PICCOLA ORCHESTRA KARASCIO’”apologia”

La Piccola Orchestra Karasciò nasce nel 2007 e si è subito distinta tra le nuove formazioni dedite alla canzone d’autore;”apologia”è il loro quinto lavoro(se contiamo anche i primi due demo e un EP uscito in precedenza),ed è una sorta di concept album molto particolare che ruota intorno ad un”Viaggio”(non una storia unica,ma tante intrecciate da un comune denominatore,in un certo senso,quello della vita e della morte,indissolubilmente legate…)…ovviamente la trama è carica di metafore,ed ognuno di noi può ritrovarsi nelle 10 tracce di questo disco.

Il “viaggio”della Piccola Orchestra inizia con la title-track,che mescola sapori cubani alla matrice cantautorale tipica dell’ensemble:una storia di morte e di speranze(“all’ombra del cipresso è dura a spiegare/quel che si è scelto,quel che si è dovuto fare/ chi incontra la falce non può parlare”),dal ritmo irresistibile.

Il primo singolo estratto(con relativo videoclip)è la successiva”Sole e calypso”,ed è ciò che il titolo promette:un brano dall’aria più scanzonata e solare. E’ una canzone d’amore allegra sullo stile di quelle degli anni ’60(“nemmeno per questo mar di cristallo/Adesso mi fermerei/nemmeno se crolla il mondo/io devo tornare da lei”),con la slide che disegna un paesaggio”hawaiiano”;il ritornello,poi,è irresisitibile(“amore,che bella/la vita la passo con te/amore,ascolta questa canzone che canto per te”),e non manca nemmeno un po’ d’ironia sorniona(“strada che corre,motore che bolle/non ci saranno soste/già immagino il tuo profumo e le tue mutandine rosse”).

“Mediterraneo”è introdotta dal recitativo di Enzo Guerini,visionario e poeticamente evocativo;la canzone ha il ritmo della pizzica,almeno inizialmente,per poi svilupparsi nel ritornello in un folk rock dall’andatura popolare….è una canzone sull’emigrazione,un tema molto caro che si riallaccia direttamente alle storie dei nostri antenati,che andavano lontano,in cerca di lavoro e futuro-o in guerra-(e tutto ciò è visto dagli occhi di un padre:”mediterraneo,trattamelo bene il mio figliolo/non te lo mangiare il mio figliolo”).

“Abilmente differente”tratta un altro tema,stavolta amaro,dato che il protagonista è paralizzato alle gambe(“c’è chi nasce baciato dal sole/e chi mastica merda e cemento(…)la fortuna è una puttana/e prega che trovi il tuo letto/perchè guarda che siamo tanti ad aspettare di diventare tuo fedelissimi clienti”)…ma chi si aspetta una canzone depressiva è fuori strada,perchè la ballata a tinte scure della Piccola Orchestra Karasciò,non è mai doma,anzi,nelle sue tinte scure mostra i denti e le unghie(e l’andatura,così come l’attitudine,ricorda il De Andrè più beffardo e crudamente poetico).

Non di solo folk e di cantautorato vive la musica dei Karasciò:”Ultima stazione”è un brano più rock,dall’introduzione psichedelica…ed anche il suo susseguirsi è più introspettivo;si parla della morte,ma in maniera non retorica né banale(“sarà dura non vedere più i tuoi occhi,la faccia del mio cane/il sapore del vino,la pioggia e l’odore del pane(…)l’odore dell’erba e forse pure la puzza di merda/sarà dura lasciarmi alle spalle(…)le canzoni degli anni ’70,la pizza e le vacanze in tenda/l’accordo di do maggiore,ridere insieme all’amico migliore/i biscotti alla cannella,il tabacco mescolato con l’erba”)..anzi,c’è un filo di speranza,dato che il protagonista crede nella reincarnazione.

E’ uno dei rari momenti nella storia della musica mondiale,in cui un argomento così spinoso viene trattato in maniera quasi leggera,anche se non mancano dei momenti”filosofici”e poetici di grande spessore(e questa è una delle caratteristiche salienti della band).

