REBIS “Naufragati nel deserto” (Primigenia Produzioni/ Nives Agostinis e Bruno Cimenti)
Oggi vi parlerò di un duo incredibile,chiamato Rebis,autore di una musica molto suggestiva e particolarmente evocativa.
I Rebis sono la cantante Alessandra Ravizza ed il chitarrista/compositore Andrea Megliola (ma con loro collaborano una girandola di musicisti sia live che in studio,di cui vi parlerò poi):la loro musica è di difficile catalogazione;semplificando,potrei dire che si tratta di una sorta di progressive acustico,che mescola aromi etnici,momenti classicheggianti,jazz e non solo ,in una particolare visione “personale” che non è solo un melting pot sonoro,ma anche culturale….con queste premesse,avrete già capito che siamo davanti ad un disco imperdibile…..
Dopo un’introduzione strumentale ed avvolgente (“La terza via”),che anticipa alcuni dei temi del disco (con la chitarra di Andrea in evidenza,tra meditazione orientaleggiante e trame introspettive),ci troviamo subito immersi su “Pir meu cori”,un brano cantato metà in siciliano e metà in arabo,come a voler dimostrare una “dualità” e al tempo stesso come differenti lingue e culture possano in realtà incontrarsi (ottima la voce di Alessandra,così come la delicata chitarra di Andrea)…La musica traduce perfettamente questo duplice aspetto,evocando un sound etnico,eppure allo stesso tempo moderno,contemporaneo e scintillante .
“L’attesa” è un brano dall’andatura jazzata:anche qui c’è una sorta di dualità (non è affatto un caso che la band si chiami Rebis,parola che deriva dal latino e sta a significare opposti che si attraggono) ma stavolta non tra etnìe diverse,ma bensì tra inverno e primavera (“passerà l’attesa,fioriranno gli alberi tutto l’anno”recita il ritornello,con Alessandra in grande spolvero)…il tutto condito da un gusto progressive e perfino un tocco di fusion “acustica” (appena accennato,in verità).
Sapori d’oriente ritornano su “Un mare”,cantata per metà in arabo e per metà in italiano;una canzone che parla di un viaggio,introspettiva ed anche un po’ ipnotica,con un ritornello particolarmente significativo (“se non lo conosci è vuoto, se non lo ascolti è silente ma il deserto è vivo e respira ed è mosso dal vento e dal fuoco”).
“Domani” è una canzone d’amore mediterranea;l’argomento trattato,con eleganza,è l’amore,nello specifico la difficoltà di una relazione ed un momentaneo “allontanamento” nato,in realtà,per riunire,non per separare;un bellissimo brano raffinato,dalla melodia struggente,che la complessità dell’arrangiamento rende ancora più ricco,eppure sempre scorrevole.
Ritorna un certo sentore jazzato su “Naufragata nel deserto”,e tornano memorie d’altri tempi:anche questa canzone ha un’anima sofisticata e non nasconde una certa poesia nel testo,anche stavolta diviso in arabo e italiano;e pura poesia è anche “La neve e le rose”,una traccia essenziale-solo chitarra di stampo classico e voce-che parla di un litigio tra due innamorati (“salgono al cielo/fiori,lacrime e parole/sono in fuga,sono fiocchi rossi di neve/ricordi che non vogliono essere sepolti”).
“YA yasmina attunsyya” è un grido di denuncia contro ogni forma di oppressione ,che evidenzia nel testo le atrocità dei conflitti in terra araba (“colpi gravi ,come spari/lacerano corpi umani”) sempre con delicata licenza poetica e con un sound classicheggiante.
Si cambia decisamente atmosfera con “La notte di San Giovanni”,un brano accattivante che mescola rock,folk,riminiscenze cantautorali in salsa progressiva (ed un’andatura jazzata,anche se non evidente come in altri brani);è una canzone briosa,eseguita con aria di festa (“bruciano nel fuoco/tutti i segreti della città/danzano per mano/i desideri di mezzanotte”),anche se un certo flavour “misterioso” ed enigmatico c’è sempre,sullo sfondo.
“Tra le nuvole” parla di giovinezza ed è una canzone rilassata,dal mood rarefatto e meditativo (“sono tra le nuvole,che mi guardano/hanno occhi strani forse,si domandano/se son sempre io,che muto dentro”):è un valzer sognante dal ritornello improvvisamente jazzato (i Rebis sono dei veri e propri maestri nel”miscelare”insieme diverse sonorità in maniera sapiente e godibile,sempre fresca).
“Alla luce”,per contro,è un brano che parla di vecchiaia,come per contrasto (l’infinito alternarsi delle dualità non viene mai dimenticato in tutto il disco);eppure non c’è cupa rassegnazione,ma sempre molta delicatezza e tatto.
“Riflessi di tegole” è una sorta di invito a spezzare le barriere di confine (“richiami di navi che annunciano senza parole/il loro arrivare e partire tra riflessi di tegole/,a sud del nord /Ad ovest dell’est,c’è una città:Genova”),mentre il suono evoca antiche melodie folk,con un ritmo appena accennato,mai invasivo.
Chiude il disco “Qualcuno,nessuno”,uno sguardo sull’umanità attraverso alcuni interrogativi personali,in cui l’essenzialità torna ad essere al centro dell’universo (solo voce e chitarra classica).
Un album incredibile,di classe,per palati fini:uno dei più belli che mi sia capitato di sentire in ambito “indipendente”,una vera e propria rivelazione!
Questi Rebis meritano davvero di essere ascoltati,perchè la loro musica è….bella musica veramente!Raffinata e ricercata,eppure mai prolissa,anzi,sempre scorrevole e fruibile….pura musica d’autore,e vi assicuro che una volta tanto questo termine non è certo scritto a caso!
PS:Meritano di essere menzionati anche i musicisti che accompagnano i due”Rebis” in questo disco:Edmondo Romano (è suo il flauto dal sapore progressive che adorna molti brani,oltre che il sax,il clarinetto ed ogni sorta di strumento a fiato),Roberto Izzo (violino),Matteo Mammoliti (batteria),Lucas Bellotti (basso) e Andrea Trabucco (percussioni),tutti straordinari sessionmen che accrescono il valore di un disco splendido.