Dopo tonnellate di recensioni,vi propongo adesso due “special” dedicati alle discografie di due gruppi italiani (Hell Baron’s Wrath e Superior Rage),che hanno (anzi,avevano,essendo i progetti purtroppo conclusi) in comune un componente (Alessandro Bucci-voce,tastiere,che alcuni di voi ricorderanno anche col suo progetto ambient Maka Isna,recensito qua) ed il genere (black metal ).
Inizierò col parlarvi degli Hell Baron’s Wrath.
La band si formò a Ravenna nel 2004 dall’unione di Alessandro “ALE” Bucci (voce,tastiere) e Daniele “BAAL” Balelli (chitarre,basso,drum programming),al quale si aggiunse poco tempo dopo LHO dapprima come bassista,poi alla programmazione della batteria elettronica (venne sostituito da Dagoth in seguito,che poi lasciò definitivamente la band nel 2009).
Gli Hell Baron’s Wrath-sciolti dal 2012-hanno all’attivo 2 album ( 3 se si conta anche il primo promozionale) e un Ep,oltre che ad uno split bootleg con i Superior Rage (di cui parleremo poi) a svariate partecipazioni ad importanti compilation.
Andiamo ad analizzare insieme adesso,la discografia completa del gruppo nel dettaglio.
“LIVING IN ANGUISH” (autoproduzione,2006)
“Living in anguish” è il primo tassello della discografia degli Hell Baron’s Wrath.
Trattasi di un promo,o demo che dir si voglia,registrato con la formazione a trio che accennavamo in apertura…..Il disco venne recensito positivamente su Metal hammer,che intervistò in seguito anche il gruppo.
Il cd si apre con un enigmatico intro (“anguish souls”) strumentale,dalle venature darkeggianti e talvolta ipnotiche,tutto affidato alle tastiere di Ale,che sembrano evocare persino suoni di spade;la traccia sfocia subito dopo nel vortice sonoro di “My anguish”,un brano spietato e fulmineo,in cui il black metal della band sfodera tutta la sua cupa potenza,alternando velocità pazzesche a oscuri rallentamenti doom,dominati dall’inquietudine vocale di Ale e dai riff massicci di Baal.
“Grudge in my veins” continua sull’impatto poderoso,ma c’è un tocco di maestosità in più che anticipa in un certo senso quello che sarà il futuro del gruppo;riff maligni si sposano magnificamente alla ritmica torrenziale e alla voce raggelante.
“Starting the chainsaw” è una breve traccia dalle atmosfere plumbee (affidate ai synth),prima che si sfoci ancora una volta nell’ipervelocità di “Sad show”,dai riff chitarristici che disegnano una melodia malata che non sfigurerebbe nella scena norvegese ……vengono in mente i Darkthrone di “Transilvanian Hunger”,ma più rifiniti!.
Ed evocare il nome dei Darkthrone non è un caso,in quanto come ciliegina finale,la band dà una personale rilettura di “To walk the infernal fields”.
Passiamo adesso al primo full length ufficiale del gruppo,”Inner Force”.
“INNER FORCE” (Uk Division,2007)
Dopo una sorta di ristampa del demo sotto forma di split bootleg con i Superior Rage (che aggiunge qualche inedito strumentale e un brano rimissato),finalmente arriva il primo disco ufficiale della band,”Inner Force”,che esce per l’inglese Uk Division.
Alla band si unisce Andrea come session drummer,ma solo per questo cd.
L’album si apre con un intro molto suggestivo (“Gathering of the arch-vile”),che sembra innestare dei richiami progressive nel black metal del gruppo,soprattutto grazie all’uso del pianoforte e delle sue note malinconiche;le brevi frasi “growl” e un’abrasiva chitarra spostano il tutto su una cruda atmosfera,originalissima e personale.
“Haunting roots” arriva subito dopo,ed è un assalto sonoro,ma più rifinito rispetto a quelli del demo:la crescita della band si sente,e non solo a livello di registrazione,ma anche in fase di composizione.
La visione “black” degli Hell baron’s wrath è particolare e del tutto personale:dopo una sfuriata iniziale,difatti ecco arrivare un malinconico stacco acustico con voce pulita,prima che si ripiombi in atmosfere sinistre,ma sapientemente curate….
Di “My anguish” e “Sad show” ho già parlato:ma le nuove versioni sono-manco a dirlo-più curate,oltre ad avere una maggior limpidezza sonora. La furia sonora rimane devastante ed intatta,forse anche maggiormente distruttiva;”The end of thoughts” è un delicato intermezzo acustico molto interessante,tutto affidato alla chitarra classica,carica di spleen ed introspezione.
“Paranoid regrets” era una vecchia idea della band,una delle prime ad essere “abbozzate” (si può ascoltare un provino grezzo nel bootleg accennato in apertura):finalmente qui giunge a brano compiuto,ed è una voragine sonora,una macchina da guerra perfetta,che non disdegna però anche passaggi melodici nelle chitarre (ma sempre mastodontici),oltre che a segmenti doom,con in evidenza un inquietante recitato vocale.
“Missing angel” è un’affascinante suite che svela tutta la personalità della band:l’introduzione è affidata nuovamente ad una dolce chitarra acustica e alla voce femminile di Naima….Il tutto poi si sposta pian piano su trame più inquietanti,che sfociano poi in un black cadenzatissimo e in “slow tempo”,mostrando il lato “Luciferino” della canzone….Il risultato,comunque,non disdegna una certa melodia malata,in cui svetta il riuscito uso delle settime maggiori nella chitarra distorta (e torna anche la voce femminile,in contrasto alla violenza di quella “maschile”)….ma in oltre 11 minuti ne succedono di cose,ed il brano prende anche un flavour straniante verso la fine,con qualche spezia “orientaleggiante” suggerita da Naima,prima di ripiombare in una dosata e cadenzatissima violenza sonora (che sembra traghettare nel black ultramoderno qualche influenza del thrash old-style,ameno nelle parti più “lente”).
“Mars” è un breve intermezzo che inizia dark ambient,per poi diventare un lampo black feroce ma preciso,fulminante,dominato dal drumming ossessivo;”Sacred blood” è,per contro,un brano più elaborato,che si riallaccia parzialmente a quanto espresso su “Missing Angel”,ma senza le parti dichiaratamente “melodiche”…..La melodia non viene però abbandonata del tutto,traspare in maniera oscura dai riff di chitarra,anche se sono note oscure e ferali…..e riappare prepotentemente nella parte “classicheggiante” affidata alla maestrìa delle tastiere,ma anche nell’epico finale.
“Grudge in my veins” è la versione riveduta e corretta del vecchio brano del demo,tirata a lucido;”Inner force abuse” suggella il tutto,un finale affidato a maestose e scurissime tastiere,che disegnano scenari misteriosi (compreso un enigmatico parlato declamatorio,a mò di furia bellica).
Dopo questo lavoro,Lho lascia il gruppo e viene sostituito da Dagoth,che lascerà anch’esso due anni dopo.
“PATH TO KNOWLEDGE” (2010,ep)
Nel 2010,gli Hell Baron’s Wrath diventano nuovamente un duo ed iniziano a registrare un nuovo album (“Under the sign”) che rimarrà sospeso per un po’ di tempo (ne parlerò nel finale).
Cosicchè si concentrano maggiormente su un’uscita di un nuovo EP,”Path to knowlegde”.
Che la band cresca a vista d’occhio,ormai è un dato di fatto:l’iniziale “Dark Eos”-che troverà posto anche in una compilation e sul successivo lavoro-ne è la riprova,in quanto nuove e vecchie influenze black si fondono insieme ad altro per creare un qualcosa di nuovo…..Non manca l’epicità accennata nel precedente lavoro,anzi qui è maggiormente in evidenza.
“Cosmic light” continua sulla strada della maturità sonora e,quindi,artistica:la ferocia musicale non viene meno,anzi,è sempre oscura e corposa,ma evoluta e più suggestiva (ci sono anche parti pulite nel cantato e una coda “atmosferica” affidata al pianoforte).
“Cruel summers” è cadenzatissima e potente (ma il finale è un delirio iperveloce);”Asking points at the horizon” è un pezzo inconsueto,che coniuga un feeling decisamente dark a vocals filtrate (con qualche intermezzo “clean,but sick”) e cadenze lente:una canzone che conferma l’originalità del duo,che non scende a compromessi e che non vuole somigliare a nessuno.
C’è voglia di sperimentare,di non ripetersi e viene confermato anche dalla breve “Summon the teacher (she is the guide)”,dagli ipnotici reverse che donano un tocco onirico al tutto;le vocals filtrate amplificano una verve vicina all’ambient più dark e meno allineata.
“Drive your nails” è un nuovo assalto potente (e la drum machine dona un lieve feeling industriale-ma non troppo-sullo sfondo)….Finale affidato a due riuscite cover,”Wolf and the moon” degli Ulver e “Hail Murder”,rilette con la personalità della band.
“UNDER THE SIGN” (autoproduzione,2012)
“Under the sign” è il capitolo finale degli Hell Baron’s Wrath:come ho spiegato in precedenza,i lavori di questo disco erano cominciati molto tempo prima,ma rimandati a causa del disinteresse delle etichette e altre problematiche.
Un peccato,perchè “under the sign” evolveva ancora una volta il sound della band;apre “Survivors”,che suona un po’ come un manifesto,una sorta di black & roll teso e nervoso,vicino a certe cose dei Satyricon recenti….ma la novità è anche un’ intera strofa cantata in italiano (“Non arrenderti,continua a lottare/con il cuore le cose si possono cambiare”) che lanciava una bella luce positiva e di speranza sull’impatto devastante della band.
La title-track è un brano molto moderno,una visione al passo coi tempi del metal estremo,che vede duettare Tamara Basile con Ale,in un bel connubio di stop and go,tra melodia e scream “evoluto”….Sprazzi sinfonici di gusto adornano qua e là il tutto,ma senza ricordare le band capostipiti del genere.
Carica di tensione sonora anche “Consumerism ants”,mentre “Ratio Irratio” lascia trasparire la voglia di essere un po’ più accessibili,ma non più commerciali (le ritmiche assassine sullo sfondo,sembrano riverniciare a nuovo influenze thrash).
Viene recuperata “Dark Eos” dal precedente lavoro,prima dell’apocalisse distruttiva di “Anguished fist!”,un vero tornado sonoro perfetto in tutto e per tutto.
“Humanity!” è un tassello inedito per il sound della band,dove trame sonore elettroniche dal sapore “space lounge” si uniscono ad abrasioni industriali appena accennate (soprattutto i suoni sullo sfondo e le vocals);il tutto poi prende una piega quasi eterea,vicina a certo progressive,anche quando appaiono delle rasoiate chitarristiche riconducibili al black (ma c’è una certa ariosità in più che fa svoltare il sound del gruppo su inedite evoluzioni stilistiche).
“Landsberg elucubrations” è un breve segmento ambient dal sapore cinematografico,prima di due brevissime tracce silenziose (da pochi secondi l’una),intervallate da un insolito frammento electro dalle cadenze quasi hip hop(!).
Dopo altri due pezzettini di silenzio,ecco arrivare il vero e proprio finale,che getta purtroppo la parola fine sulla storia del gruppo,fin dal titolo-”Requiem”:è un breve tassello di musica classica “stordito” e volutamente modificato,rallentato fino a spegnersi definitivamente.
Direi che la produzione degli Hell Baron’s Wrath era (anzi:E’) ottima ed è un vero peccato che la band non abbia avuto tanti riconoscimenti,durante la sua carriera.
Ascoltando la musica di questi ragazzi,si capisce subito come fossero in costante evoluzione (e mi riallaccio a quanto dicevo poco fa) e come avrebbero saputo sinceramente stupirci ancora con delle nuove bordate di black fresco e non derivativo.
Peccato che si siano sciolti,dunque,ma….Ci resta della grande musica da ascoltare! Quindi…Non tutto è perduto;se siete amanti del black e delle sonorità estreme (ma ricercate) in generale,andate a riscoprirvi l’intera discografia dei “Baroni infernali”….Non ve ne pentirete,e scoprirete un grande gruppo.
A presto con un’altra “maxi-retrospettiva” con un’altra band -di cui accennavo in apertura-i Superior Rage,in un certo senso “imparentati” con gli Hell Baron’s Wrath.
PS:una nota a piè di pagina,ma non meno importante. Degli Hell Baron’s Wrath esistono anche due suggestivi videoclip:quello di “My anguish”,molto evocativo,che vede la band suonare vicino ad una misteriosa casa disabitata nel mezzo di un bosco non meno enigmatico (così come enigmatica è la figura femminile che s’intravede qua e là;e quello di “Mars” ad opera della blaidd productions,che restituisce visivamente la forza nervosa del brano,oltre alla sua carica.