A cura di Mario Mutti
Come vi siete conosciute e come è nata l’;idea di cantare insieme?
Entrambe: Ci siamo conosciute tra i banchi di scuola, scoprimmo che il canto, ma
più in generale la musica, fu una delle tante passioni che ci accomunava. Da lì
nacque l’idea di iniziare a combinare qualcosa insieme.
Da cosa nasce il nome “Le Strangers”?
Entrambe: Un’altra cosa che scoprimmo di avere in comune fu la stima per il
comico Enrico Brignano, e il nome “Le Strangers” nasce proprio da uno dei suoi
sketch, uno dei nostri preferiti, in cui, col suo inglese, si diletta a descrivere gli
stranieri in Italia, pronunciando la parola “stranger”.
Nei video che avete pubblicato su youtube cantate pezzi “soft”. Come vi
siete trovate alle prese con i pezzi rock del singolo appena
pubblicato, “Shut up and play?” (Disponibile sui maggiori store online)
Monica: In realtà io amo tutto ciò che possiede un animo rock, e credo fortemente
che anche i pezzi più “soft” ne posseggono uno, basta saperlo tirare fuori. Nelle
cover pubblicate precedentemente, probabilmente non fuoriesce quello spirito rock,
solo per il fatto che determinati pezzi, a mio avviso, hanno degli iter da seguire, e
che non sempre possono essere stravolti, ma soprattutto, non sarebbe corretto
farlo. Bisogna sempre avere la consapevolezza di come lo si interpreta un brano, così
da non stravolgerlo nella sua essenza. Ma a prescindere da tutto, a me piace molto
sguazzare nella musica, da quella più leggera a quella più grintosa. Quindi, se ci
scappa del rock, ben venga!
Veronica: Le cover caricate sul canale non sono state fatte per identificarci in un
genere esclusivo. Personalmente mi piace sperimentare di tutto.
Vi siete già esibite live ?
Entrambe: Il nostro esibirci live è stato prettamente a scopo ludico-ricreativo, nei
compleanni e in qualche cerimonia. Non c’è stato modo, purtroppo, di farlo in
maniera professionale. Ma crediamo che, fino a quando la gente avrà voglia di
ascoltarci, indipendentemente da quale sarà la nostra carriera, noi canteremo.
Preferite cantare in italiano o inglese?
Monica: Mi piace molto sperimentare e mettermi alla prova con lingue che non mi
appartengono, ma ritengo che la nostra lingua sia una delle più affascinanti. Ma per
rispondere alla domanda, l’inglese, come il francese o lo spagnolo, sono lingue che
amo più ascoltarle cantare, che cantarle, forse perché la mia pronuncia non è il
massimo! Ma scherzi a parte, credo che esprimere le proprie emozioni in una lingua
non tua, è molto più semplice che esprimerle nella propria lingua, proprio perché,
con quest’ultima, si riesce ad andare dritti al punto, non si ha il pretesto di avere peli
sulla lingua, non si hanno scuse per non esprimersi e farsi capire. Ci si sente
inevitabilmente più forti e felici. Con la propria lingua si ha più potere.
Veronica: Se proprio devo scegliere, in italiano. Perché è la mia lingua e riesco a
dare più significato a quello che canto. Ma in generale canto in qualsiasi lingua,
quelle di cui conosco le pronunce ovviamente.
Quali artisti hanno influenzato il vostro modo di cantare?Monica: Gli
artisti che principalmente hanno scosso la mia vita vanno da Guccini a De Andrè, da
Tenco a Battiato, da Fossati a Lucio Dalla. A casa mia abbiamo sempre mangiato
pane e buona musica. Mio padre, tutte le mattine, mi svegliava con le cassette di De
Gregori, Lucio Battisti, Pino Daniele, Umberto Bindi, fino ad arrivare ai Beatles, Dire
Straits, Deep Purple, Pink Floyd. Credo sia fondamentale per lo sviluppo, stimolare
un’anima giovane in questi termini. Questo non ha fatto altro che alimentare la
voglia di non soffermarmi ad un primo ascolto, ma di andare oltre. Vorrei che tutti
riuscissero ad adottare questo tipo di approccio, nella musica e nella vita, e vorrei
dirgli quanto si è felici.
Veronica: Ho sempre avuto la passione per la musica, forse ci sono nata.
Sicuramente devo ringraziare mio padre che ha riempito la casa di strumenti
musicali, dalla batteria alla tromba, dalla tastiera all’ukulele, e tanti altri, e il primo
gruppo che mi ha ispirata è stato proprio quello in cui suonava lui un tempo. Ricordo
che la prima canzone che ho imparato, ascoltando le loro prove, è stata “Io
vagabondo” dei Nomadi e quella frase iniziale: “io un giorno crescerò e nel cielo
della vita volerò”, la sentivo così mia. Da lì, negli anni, quando avevo un po’ di tempo
libero, cantavo, coinvolgendo anche amici e cugini, come fosse la cosa più bella di
tutti i giochi del mondo e anche adesso, quando voglio stare bene, canto! Per
rispondere alla domanda, non ho artisti particolari che hanno influenzato il mio stile
o che sono stati modelli per me. Mi piace ascoltare di tutto e prendo ispirazione da
quello che mi piace, che sia la nona sinfonia di Beethoven, o l’ultimo pezzo rock di
Ligabue. Non mi piace identificarmi, avrei una lista infinita di artisti, di ogni epoca, le
cui canzoni mi entrano dentro e lasciano qualcosa. Amo la musica e sono sempre
pronta a scoprire qualcosa di nuovo, e ad innamorarmi.
5 album da portare sulla classica “isola deserta”
Monica: Cinque album? Con tutta la buona musica che si può trovare in giro,
cinque rappresenta un numero veramente limitativo, ma ci proviamo! Sicuramente
porterei con me tre grandi classici: “Canzoni” di De Andrè, “Tra un manifesto e lo
specchio” di De Gregori, che a parer mio è l’album per eccellenza, un’antologia che
raccoglie i suoi brani più rappresentativi, e “L'anno che verrà” di Lucio Dalla. Non
mancherebbe poi “Strange Days” dei Doors, e l’intima voce di Maldestro nell’album
“I muri di Berlino”.
Veronica: Non posso rispondere con cinque album dal momento che non ho una
mia top five di discografie singole, piuttosto preferirei portare una playlist, come
quella del mio i-pod, di canzoni varie, di ogni artista e genere, di ogni cosa che mi
trasmette emozione.