E’ una settimana che ho sentito di tutto sulla figura femminile, nel bene come nel male: è giunto il momento di dire pure la mia, e ne approfitterò con la recensione di questo grande album che da un po’ di tempo mi è capitato sotto mano. Sì, perchè l’album di oggi, “Woman”, già come suggerisce il titolo, è un dichiarato e sincero omaggio alla Donna, senza slogan, finti stereotipi e leggende metropolitane che ricorrono nelle stesse, solite circostanze di turno e sbandieramenti inutili e fuorvianti, ma che, attraverso le varie e più dirette sfumature, riesce a ridare importanza e spessore al suo ruolo all’interno del sociale, trasformando il Tempo stesso in metafora di fronte alla loro bellezza. Una bellezza che porta l’ascoltatore in un continuo viaggio onirico insieme a Lei, non per forza definita in qualche persona, ma che riesca nella sua stessa essenza a impersonificare quella di ognuna di loro. Avviene così il primo incontro in “Open”, spinto tra profonda infatuazione e timido erotismo, e il sentimento per lei inizia a decollare nella dimensione più empatica di “The Fall”: eppure nemmeno le carezze e i baci più ludici riescono a trattenere l’esplosione di quell’intesa che già c’è, è lì e appassiona l’ascoltatore e la sua donna a spingersi, sempre tra gioco e sensualità, fino a tarda notte con “Last Dance”. Ma poi eccoti “Verse”, qualcosa non va, ci sono le prime incomprensioni, i primi litigi che portano a temporanei distacchi, e sale davvero per la prima volta il lato più riflessivo nel solitario dei rispettivi, e torni così a riavvicinarti a passi sussurrati, per non dare voce alcuna al risveglio della tua donna, alle prime luci del mattino di “Shed Some Blood”, torni con dolcezza a chiarirti, a stuzzicarla ancora per gioco, come prima e come sempre, per poi spiegare in “3 Days” che, nonostante i difetti di entrambi, non è importante nient’altro che il suo quotidiano nel tuo presente. Lei non si convince, non ci sta, ma non demordi perchè non riesci a stancarti di corteggiarla, insisti a riportarla fuori con “One of Those Summer Days” dalla sua chiusura emotiva, dalle sue insistite difensive, perchè là fuori è un altro giorno che non può non vedere e vivere insieme a te…e allora lei prende, accenna una risata, si ributta tra le tue braccia e lascia tutto alle spalle, perchè potrà essere vissuto pur solamente come un grande amore minore (“Major Minor Love”), ma ha fame della tua presenza, dei tuoi sguardi, del tuo sorriso, e viceversa, così ben esplicitati in “Hunger”, perchè non c’è Uomo dove non c’è Donna, o “Woman” per internazionalizzarla, e la giornata rinizia ancora così, insieme e per sempre, perchè, come racconta Dante nel quinto canto dell’Inferno:

“Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte, che,

come vedi, ancor non m’abbandona.”

Il duo losangelino Rhye, al loro esordio discografico, regalano al pubblico un disco superlativo, con testi e scelte sonore molto semplici ma assai profonde e mai banale nei sentimenti espressi. A volte sensuale e altre pungente, si spinge verso i raffinati orizzonti lounge e dell’r&b di Sade, ma la cosa che più impressiona è la bellissima voce di Michael Milosh, talmente delicata e cristallina da farla sembrare una vera e propria voce femminile, e ironicamente parlando molto simile alla stessa e famosa cantante anglo-nigeriana. Unica pecca del disco è la sua stessa identità sonora, visto che scorre sempre tra melodie pacate e languide che solo in rari casi (vedi “Last Dance”, l’80’s “3 Days” e la funkeggiante “Hunger”) assume comportamenti più briosi e dinamici, ed è per questo che, nonostante canzoni di grande ispirazione, l’album riesce a spiccare nella sua interezza e mai a livello di singoli, ma a noi va comunque bene così visto che, come c’hanno insegnato i migliori scrittori e poeti, non c’è bisogno di forza o sfrontatezza per illuminare la Donna d’immenso, quanto più quei gesti semplici, quelle azioni dolci che paiono col tempo e con le lotte tra i rispettivi sessi essersi persi negli anni. Ma l’album ha un messaggio ben più profondo dello stesso omaggio alla gentil sesso, perchè spiega ancora una volta, e in totale devozione musicale, che la cultura riesce più di ogni battaglia e guerra tra schiere, ben più di rancori e odi reciproci affossati nella ghettizzazione e superficializzazione di pseudogiorni commemorativi, a ridare colore non solo a una donna, ma all’essere umano, che è la cosa più importante di tutte…offuscando con la ragione ogni elemento negativo di questa società triste e malata, ma soprattutto, ripeto ancora una volta, stereotipata su odio e xenofobia, come dicevo pure nella recensione di Federico Salvatore. Ma deve essere voluto dal singolo, insieme alla sua apertura mentale che va sempre di pari passo con la sua ascesa culturale.

Voto: 8 –

Rhye - Woman

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