CASA DEL VENTO “ Giorni dell’Eden” (Mescal,2012)

Oggi vi parlerò di un album che è uscito già da un po’ di tempo,ma che considero molto bello ed importante:sto parlando di “Giorni dell’eden”della Casa del Vento,una band che seguo fin dagli esordi e che posso tranquillamente definire come la mia preferita tra quelle aretine.

La Casa Del Vento è uno di quei gruppi per cui la parola “coerenza” ha davvero un significato:nel loro lungo cammino la band si è sempre distinta per il loro costante impegno sociale nei testi,oltre che nell’affrontare in maniera decisamente personale le proprie radici folk rock.

“Giorni dell’Eden”è l’album della maturità,in quanto arriva dopo un’importante esperienza personale per la band,la collaborazione e l’amicizia con Patti Smith (oltre ad aver suonato spesso sul palco insieme in varie importanti occasioni,la”sacerdotessa del punk” li ha voluti fortemente anche nel suo ultimo album “Banga” in due brani,”Seneca” e “Constantine’s dream”),per chi scrive uno dei più commoventi incontri del rock(e della musica in generale),proprio perchè reale e sincero,non calcolato,ma anzi al contrario dettato da un”vero legame”solido(Patti si è letteralmente innamorata delle loro canzoni,dichiarando che”la loro musica è quella che ho sempre sentito nei miei sogni”):un incontro che avrebbe meritato sicuramente più attenzione da parte della sedicente stampa rock (troppo presa come sempre a innalzare l’inutile e pompata “next big thing”) ma che,per chi l’ha vissuto e l’ha apprezzato ,rimane davvero magico e indelebile…(e di quest’amicizia c’è traccia anche in questo album,in quanto lo storico chitarrista di Patti,Lenny Kaye,suona con tanta passione in un brano del disco!)

Con queste premesse,è chiaro che”Giorni dell’eden”ha assunto dei connotati diversi rispetto ai precedenti dischi:l’album difatti è ricco di suoni ed influenze ,un disco-a detta stessa del leader Luca Lanzi- più”spirituale”rispetto ai precedenti,in cui c’è una grande ricerca(anche dentro la sfera interiore)e che non può in alcun modo lasciare indifferenti.

La voglia di riscatto,di cercare risposte,di ritrovare sé stessi….tutto questo è nell’album e si percepisce fin dall’opening track,”Portato dalle nuvole”,un brano scintillante ed estremamente orecchiabile,che coniuga musicalmente strofe decise e rock ad un ritornello arioso;le liriche sono più introspettive che in passato(“piombo e cenere su di me/sotto un cielo di acciaio che ottenebra il sole/cerco appigli sopra di me/aggrappandomi all’aria che mi fa cadere”),anche se il trademark della band è inconfondibile…è un invito al non rassegnarsi alla pochezza e alla vuotezza di questi tempi(““Lontano dalle nuvole/io non mi posso arrendere”),ma,anzi,un brano per riscoprire i veri valori e ad andare oltre l’apparenza di questi giorni.

Il “cielo”(inteso sovente come metafora) è una delle immagini ricorrenti in questo album e si ritrova anche nella successiva”L’acrobata”,ma stavolta è la paura di non farcela(“hai ballato tra le stelle,luce di una scia/polvere d’argento,d’oro si è dispersa ormai/strada di un viaggio dove non arrivi più/senti che la fine è giunta e che non cel fai”)ad essere la protagonista di questa malinconica ballata,tra folk rock luminoso e qualche tenue eco country(ma velatamente accennato)sullo sfondo.

La title-track è un brano catartico,salvifico(“vieni qui,alzati/non arrenderti/dormirai dolce nei giorni dell’eden/curerà sempre braccia troppo stanche/Sveglierà ora labbra addormentate(…)Stringerà forte anime tagliate”),che ospita la magica chitarra luminosa di Lenny Kaye.

“Hurriya”è un brano dalle sonorità orientaleggianti e quasi “oniriche”(la coda è una sorpresa psichedelica avvolgente),che vede ospite il rapper Youss Yakuza:un incontro insolito tra due mondi musicali apparentemente diversi,ma che in realtà s’incastrano alla perfezione con gusto…..una canzone sulla voglia di abbattere le barriere(“perchè ho un laccio stretto che stringe nel profondo/e non mi fa mai entrare in nessun’altro mondo/da questa poca vita,da questi deserti/il grande respiro dei cieli aperti”),che sono prima di tutto”mentali”prima ancora che”fisiche”(o almeno questa è una delle possibili chiavi di lettura).

“Berlin Serenade”è un omaggio alla città berlinese(il pianoforte-suonato da Sauro Lanzi- ed il violino sono stati registrati con un vecchio microfono proveniente proprio da quella città e di proprietà del padre del violinista Andreas Petermann),una ballata struggente che emoziona;la musica si sposa perfettamente al testo,che affronta i ricordi(“e Berlino adesso dorme/mi accarezza col suo cielo/per il caldo del tuo cuore/dove sto per ritornare”)in maniera poetica e personale.

