a cura di Lorenzo Petroni

Inesorabilmente evocativo.

Il secondo EP del songwriter pesarese Lucy Anne Comb, a più di un anno dall’uscita del primo “Yourselfie”, è la perfetta summa dell’esperienza acquisita da questo giovane cantautore reduce da un tour in apertura ai Be Forest.

Testi struggenti, strumentali coinvolgenti fino all’ultimo secondo fanno da cornice ad una voce tanto particolare e grezza quanto raffinata e spaziale.

Certo, il cambiamento sonoro rispetto all’EP del 2016 è ben evidente dal punto di vista del sound che, in “Letting you go”, trasporta su Marte le ruvide linee di chitarra acustica di Yourselfie e le manda letteralmente in risonanza con cori celestiali, pad ambient e sonorità lo-fi.

La prima traccia Windir ne è l’esempio lampante. Una progressione di accordi che ci rimanda sia agli anni ‘70 (nei quali i Pink Floyd se la ballavano tutta con “Welcome to the machine”) sia alle più moderne soundtrack.

L’atmosfera si protrae con vigore e persistenza prima di esplodere del tutto, sebbene con un po’ di ritardo, in Lucy Anne e Daily News. Quest’ultima è il vero motore dell’EP e in essa veniamo a conoscenza dello spirito creativo dell’artista. Coincisa, diretta, energica… ma sempre con una certa classe.

Al climax precedente segue una lenta parabola discendente che accompagna l’ascolto verso una dimensione più intima e velata, quasi a fare da specchio ai brani d’apertura ma con un respiro diverso, più solare e nitido.

Nitidezza che trova il suo apice nell’ultimo brano. September è frenetico, estremamente ritmico e nonostante ciò mantiene la spina dorsale atmosferica e melodica dell’intero EP.

Ci troviamo di fronte ad un EP dal valore artistico ben riconoscibile. Il songwriter pesarese ha molto da dare, la sua  voce è sempre ben presente e in primo piano sebbene spesso l’arrangiamento dei brani tenda a renderla poco amalgamata con le parti strumentali. Non dimentichiamoci che si tratta di un EP autoprodotto e registrato in casa.. e questo fa solo onore all’artista.

Il secondo punto debole di questo lavoro è la dinamica; troppo spesso assente, specialmente nei primi brani. C’è da dire però che molto probabilmente il cantautore ha preferito sacrificare una vera e propria “action” all’interno dei brani e, in generale, in tutto l’EP per rendere più giustizia alla linea comunicativa e musicale che fa da filo conduttore per tutti i brani; e questo è un aspetto che, musicalmente parlando, emerge in maniera estremamente positiva.

E’ indubbiamente difficile rendere dinamico un brano che strizza l’occhio allo “space rock” ed è per questo che chi ci riesce, di solito, è un genio. Tuttavia, la voce, la vena artistica e il gusto armonico e timbrico del nostro caro Lucy Anne Comb hanno tutte le carte in regola per diventare quello strumento in più che dia forma e personalità a brani che, altrimenti, risulterebbero dei bellissimi pezzi di marmo carrarese mai scolpiti.


 

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