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E’ uscito “Magic Lantern”  il 7 marzo 2014 per l’etichetta Factum Est, costola della Jestrai, il disco solista del chitarrista-compositore Francesco Lenzi, impegnato in alcuni progetti come “Assassini del pop”, in band come “Royal Company” e una miriade di collaborazioni musicali, tra cui Filthy Fingered, turnista per terzi e progetti in cantiere che lo vedranno presto protagonista.
In questa recensione darò una mia visione del disco, dal punto di vista non solo tecnico, ma anche e soprattutto emozionale.
“Magic Lantern” non è un disco per tutti i palati, è sbagliato a mio avviso parlare di “canzoni”…i brani che compongono questo preziosissimo disco sono piccole perle di ricerca spirituale, ancor prima che musicale.
Non dobbiamo guardare alle note, ai ritmi, a chissà quali soluzioni sonore da individuare, ma ad una pura, semplice e sublime ricerca dell’anima attraverso i suoni, impiegando una chitarra, effettistica e un sistema di registrazione minimale, a tratti low-fi, in cui esso stesso è la grande risorsa stilistica e filosofica del disco.
L’incipit di “Dark Butterfly” è assolutamente introspettivo e terrificante che trascina l’ascoltatore immediatamente in una dimensione intima infernale; vediamo come nel corso delle tracce ci si alterna in questa ricerca che oscilla tra le più intime ed oscure atmosfere dell’incoscio e la tendenza all’elevazione, un’ascesi verso dimensioni più sottili e leggere.
Sono alcuni titoli che suggeriscono questo percorso: “Alienation Phase”, dove l’effetto non è fine a se stesso, ma rappresenta uno stato mentale, una fase di vera e propria esplorazione sonora e concettuale.
“Magic Lantern” che dà il titolo al disco, racchiude il senso di esso, un piccolo scrigno in cui trovare risposte, un universo parallelo dove rifugiarsi, lontano da tutto “il resto”.
Le esplorazioni “ambient” si coniugano volentieri in ambito atonale, a-ritmico, senza tuttavia sfociare nel noise puro, in quanto troviamo delle micro-melodie ben sviluppate, delle improvvisazioni che danno luogo ad un senso percepibile solo per gli ascoltatori o meglio i “pensatori” più sopraffini, nonostante il “Nonsense”  a tratti dichiarato.
L’esplorazione sonora-spirituale trova il suo apice in brani come “3rd Mantra”, dove si ha una profonda meditazione in linea con le più apprezzabili e mature filosofie orientali.
Invece un brano che per me è una droga è “B.W In Reverse”, una sorta di blues capovolto, che nonostante sia un reverse completo, risulta essere completamente e paradossalmente orecchiabile!
Allegato alla presente recensione, troverete il videoclip del brano stesso (sotto) ed il disco ascoltabile da Spotify (sopra).
E come a “rispondere” al meditativo “3rd Mantra”, abbiamo “Free Spirit, Pt.2” in cui si annuncia un’esplorazione interiore avanzata, dove la parte n.1 non ci è dato conoscerla.
Agli ascoltatori di questo disco, consiglierei di non “ascoltare”, ma viverlo. Questo disco va vissuto, respirato, non ascoltato.
Bisogna sedersi su un tappeto ad occhi chiusi e viaggiare con estrema onestà d’animo verso se stessi.
“Greenluck” sembra rispondere invece ad “Alienation Phase” dove si ha però un’atmosfera più risolutiva, una progressione verso l’alto se pensiamo che il punto di partenza è stato “Dark Butterfly”; proveniamo dagli abissi più profondi, ma andiamo verso la positività, conferma massima di questa mia teoria è l’ultimo brano: “Pink Optimist”; la dice davvero lunga; dove il Pink potrebbe essere benissimo un gioco di parole con il “think”, qualcosa che rimanda al pensiero positivo. Il risultato è una sorta di sinestesia!
Addirittura abbiamo un’antitesi cromatica: partiamo da una farfalla oscura, “nera” si presuppone…a un “rosa ottimista”.
Penso davvero che sia un disco profondamente concettuale ed è per questo motivo che, come avrete notato, non ha senso sparare il nome di mille musicisti e compositori da mettere a confronto giusto per ostentare le proprie conoscenze musicali, magari dando vita a paragoni del tutto azzardati e completamente fuori luogo.
Quando si ascolta un disco, si entra dentro un mondo, dentro quei suoni, dentro la mente dell’artista che l’ha creato, con rispetto e in punta di piedi.

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