“La croce di te” è un brano sulla redenzione interiore,che ci può essere solo partendo in primis da sé stessi e non perchè suggerita da altri,entità e dogmi compresi(“non toccare il frutto/l’albero del male/proverai vergogna/l’albero del bene/tutte le tue colpe/l’albero del male/la pioggia su di te”):musicalmente è un brano affascinante,avvolto dalle radici folk rock care alla band,che vengono sviluppate per creare un tappeto sonoro luminoso.

“La parola rende uguali”è un rock tagliente che si ricollega alle radici”combat”del gruppo,ma le evolve in qualcosa di inedito:creatività ed impegno(“la parola rende uguali,taglia le catene dona forza alle tue ali”)vanno di pari passo e si mescolano in maniera riuscita,con coerenza e lucidità(“non faccio la rincorsa sul denaro,sul potere/inseguo dignità,la libertà che da il sapere”).

“Icarus”è una stupenda poesia dal sound acustico,e vede una gradita ospite,Violante Placido,che dona ulteriore dolcezza all’ariosità del brano;al centro dell’attenzione un Icaro forse moderno che per una volta non muore in volo,ma che al contrario,riesce a realizzare il suo sogno e quindi ad innalzarsi in volo(“libera i pensieri e lasciali vibrare/il vento gonfia le tue ali/voli radenti per poi tornare su,la gioia di un respiro nuovo”).

C’è spazio anche per una cover,”Just breathe”,dal repertorio dei Pearl Jam,riletta in maniera riuscita e personale:una versione essenziale ed acustica,con ospite Francesco Moneti al mandolino e all’e-bow.

“Rose di Marzo”è impreziosita dall’intervento finale di Francesco Chimenti, cantante dei Sycamore Age (un’altra formazione proveniente da arezzo degna di nota,un giorno ve ne parlerò);è un brano dal sound notturno e meditativo (complice il pianoforte dalle tonalità ombrose di Sauro),che indaga con poesia sulla condizione della donna(“rose di marzo dentro la gabbia/veleno grigio,muoio di rabbia/cadono petali,lingue di fuoco/cenere e sangue,tenebre e rabbia”).

Chiude il disco”L’inferno e la bellezza”,con la partecipazione di un ulteriore ospite alla seconda voce(Daniele Sanzone degli A67):impreziosito da una slide dal tocco”blues”,è un ulteriore,bellissimo tassello adornato da una fantastica melodia (belli ed avvolgenti i violini);”la bellezza ti salverà”spiega esplicitamente la canzone,perchè “sarà nella cultura e nel progresso che abbatterà le mura dell’ignoranza,della prepotenza/dell’ingiustizia,dell’indifferenza”).

Un ottimo disco quindi,e possiamo tranquillamente affermare che si tratta del capolavoro della Casa del vento(almeno per il momento,perchè la band si evolve continuamente,ad ogni disco,e sforna sempre lavori uno più bello dell’altro,quindi è lecito aspettarsi sempre sorprese positive dal gruppo):un album completo,ricco di vari momenti tutti diversi che rendono questo disco”caleidoscopico”.

Il gruppo è in grande forma e compatto e dà sfoggio di un sound quindi maturo e articolato;ed anche i testi,carichi rispetto al passato di un sentore visionario in più:Luca Lanzi si dimostra ancora una volta il più grande poeta (se non l’unico) del suolo musicale aretino,e la sua penna si è colorata stavolta anche di metafore molto particolari.

Ma vale la pena citare tutta la band: oltre a Luca(alla chitarra acustica e alla voce)e Sauro Lanzi(fisarmonica,piano,organo,kalimba,djembè)-che lo ricordiamo,sono i”fondatori”-Riccardo Dellocchio (chitarra,steel guitar,dobro),Andreas Petermann(violino),Massimiliano Gregorio(basso)e Fabrizio Morganti(batteria,percussioni),tutti virtuosi ormai da anni “colonne portanti”della band.

Oltre agli innumerevoli ospiti di cui abbiamo già parlato ,vale la pena di menzionare Lara Mars(cori su”L’Acrobata”)e di citare nuovamente Francesco Moneti,che suona in diversi momenti del disco(il mandolino su”L’acrobata”,oltre alla già citata cover dei Pearl Jam,la chitarra elettrica in”rose di marzo”,la 12 corde su”hurriya”,il bouzouki su”l’inferno e la bellezza”,il violino su”Rose di marzo”)e c’è dell’altro:è notizia fresca fresca il suo rientro in pianta stabile nella band proprio in questo periodo (ricordiamo che è tra i fondatori del gruppo,e che ha sempre continuato a collaborare con la Casa nel corso degli anni).

Un disco da non perdere,che emoziona e che fa sognare:procuratevelo,anche se in colpevole ritardo,ma fatelo,perchè è uno dei dischi migliori usciti nel panorama italiano degli ultimi anni.

 

PS: Mentre scrivo si stanno preparando i festeggiamenti per il ventennale della band ;verrà infatti pubblicato un box commemorativo contenente un cd live e un dvd,grazie all’aiuto dei fan e al loro contributo. Per saperne di più e partecipare,ecco il link che può esservi utile :http://www.musicraiser.com/it/projects/1690-casa-del-vento-20-anni-in-un-cofanetto

1626052-ventoCasa del Vento - Nuova2012

 

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