FABRIZIO TAVERNELLI”Volare basso”(Lo scafandro)
Riassumere in due righe l’intera carriera musicale e tutta l’arte creativa di Fabrizio Tavernelli è praticamente impossibile;forse i più attenti alla scena alternativa degli anni’90,ricorderanno senz’altro gli Acid Folk Alleanza(o A.F.A.,come si usava chiamarli in maniera abbreviata),una delle band più interessanti tra quelle “affiliate”al giro del Consorzio Produttori Indipendenti e,in generale,tra quelle”alternative”di quel periodo…e non solo,forse qualcuno di voi ricorderà pure gli En manque d’autre,band avanguardistica degli ’80,dalle cui ceneri sono nati gli stessi A.F.A….ma queste sono solo due delle formazioni-senz’altro le più note-e dei progetti di cui Patrizio ha fatto parte,ma ce ne sono tanti altri che meriterebbero di essere approfonditi,anche se forse meno conosciuti al grande pubblico(cito Roots Connection,Ajello,Groove Safari ma c’è dell’altro naturalmente!)
Comunque il nostro è un artista poliedrico e definirlo solo musicista/compositore/cantante è puramente riduttivo:difatti Tavernelli è anche scrittore,dj,produttore(ma lui ama anche definirsi”homo curiosus”,”equlibrista esistenziale”e “resistente”)….da queste premesse,si capirà che anche definire brevemente il suo nuovo lavoro”Volare basso”è un’impresa difficile,ma anche ingiusta.
Sì,perchè già a partire dal titolo,la carne al fuoco è veramente tanta e merita una spiegazione(anche se,poi,come spesso accade,le interpretazioni sono molteplici).
Il”volare basso”di cui parla Fabrizio non è solo un’allusione-come lui stesso spiega nella presentazione del disco(e nei testi dell’album stesso,come vedremo poi)-alle difficoltà di un musicista in Italia ai giorni nostri,costretto”a non vivere di musica”,ma anche una metafora riferita a chi”abbandona i propri ideali, le proprie aspettative, per trasformarsi in un’altra persona, per trasformarsi nel suo peggiore nemico”(le parole sono sempre di Tavernelli);ovvio non c’è solo questo,ci sono ulteriori chiavi di lettura come accennavo poco fa,come per esempio il ritorno all’essenzialità e a certa spiritualità(non necessariamente intesa in senso mistico,ma semplicemente il riappropriarsi del proprio io,delle proprie radici)…..ma adesso veniamo alla parte musicale e,quindi,ai contenuti del disco stesso.
La title-track è posta in apertura ed è un rock onesto e diretto(ma con insolite aperture ariose dal sapore alternativo nel finale),coerente con la filosofia di Tavernelli,abbastanza solare,che spiega in maniera estesa ciò di cui parlavo poco fa(“dopo anni di voli pindarici,dopo anni di viaggi psichedelici/ho imparato a volare basso/con le ali tarpate dalla fame,con le ali ormai sciolte al sole,con la cera che brucia la schiena/mi son lanciato dalle rupi/ho viaggiato in cieli sconosciuti/ma ora volo basso”)e lo fa con una lucidità e sincerità disarmante,con al centro una bella melodia accattivante (ma non banale).
E si continua con delle belle chitarre roventi su di un tappeto sonoro molto moderno(sempre rock,ma totalmente”nuovo”e al passo coi tempi)su”Cellula dormiente”,un invito a ritrovare la verità dentro sé stessi,in un mondo fatto di apparenza e caos(“di fronte ad una vita apparente/mi ritiro,pratico il niente/perso in un mondo troppo pieno/io scompaio(…)e perchè voler arrivare dovunque/se non conosco le distanze?”);l’isolarsi non significa per forza essere assenti,anzi,a volte è proprio il segreto per ritrovare la propria strada(“e quando credi che io non stia facendo niente/attento,sono una cellula dormiente/e quando intorno c’è un deserto desolante/nel nulla qualcosa rinasce”.
“Alla musica”è incentrata sulla disillusione dello showbiz(e sul difficoltà del fare musica oggi,in italia),e naturalmente l’argomento viene trattato con personalità e con un bel po’ di ironia(“e note antipatiche buttate lì da stronzetti con le barbe/e quella voce ossessionante,hai mai pensato a x factor veramente?”):pura attitudine punk rock del nuovo millennio,che condivido dalla prima all’ultima parola(“e perchè solo e soltanto tributi?(..)/ti preferivo drogata,piuttosto che melensa,benpensante,formattata(…)e dimmi se vendi a milioni o se il cd è soltanto un supporto per coglioni?”),senza peli sulla lingua e che non fa sconti a nessuno,dando giuste mazzate alla crisi dell’arte,alla siae e perfino una lieve autocritica verso sé stessi,ma col ghigno sulle labbra(“sono un’artista alla frutta(..)è vero,sono un grande traditore,con tutta quella roba che continuo a scaricare)”,con nel mezzo delle sarcastiche citazioni della musica leggera italiana(da Umberto Balsamo a Jovanotti),immerse in un bagno all’acido solforico…..ma gli interrogativi rimangono senza risposte(”cosa posso fare musica?(…)come si guadagna musica,come si fa la musica?”).
