Recensione di Cecil T.

 

Il dodici gennaio scorso è uscito, autoprodotto, “CafeAmaro”, il CD di debutto

del duo formato dall’arpista Diane Peters e dal tastierista e musicista

elettronico Andrea Ponzoni.

L’esperimento è ardito, il connubbio tra la delicatezza e la capacità

interpretativa della Peters e il mondo dell’elettronica è il fulcro del lavoro.

Ci sono delle attitudini compositive che caratterizzano tutte le otto tracce: ritmi

armonici molto semplici, a volte banali, il suono dell’arpa che cerca di

fungere da trait d’union tra metri e rumori e, infine, melodie per lo più lineari e

poco sviluppate.

Pur avvalendosi di preziose collaborazioni, tra cui il flauto di Benini e il

contrabbasso di Sabbioni, l’impressione è che il progetto non riesca a

rendere artistico il materiale sonoro scelto.

Un pizzico di banalità e di povertà creativa impediscono, in fase compositiva,

di sviluppare elementi musicali interessanti.

La stessa capacità espressiva della Peters, apprezzabile in altri suoi lavori,

qui non riesce a trascinare la controparte elettronica, vero punto debole del

progetto.

I ritmi, sovente, sembrano trasferiti, ex abrupto, dalla dance commerciale

degli anni novanta; le melodie affidate ai suoni sintetizzati sono al limite della

mediocrità, da musica leggera.

Spesso i temi fanno a pugni con il ritmo. L’arpa è raramente inserita in un

contesto adatto, in brani come “Dropless” e “Nostra Bossa”, sembra aliena.

Laddove l’arrangiamento è più attento, come “Open 4” e “Yin Yang”,

l’orchestrazione, invece, funziona e il risultato premia.

Interessante l’impasto sonoro tra la rumoristica e la tromba di Francesco

Venturini in “Diskfull”, sprigiona un elemento onirico che, probabilmente,

andava sfruttato di più.

Per chi scrive, CafeAmaro è un esperimento non riuscito.

Peccato perché, in nuce, il desiderio di sperimentazione e di cercare nuove

sonorità, riesce, qui, a produrre delle idee di un certo valore, ma che non

sono sviluppate. Le atmosfere sonore create, non raggiungono mai alti livelli

estetici e poetici, rimangono sempre superficiali e non sono inserite in un

sistema di comunicazione artistica convincente. La stessa orchestrazione si

rivela, a tratti, debole, in particolare l’uso degli archi è ininfluente, quasi

inutile.

Bisogna ammettere che quando ci si inoltra in quel territorio dove l’innovazione dei

linguaggi, delle strutture e delle forme, rende tutto più magmatico, bisogna

avere un retroterra e dei presupposti culturali di un certo spessore.

E’ comunque un inizio, il duo saprà e avrà occasione di orientarsi sempre di

più e di creare il proprio linguaggio con il tempo, il primo passo, a volte, è il

più difficile e incerto.

Forse, per poter esprimere al meglio le proprie potenzialità, la Peters e Ponzoni

dovranno dotarsi di un profilo elettronico meno commerciale e più artistico.

L’idea ha comunque una certa apprezzabile originalità.

 

 

Diane Peters, Andrea Ponzoni

CAFEAMARO

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