A CURA DI FRANCESCO LENZI
373°K”Lontano”
I 373°K sono un’interessante band attiva dal 2009,e”Lontano”è il loro secondo album;un disco degno di nota e che merita di essere ascoltato con acceso interesse.
Sì,perchè i 373°K sono la dimostrazione palese che si può fare del rock italiano in maniera originale,senza scimmiottare né i soliti nomi ultra-famosi e milionari,sia senza fare il verso ai nomi grossi del circuito alternativo.
La band è composta da:Tia Villon(voce,pianoforte,tastiere),Vincenzo Adducci(chitarre,cori),Rocco Romani(basso e cori) e Francesco Lupi(batteria,percussioni).
Il disco si apre proprio con la title-track,un fragoroso hard rock personale in cui viene affrontato il tema del”viaggio”visto come”fuga”dalla banalità e da falsi moralismi(“e vedo negli occhi tuoi tutti i dolori che hai/ci vedo tutti i tuoi guai/è dentro in ciò che vuoi l’unico modo perchè tu riesca ad essere te/perciò se andiamo più su di ‘sta morale che non ci fa crescere mai/pieni di vita lo sai e capirai che noi non siamo altro che eroi”);fin da questa prima traccia,si ha l’effettiva certezza che il disco è da non perdere e che i 373°k hanno una propria personalità evidente,e che cercano di riportare al centro dell’attenzione delle ottime sonorità corpose e piene(e,va detto fin da subito,il merito va anche a tutti i musicisti e alla voce,che danno sfoggio di ottime capacità tecniche).
La seconda traccia dell’album è una canzone d’amore;ma chi pensa che la verve del gruppo si stia già afflosciandosi,è totalmente fuori strada….difatti”La fenice”è un brano assolutamente originale,in cui l’amore viene trattato in una maniera mai banale e da un’angolazione diversa(“Se fossi un angelo io cadrei/se fossi sole mi oscurerei/come una fenice brucerei/ma dalle mie ceneri…risorgerei”è il ritornello programmatico ed irresitibile).
I 373°K paiono suggerirci che se si ama veramente,è come rinascere dalle proprie ceneri;il tutto scandito da un brano ombroso,in cui la componente”aggressiva”non viene abbandonata,ma è dosata in maniera differente e rivestita da arpeggi scintillanti e darkeggianti tutt’intorno,che donano quel qualcosa in più.
Ma non di sola introspezione vive l’uomo(e la musica dei nostri amici);ecco quindi arrivare il rock&blues di”Non c’è più tempo per voi”,un brano che punta il dito sulla vacuità di molti esseri umani,che credono di avere il mondo ai loro piedi solo perchè hanno possibilià di spendere…ma è ovvio che il denaro non può comprare tutto(“e ho capito guardandoti che hai la tua invidia per noi/perchè non hai ciò che vuoi/la mia libertà,no,non la prenderai mai/e ho capito davvero quante sono per te/le paure di perdere le paure perchè non capisci che in fondo tu non sei come vuoi”),tantomeno la nostra libertà.
Un brano spumeggiante e brillante,dall’atmosfera musicalmente ariosa e allo stesso tempo ombrosa(ma non troppo)e adornato da un solo di chitarra semplice,ma efficace e tagliente.
“Intera”è una ballad elettroacustica,notturna e avvolgente;si tratta di un’altra canzone sull’amore,ma visto sempre dall’ottica “373°k”.
Il testo spiega già molto da sé:”lei è come un aurora che abbaglia e consola la notte dentro di noi”è la frase-chiave e che lancia luce sull’argomento senza giri di parole inutili;la vita è più bella e meno cupa se vissuta con un grande amore al nostro fianco,ed il segreto è nell’accettare la somma di tutte le caratteristiche della persona che amiamo.
Musicalmente è un brano molto ricercato,quasi crepuscolare e dalle reminiscenze quasi vintage che si sposano perfettamente alle liriche,che narrano di quest’amore,così perfetto e limpido da risultare quasi”mistico”(Sei tu,amor mio!/sei tu che mi prendi e mi trascini nel sole del tuo cuore/sei tu,intera come sei”);anche il falsetto del ritornello dona un sapore speciale alla canzone,malinconica ma senza mai affondare in sentimenti plumbei.