“Lo scafista dell’animo”è una ballata notturna e soffusa,dotata di una sua poesia amara(“lo scafista dell’animo abbandona ideali senza guardarsi dietro(..)e tradisce il suo cuore/con false promesse/di un approdo sicuro/e si chiude le orecchie per non sentire la sua coscienza urlare”);e mai una descrizione introspettiva di sentimenti reali è stata così diretta e sincera.
Da questa traccia in poi,l’album si fa ancora più introspettivo,ma sempre mantenendo viva l’attenzione;”Le alte vette dello spirito”è una riflessione chiaroscura senza censure,dalle belle chitarre taglienti(“un po’ di buon vino che affoghi l’etilometro invasivo/un po’ di sesso estremo che faccia sentire il corpo più vicino(..)un equilibrio precario che se anche cado/ho davanti l’obbiettivo”).
La descrizione di una realtà in disfacimento è l’argomento di”Il ponte di calatrava”,vista sempre da un’ottica personale(“Locali che chiudono/parrocchie che esplodono/proliferano e preparano/i figli dei compagni subliminali/crociati in missione nei consigli comunali”),mentre il sound di sottofondo traduce in musica le inquietudini del testo,con un malinconico violino che sbuca improvvisamente(e perfino qualche piccolo segmento in reverse).
L’essenza musicale di quest’album è sempre rock,anche se visto in una maniera sempre personale ed inconsueta;ed è anche questa la base di”Lassista”,un brano che potrebbe essere un potenziale singolo,dotato di una melodia efficace che entra in testa;le liriche sono sempre molto taglienti e amare,ma assolutamente reali(“quello che prendi è soltanto un altro posto che mi libero/ma non è per niente comodo”).
Tavernelli ha il coraggio di dire quello che molta gente pensa e non riesce ad esprimere…e così è anche per”canzoni melense e grandi bastardi”è un’altra ottima canzone basata sul controllo mediatico,l’attuale oppio del popolo (televisione e radio in primis,ma non solo) che non fa altro che lobotomizzare il cittadino medio(“con tutto questo zucchero che incolla le vene/con questo disperato senso di ciò che ci deve appartenere/con tutti quei cuori grandi così/con quei fegati marci costretti a ingozzarsi/cucchiai di miele per addolcire/bocche impostate di amaro che rigurgitano vite mal digerite”);”giorni da spendere”è un pezzo invece più meditabondo,adornato da alcune scintillanti chitarre funkeggianti,una riflessione su quello che dicevamo all’inizio,ovvero su come sia necessario talvolta fermarsi e meditare su sé stessi(“è come avere/100 anni in più/ma non avere giorni da spendere/e avere dietro migliaia di chilometri/ma non avere un attimo per stare fermi”),o almeno questa è la prima impressione che si ha ascoltandola.
“Anni ’50”riprende con fare deciso l’amarezza di fondo affrontata in altre canzoni dell’album(“anni ’50/dove si ritorna/dove non c’è rabbia/dove tutto splende,si canta(..)dove si ride,si crede,ci si accontenta/anni di merda/che pulisci e ripulisci,che copri e che profumi/ma la macchia,inesorabile,si allarga/un dopoguerra da cui non ci si rialza,dove si prega,dove si gratta e non c’è niente che avanza”);il parallelo tra gli anni ’50 ed il presente italico è naturalmente molto attuale,e affonda il coltello nella piaga,riallacciandosi un po’ al discorso sul controllo descritto su”canzoni melense e grandi bastardi”,e di certo non con meno rabbia in corpo.
Chiude il disco”Giocattoli rotti”,dalle ombrose sfumature psichedeliche,e dalla disillusione costante(“siamo solo giocattoli rotti,abbandonati,usati/siamo tutti giocattoli sfatti,nessuno da divertire o che ci viene a raccattare”):la musica qui si fa più struggente e dolce.
Questo”volare basso”è un gran bel disco:raramente mi è capitato di ascoltare delle canzoni così oneste e “vere”,in cui è percepibile l’anima del suo autore,messa a nudo,senza sovrastrutture:perchè Tavernelli non finge,è sincero fino all’osso,e questo si sente,si percepisce innegabilmente.
Ma naturalmente non è legato solo ai testi il fascino di questo disco(anche se sono una parte molto importante perchè molto significativi,com’è tipico per Fabrizio),perchè anche la musica riveste un ruolo decisivo e non secondario,essendo accattivante eppure mai scontata;la dimostrazione che si può fare del buon rock moderno senza scadere nel già sentito o in banalità assortite.
Che altro dire ancora?L’unica cosa che posso aggiungere è di comprare questo disco,perchè ne vale assolutamente la pena e sono sicuro che sarà una svolta anche per lo stesso Tavernelli,naturalmente in positivo:io è la quarta volta che me lo riascolto di fila,e non credo proprio che sia un caso….
Un disco perfetto per chi ha voglia di ascoltare musica vera fatta da una persona VERA….nessuna balla,nessuna falsità….”Volare basso”non è mai stato così positivo e probabilmente è uno dei migliori dischi italiani usciti in questo 2013!!!
Complimenti ancora a questo incredibile autore:di questo disco sentiremo parlare a lungo e bene,potete starne certi!
Nel frattempo,godiamocelo nella sua interezza,nell’attesa magari di qualche live!