MEETS Møster (rarenoise records).

Altra uscita targata Rare Noise,come sempre molto interessante:l’unione del trio ungherese (Adam Meszaros-chitarra;Erno Hock-basso e Andras Almos-batteria) e del sassofonista Kjetil Møster ha prodotto questo ottimo album,in cui il jazz-rock si tinge di creatività spericolata e introspezione.

L’introduzione-”Dear Johann”-è un viaggio ipnotico e onirico che oltrepassa i 7 minuti:jazz “libero” da sovrastrutture e altamente creativo,solcato improvvisamente nella seconda parte da riff blues/stoner e da sottili venature “crimsoniane” (con un bel solo chitarristico dal sapore psichedelico-progressivo)….Il finale è una fiammata decisamente rock che travolge tutto e tutti.

“Bhajan”-subito dopo-contina su trame oniriche e misteriose,cariche di introspezione sonora;poi,però,il brano sterza su sentieri ancora più oscuri,velocizzandosi a poco a poco,fino a piombare in un nuovo stato di trance,una sorta di “samba psichedelico” distorto,una saudade acida e visionaria,dai mille colori ed umori (complice anche una chitarra che fa “viaggiare alto”,con le sue visioni caleidoscopiche e cangianti)……..verso la fine,il brano prende una piega più funk,ma non meno enigmatica.

“Morze” è una dedica al sassofonista Agoston Bela:il sound qui si fa più sperimentale,senza dimenticare il calore legato alla psichedelia,miscelata insieme a note free soffuse;poi il brano si evolve in un blues notturno e meditativo,in cui il connubio tra i musicisti è praticamente perfetto ed emoziona.

“Hassassin” è una traccia che mescola influenze diverse:dall’introduzione quasi hardcore-mescolata con dei riff orientaleggianti-si passa alla parte centrale,carica di visioni acide e di momenti stranianti;ma da metà brano in poi,un nuovo ritorno al funk-che evoca film “poliziotteschi anni ’70”-e a trame sperimentali,dal gusto free,per sfociare in una vertiginosa apocalisse sonora,che non è mai caotica o fine a sé stessa (ed il finale che si ricollega all’intro).

“KjU” è una breve traccia avanguardistica,ed il gusto per certa sperimentazione ardita si ritrova anche nella conclusiva “One”,il brano più lungo del disco (quasi 15 minuti di goduria sonora):ritorna quel feeling onirico caro ad altri momenti del disco,un vero e proprio trip psichedelico dai finali contorni doom/noise.

Disco strepitoso che unisce sperimentazione,creatività,gusto e tenica:fantasia visionaria senza limiti,dunque e che lascia il segno…Consigliatissimo agli amanti della musica “non allineata” e che rifugge le definizioni.

jmm

 

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