Ritornano le atmosfere decisamente rockeggianti in “Mia dolce metà”e l’amore stavolta si sposa al sesso,con energia;anche qui viene affrontato il tutto con una percezione quasi”mistica”,ma non come potreste erroneamente immaginare!
Mi spiego meglio:l’atto sessuale è il mezzo per avvicinarsi a qualcosa di più grande,di superiore,quando i corpi di due innamorati si congiungono si sfiora il divino(“luce che scalda il mio cuore/silenzio che riempie il rumore/dov’è che ti ho conosciuta e come ti riconoscerò?Io mi riconoscerò/tentami pure e se io mi ubriaco di te/sarà ancora una volta,ancora e per sempre sarà”)….e la band lo descrive con estrema grazia e poesia(“Vivimi pure se vuoi!/Istinto cammina con noi/lama e ferita s’incontrano,lontani da tutti i perchè”),senza rinunciare all’energia e alle chitarre poderose(grintosi e da antologia i soli).
“Le ali”è un brano dalle nemmeno troppe velate influenze southern nel’introduzione,che poi si trasforma in un riuscito incrocio tra hard e melodie alternative di grande fascino;l’amore è ancora una volta al centro dell’universo lirico,e ancora una volta è narrato in maniera differente,visto infatti come”fuga dalla realtà”(“io sarò per te quello che,insensibile e fragile,ti prenderà e ti porterà lontana dal mondo/e che io con te,è vero dai,l’amore è possibile”).
La fuga,il fuggire da una realtà che non è come la vorremmo è anche il tema che viene affrontato in maniera ancora più specifica su”Via da qui”;una ballata narrata con gli occhi dell’anima(“una vita che non è la mia/o quantomeno che non voglio sia/qui nell’ombra a chiedermi se c’è/un modo semplice per fuggire via da qui”)…..ed il risveglio dopo il sogno,non è meno importante,perchè se si desidera ardentemente una vita diversa,se ne ha la certezza pure da svegli;e se si è in due,naturalmente si affronta tutto meglio.
Un brano struggente,ricco di pathos e di spleen,affidato solo a pianoforte e voce,ed una volta tanto è necessario che sia così:minimale,ma non “semplicistico”,anzi,con insolite influenze classicheggianti che fanno capolino e donano un sapore tutto “notturno”alla canzone(anzi”intimista”),ancora più che in altri episodi del disco.
“Gli angeli”è un’altra ballata,dal deciso mood”americano”(e ritornano non a caso influenze rock-blues e southern miscelate insieme nell’intro,oltre che ad un ritornello che sposa un mood a-la-Neil Young a melodie accattivanti,ma mai scontate)ed è un inno al vivere la propria vita senza farsi condizionare da sentimenti esterni,siano anche quelli di una presunta religione(“Incondizionatamente immerso dentro un mare di virtudini e valori che si schiaccia nel trovare il senso a un bene e a un male,garanzie di vita eterna o esemplare dannazione/io vorrei restare qui,qui dove tutto va così/che qui non esistono angeli a dirci che siamo fragili/se lo capirai saremo pronti per resater ancora qui”).
Il tema della fuga ritorna nuovamente in”Luce bianca”,sotto forma di uno sfavillante hard,dominato da un’incandescente wha wha;il mondo standardizzato com’è ai giorni nostri,tende a schiacciare l’individuo,ma la libertà è doverosa in queste condizioni,perchè è l’unica strada per la salvezza(“soltanto l’assenza di gioia nel cuore/ti inchioda ad un mondo,così provi a scappare/e ce la fai,ce la fai,dentro di te!/Nessuna paura né resistenze/libere e pure sono le tue ali/e arriverai,arriverai,arriverai dove vuoi tu”).
La band ha un tiro micidiale ed è in grande spolvero;la grinta non si assopisce nemmeno nel brano seguente,”Eppure sei qua”che coniuga rock melodico a tastiere dal sapore seventies;liricamente è uno dei brani più complessi del disco,affrontando la metafora della”zebra”,che nel sogno rappresenta-a seconda delle ipotesi-o il bianco o il nero(positivo o negativo).
