità emotiva,finché alla fine la trovai”.
Ma,come spiega nel finale della breve traccia”ma i miei drammi,nel frattempo,non erano finiti”.
E sale la curiosità su quello che potrà mai accadere dopo….
La risposta viene subito e si trova direttamente nel titolo,”Mi ritrovai con un organo assente” e viene ripresa la melodia del brano iniziale, come da tradizione concept(e anche progressive anni ’70…qualche rimando “tra le righe”c’è,ma è velato).
Il protagonista,quindi,non solo è cornuto e sfiancato da questa vicenda,ma è diventato anche impotente(“il sintomo era chiaro/e lo era pure/la causa che lo aveva generato”);sembra proprio che non gliene vada bene una,mentre la musica macina un rock deciso dalle decise chitarre ferali,taglienti come lame.
La storia a questo punto ci lascia sulle spine;ma quando l’amarezza sembra prendere una piega triste,le rime senza peli sulla lingua del nostro ci fanno tornare il sorriso sulle labbra,anche quando la storia non sembrerebbe affatto allegra(“il mio rapporto con Dio s’incrinava/solo perchè lei era stata puttana!”).
Finale molto interessante,affidato ad un solo chitarristico carico di spleen.
Ma ecco che si arriva alla title-track,dall’atmosfera quasi”spagnoleggiante”…..e già intravediamo che qualcosa possa cambiare….
Il nostro protagonista,a questo punto,si rivolge appunto ad un bordello per capire se i suoi danni sessuali sono definitivi o se il blocco è dovuto solo al tradimento della compagna;e,incredibilmente,potete immaginare come si evolve la faccenda,ovvero in positivo(per così dire)….
L’ironia stavolta è veramente al centro dell’attenzione(“dissi,buongiorno,questo è il mio uccello,da un po’ di tempo impedito all’azione”è la presentazione del protagonista alla prostituta di torno”);e viene trovato il rimedio di tutti i mali….(“e la guarigione era tanto sicura/che io non badai né a morali né a spese/andare a troie per 3 volte al mese/divenne quindi il mio piano di cura/e l’impotenza fu presto guarita/senza bisogno di alcuna decenza”);musicalmente siamo sempre tra la ballata acustica e un rock che scava in superficie.
E siamo anche sinceramente sollevati per il susseguirsi della vicenda,anche se-è ovvio-si ride,ma si pensa anche,non senza qualche riflessione.
Il finale è affidato a “rammenti bene chi è stato tradito”,un’altra ballata in cui Davide dà dei consigli al “cornuto di turno”o a colui che,ascoltando il disco,si è ritrovato nella stessa situazione del protagonista;e ritorna adesso,definitivamente,il sorriso sulle labbra…..tornano anche le influenze”settantiane”…ma è chiaro che sono solo rimandi,Davide ha una sua forte personalità originale,che è solamente sé stesso……e questa sua schiettezza potrebbe fare scuola,con le sue irresistibili massime(“e non si scoraggi e non s’arrovelli/chi non ha amanti per farne baratto/che è pieno il mondo di troie e bordelli/segua il mio esempio e sarà soddisfatto”).
Un disco riuscitissimo,che tiene incollato l’ascoltatore con attenzione:ed è una vera e propria rivelazione;non mi stupirei se Tonello diventasse veramente la voce della nostra generazione;io glielo auguro con tutto il cuore, perché i numeri ci sono tutti,la qualità(e la personalità)anche….
A questo punto la mia recensione potrebbe finire qui,ma voglio spingermi oltre,e parlare anche del penultimo album di Davide,dato che l’ho scoperto da poco,e vale davvero la pena spendere qualche parola in più riguardo la sua arte.
Il suo penultimo disco si chiamava”Otto testimonianze sull’amore”ed anche questo è una sorta di concept,essendo imperniato su otto protagonisti diversi che raccontano le proprie esperienze sull’amore(visto quindi da otto punti di vista differenti)….
Come per il suo ultimo album, anche in questo disco, Davide suona tutti gli strumenti; in pratica fa tutto da sé,e anche questo è un valore aggiunto alla sua musica….
“otto testimonianze”forse è un album più”semplice”e solare rispetto all’ultimo, anche se sempre diretto,com’è nello stile di Tonello (ma forse in questo caso meno crudo).
“Prefazione”apre il disco ed è esattamente quello che dice il titolo;un breve brano in stile folksinger,in cui Davide spiega l’intento delle storie raccontate,a grandi linee(“io raccolsi per me e per voi queste 8 testimonianze/una l’ho scritta da me/le altre 7 dettato dagli altri (…) potreste trovare tra tanto,qualcosa che parla di voi”).
“In piena balìa di una donna e d’amore”è un rock teso e allegro che narra le vicende di un uomo totalmente succube della donna che ama,in un certo senso(e che,prima di essere innamorato,era quasi cinico sull’argomento);e va a senso unico,mentre la musica è briosa e al passo coi tempi…..e Davide è un moderno cantastorie che afferma candidamente(ed in maniera irresistibile) che”chi non ha amore è meglio s’inficchi un tale spiedo nel corpo,s’impicchi”).