Le influenze tipicamente folk tornano su”Il padrone di casa”,con la sua atmosfera di altri tempi;e,come sempre, la parte narrante, si sposa ottimamente con quella cantata(e questa è un’altra cosa che rende la band unica nel suo genere);l’introspezione si sposa con l’inquietudine amara(“ma ricora sempre uomo,fattene ragione/tu sei custode e non padrone)”,per una ballata dal sapore antico.

L’ironia ritorna ne”La danza del parrucchino”,pungente come non mai(“io vedo ciò che mi manca/e vi manca il tempo/che effetto fate?/uscite da dei blocchi di cemento dove vivete con le persone che dite di amare/e come scimmie ammaestrate entrate in altri/dove restate per 10 ore facendo qualcosa che dite di odiare(…)e invece il tempo lo avete,ma lo spendete inseguendo il denaro”);è una riflessione,apparentemente,di un cane randagio,ma che potrebbe essere benissimo la coscienza di molti di noi…..musicalmente è un brano brioso,folk rivisitato in chiave moderna ed allegra,tutto da ballare in festa,e che comunque fa anche usare la testa per pensare.

C’è anche spazio per un reggae,adornato da una sapiente slide guitar;si tratta del”Club delle 6 di mattina”,uno spaccato sul mondo del lavoro e sullo sfruttamento,visto però con sarcasmo(“hai capito che viaggia davvero lontana la giostra chiamata fortuna/hai capito che tirare avanti è possibile solo piegando la schiena/ma non ti preoccupare,tanto prima o poi si muore”).

“Si chiama fame”indaga ancora su aspetti sociali(“si chiama fame quella cosa che ti cresce sullo stomaco/e di notte non ti fa dormire”) in levare;un brano tipicamente folk,dall’andatura irresistibile e veloce,di quelli da danza sfrenata….sicuramente il piatto forte dei live della Piccola Orchestra.

Introdotta da rumori di tuoni,”PEnsaci bene”,è una riflessione amara che parla di Cristo,o meglio,della “buona novella e di tutto quel che ne deriva”citando una frase del testo….cosa succederebbe se Gesù tornasse sulla terra?Siamo sicuri che la gente capirebbe il suo messaggio stavolta?Mi sa tanto di no…(“pacifista,dissidente,capellone,barba incolta/avresti gran difficoltà a trovar qualcuno che t’ascolta/tu perdoni peccatori e questo adesso non va bene/sei per la condivisione,questo in fondo non conviene/l’uguaglianza che speravi è morta con te sulla croce(…)e allora pensaci bene prima di tornare/la gente qua sotto ha perduto la ragione”).

Chiude l’album”L’inferno dei viventi”,una rock ballad avvolgente e maestosa,e allo stesso tempo riflessiva,che c’insinua un curioso-ma realistico-interrogativo in testa,ovvero che l’inferno sia già intorno a noi,e forse non ce ne siamo ancora resi conto….Ma”l’unico rimedio che mi resta è di continuare a vivere”canta Paolo,ed è veramente questa la chiave di lettura di tutta la storia…

Un bellissimo disco,da ascoltare e da amare,fatto di momenti gioiosi e di altri più riflessivi….come avrete già capito il”viaggio”narrato nell’album,è il nostro viaggio,e quello della gente che ci circonda,il”vivere quotidiano”……le risposte che si chiedono le otterremo solo”vivendo”,come diceva un altro poeta famoso della canzone italiana…..

E la Piccola orchestra Karasciò è geniale,perchè con maestrìa reinventa la canzone d’autore ed il folk italiano(Anche l’uso della doppia voce,narrante e cantante,è originalissimo e crea un connubio di musica e poesia unico);probabilmente un giorno non troppo lontano,questi ragazzi diventeranno famosi come gli altri colleghi che sono già”star”del genere….

Ah,dimenticavo….la line-up della Piccola Orchestra Karasciò è la seguente:Paolo Piccoli(voce,chitarra acustica,ukulele),Enzo Guerini(voce narrante),Fabio Pertasa(ogni sorta di chitarra,elettrica o acustica che sia);Roberto Nicoli(basso,contrabbasso),Michele Mologni(batteria,percussionI),Diego Camozzi(Mandolino,slide guitar)e Francesco Moro(tastiere,fisarmonica,organetto).

Ci vediamo-spero presto-dal vivo,per una serata di”pane,amore e karasciò”!

20439_248110981658_1061451_n 1006323_10151556172651659_199828145_n

 

Webzine

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *