Io da buon Pesci sono duale, un personaggio dedito alla malinconia (anche se vedo sempre la vita come un dono), sensibile alle sfumature del quotidiano, ricettivo a ciò che mi può emozionare…e anche a stare male..Sì.
Questi ragazzi mi hanno fatto cadere giù e rialzare allo stesso tempo.
Oggi più che mai si parla di Milano, questa grande metropoli sulla bocca di tutti per il fantomatico Expo 2015, per le sue squadre di calcio (che in questo periodo stanno dando l’una gioie e l’altra dolori), Milano caotica, Milano smog, Milano alta moda con le sue puntualissime sfilate, insomma chi più ne ha, più ne metta.
Voglio proporvi un nuovo punto di osservazione, o meglio, vorrei dare a tutti coloro che leggeranno questa recensione, un nuovo motivo per parlarne, magari (perché no..) per quanto concerne il gruppo alternative rock che sto per andare a presentarvi.
Sì, lo so cosa state per dirmi: “Milano è già famosa per tantissimi gruppi rock e per la sua musica indipendente!”. Non per loro io credo, non per questi tre cantastorie del futuro che viaggiano nel
tempo attraverso le loro sonorità retrò ma così incredibilmente attuali. Sto parlando degli Sharazad.
Retrò e modernità, come è possibile? Niente è impossibile (come detta un famoso slogan) quando, da una forte amicizia duratura nel tempo, fuoriesce un progetto così singolare. Quattro tracce che corrispondono a quattro pugni in pieno stomaco, non tanto per la spiccata connotazione rock ’60-’70 quanto per l’impronta emozionale.
Un vissuto personale che emerge fortemente, una carica vitale che diviene magia, un salto nel nostro Ego più profondo dove soffermarsi a meditare, piangere, ridere, dimenarsi, arrabbiarsi e poi reagire. Consiglio caldamente l’ascolto de “Il male che fa“, primo singolo con cui la band ha deciso di presentarsi e di cui potete gustarvi lo psichedelico videoclip su YouTube.
Preparatevi a riscoprire una parte di voi che forse avevate dimenticato da tempo, a cadere giù (come è successo a me), per poi rialzarvi e gridare alla Vita assecondando l’esplosione di chitarre. Oppure calatevi nelle profondità della vostra malinconia con “Arvo”, dal sound decisamente più alternativo e sperimentale ma altrettanto coinvolgente e taumaturgico.
Una menzione particolare anche a Giulia Ratti, il cui prezioso contributo in fatto di grafica ed editing video, è stato fondamentale nella creazione del logo personale della band nonché del già citato videoclip de “Il male che fa”: estremamente toccante per l’ambientazione soffusa, cupa, quasi malinconica ma sicuramente di effetto, con la band volutamente in disparte per dare enfasi al messaggio del testo.
Per concludere, spazio anche ad “Agosto” e “Dinamiche“, gli altri due brani che compongono il progetto. Non serve spiegare cosa gli Sharazad vogliano dirvi, nell’ascoltarli sarà tutto chiaro non appena vi sentirete trascinare.
Giuseppe a.k.a B-Traxx a.k.a dj4enemy