Un brano che potrebbe essere un perfetto singolo,orecchiabile com’è(ma-attenzione-”mai banale”).
“Un matrimonio”è una ballata di altri tempi in salsa chiaroscura,che si riallaccia all’argomento dell’ultimo disco di Tonello: difatti è la storia di un cornuto,anche se vista da un angolazione diversa ; anche perché il protagonista è manesco(una strana storia che tira in ballo uno strano rapporto che non è molto distante da alcune storie “VERE”che si sentono in giro,in quanto molto attuale;da classificare sotto il titolo”quando la vittima ama il suo carnefice”e chi non ha mai assistito ad una storia così,se non indirettamente?)….ed il finale presenta un altro colpo di scena,in quanto la moglie muore….ovviamente il tutto condito dalla”solita”ironia.
La ballata è Gucciniana come stile e allo stesso tempo rockeggiante; le asprezze delle liriche vengono sempre stemperate dal sarcasmo dal ghigno beffardo di chi racconta….
“Il pezzo che avanza”prosegue sulla tradizione della ballata,almeno musicalmente(anche se in maniera più “sognante”);è un brano riuscito,dal retrogusto amaro,che parla dell’apparenza e della superficialità di chi in un rapporto privilegia l’esteriore all’interiore,e solo quello.
Ritorna l’ironia su”Or se ne vada chi è innamorato”,che sposa delle schitarrate indie rock(e una tastiera ammiccante,quasi post- wave) ad una buffa storia che posa l’accento sull’argomento”amore e verginità”(“mai più non visse quel giorno il cuore/un’ora sola tranquillo e beato(…)ed il più lieto che al mondo ci sia,se muore ancora vergine la sua donna/tutta la vita ne avrà nostalgia”).
“La mia tristezza è tanta ed è tale”è un’altra ballata acustica riminscente di sonorità vintage(tornano gli anni ’70 come influenza primaria,dal lato musicale);stavolta è il punto di vista di un tizio che soffre per amore e descrive il suo stato d’animo in rima,come in una ballata antica,quasi medievale nel suo incedere lirico(“per ogni goccia d’acqua che è in mare/ora ho nel cuore 300 dolori/Giacché incapace fui di non amare/e dall’amore non seppi star fuori”), il tutto sempre con ironico disincanto.
“Reduce da storia semplice”è più rock,e svela delle influenze più “alternative”con delle riuscite mitragliate chitarristiche nell’introduzione; ”guardatevi uomini sani eppure malati del vostro amore/che per una donna vi siete ridotti in cenere il cuore”dice Davide,e punta il bersaglio su quelli che sono invasati da una storia ormai finita da tempo,e incapaci di vivere serenamente un’altra relazione,seppur passeggera…..viceversa,il finale svela un altro retroscena(come da copione”Tonelliano”,o se vogliamo,come in un film di DI Leo,solo che al “colpo di scena”del mitico regista fatto di gangster spietati tutti contro tutti,qui è il detto”chi la va l’aspetti”che si ritorce sul protagonista,dapprima critico su un certo modo di vivere,e poi egli stesso in balìa degli eventi): il protagonista cede alle lusinghe di un amore passeggero,e se ne ritrova innamorato perdutamente(e anche un po’ rincoglionito da esso).
Uno dei brani che preferisco di questo disco,molto riuscito:non capita tutti i giorni di sentire narrare dell’amore anche da questa angolazione inedita.
“Amore perso”è una breve ballata malinconica,notturna che ricorda il De Andrè più crudo e lucidamente spietato ,citando puttane indifese e perfino Jack lo squartatore nella sua poetica disillusione(“come disse Jack alla sua troia/non odiami ,ma non so fare a meno di essere il tuo boia”).
Chiude il disco”Non sentivo niente”,una rock ballad musicalmente più solare con Dylan nel cuore(ma forse è solo un gioco di rimandi) e al tempo stesso introspettiva; le parole-almeno inizialmente- sono amare e dure come macigni,eppure poetiche(“sorrisi ebeti al mio parlare/paresi immobili sopra il mio stanco sorriso/ed io non vedevo niente/soltanto toni sbiaditi che si paravano a un metro da me”).
Ma il lieto fine è dietro l’angolo(“ci regalammo il tempo/Senza in cambio chiederci niente/Ed io mi sentii fremente/ed io mi sentii fiorente”),amplificato da arpeggi velatamente psichedelici,quasi”sixties”nel loro incedere(e acidamente stoppati nel finale).
Se siete amanti dei cantautori senza peli sulla lingua e allo stesso tempo originali,personali e con tante cose da dire,Davide Tonello è l’artista che fa per voi;sono assolutamente convinto che sentiremo ancora parlare di lui….intanto scopritevi questi due lavori,che sono assolutamente freschi ed eccellenti,divertenti ma al tempo stesso pieni di spunti che fanno riflettere e pensare.
Se la canzone d’autore italiana non è morta,è grazie anche a gente come Davide,che dall’underground ci manda dei segnali di incoraggiante e decisa ripresa,senza mai deludere e mantenendo sempre alta l’attenzione,con gusto e con ironia.
Ascoltatelo,non ve ne pentirete!