Ma la zebra del gruppo è dorata,in grado di accorpare tutte le definizioni possibili(“zebra dal manto dorato/erede di una notte dal sonno domata/buttiamoci alle spalle le ipotesi e un’altra vita sarà”9ma tu lo sai che per vivere dovrai morire/e tutto questo no,non ti salverà?”);ma il succo è che se uno vive una vita piena senza eccedere in azioni negative,è più lontano dalla sua stessa fine(e ci sono comunque più chiavi di lettura in questo affascinante brano,secondo il mio parere).
Si avvicina la chiusura dell’album e su”Le stelle” ritorna un’atmosfera malinconica;è una ballata sulle scelte che si fanno nella vita(“per ogni stella che cade/quante sono le speranze bruciate”),che non sempre sono quelle giuste…..ma la band preferisce non dare risposte definitive e lasciare che l’ascoltatore sia cullato dal mood notturno una volta di più,quasi una ninna-nanna rock dal sapore dark(da applauso il solo della 6 corde,e come sempre tutta la band è compatta e perfetta,senza rinunciare mai al feeling).
“Autoconfessione”è una bonus track e chiude definitivamente il lavoro della band;siamo di fronte ad un’altra ballad,stavolta commovente ed acustica(solo chitarra e voce)…..
Su questa canzone il gruppo è laconico nella cartella della”rassegna stampa”:non dà spiegazioni specifiche al senso del brano,e questo aggiunge un po’ di mistero alla canzone stessa,ma proverò lo stesso a dare la mia interpretazione.
I versi sono struggenti,così come la musica e si sposano alla perfezione con la classicheggiante melodia:sembra la descrizione di un passaggio di testimone all’interno del gruppo(“ho cantato le parole tue,le paure e i dolori che tu nascondevi nei versi che poi qualcuno dirà al posto di tuo/le mie lacrime sanno di te/delle angosce e le gioie che tu/sei riuscito a portare a me che sono tutto il contrario di te”),probabilmente un ex componente che ha abbandonato per cause di forza maggiore,e di cui qualcun’altro ha cantato le parole in passato….ma non significa necessariamente che l’amico di cui si parla non sia più tra di noi fisicamente ,magari è solo stanco,ed il suo abbandono allo stesso tempo non è privo di rimpianto per quello che è stato(“e non mi dire che stai bene come stai/e non mi dire”va bene anche così”/mentre tutto si perde in un”e se”/mentre tutto rimane com’è”)….
Francamente non so se ci ho preso con il significato di quest’ultima traccia,perchè potrebbe anche avere altre chiavi di lettura(magari si parla veramente di una persona importante per la band che non c’è più,o magari di un punto di riferimento così grande per il protagonista-anche musicalmente,ma forse anche solo personale);so solo che se non ci si commuove davanti ad una canzone del genere,o si è veramente morti o si è degli insensibili.
C’è veramente l’imbarazzo della scelta nel definire quale brano sia migliore di un altro;ed infatti non me la sono sentita,perchè l’album è praticamente perfetto e le sue canzoni sono tutte riuscite.
La musica e i testi dei373°K sprigionano una verve,un’onestà e una sincerità tali che è impossibile non rimanerne contagiati;a questo va aggiunto una cosa da non sottovalutare,ovvero che la band sa veramente suonare,ed ha un vero cantante,cosa non da poco nello scenario indipendente di oggi!
Quindi,riassumendo,non trovo una nota negativa in questo disco:è il classico album che scopri di amare e in cui ti ritrovi dentro……mi faccio caso che ancora non si parli di questa band in termini di successo,ma la loro attitudine è veramente forte e personale che non può passare inosservata.
Tempo fa lanciai una domanda ai lettori di questo blog:”c’è ancora spazio per un certo tipo di rock italiano?”
E dopo aver ascoltato i 373°K la risposta non può che essere sì;non solo c’è ancora spazio per il rock italiano grintoso e allo stesso tempo melodico,ma il fatto che ci sia una band come questa in giro,conferma anche che questa musica gode ancora di ottima salute e lo farà(fortunatamente)per tanto,tanto tempo ancora….

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