Pubblicato a novembre a Novembre 2016,“Ruins of memories”, il primo album della cantautrice genovese Charlie, dove si fondono rock e folk , unico connubio in un progetto dalle intime sfaccettature, che ha sonorità davvero internazionali.
In rotazione radiofonica l’omonimo singolo, un brano dalle atmosfere dolcemente malinconiche che riprende sonorità del mondo indie-folk americano (rese da strumenti tradizionali come la pedal steel guitar) evocando un’America immaginata.
Undici brani ben composti, ben mixati, ben cantati: mentre ascoltiamo ogni piccola traccia è come se scenari d’oltre oceano ci scorressero per la mente, esattamente come in un viaggio avventuroso.
E’ già da The Strenght che una voce vagamente in stile Cranberries ci delizia, per non parlare di quegli archi fantasiosi e briosi.
Superior già ci appare già più intima e minimale, per poi esplodere successivamente.
Rosemary è più “americana” che mai, dal sapore fortemente anni Cinquanta (ma con reminescenze visive ottocentesche), con un forte stampo folk, dove le chitarre la fanno da padrona, ma non solo: il dialogo tra fiati è la vera forza di questo pezzo.
Ash and Arrow scorre proprio come un treno, con tanto di banjo che dialoga con le chitarre, un brano che fa battere il piede e perché no, ballare.
Ruins of Memories è una sorta di country lento ed avvolgente, a tratti sofisticato, il brano che dà il titolo all’album: grande atmosfera che ha un effetto estremamente suggestivo, degno del titolo che porta.
E l’esplorazione rock, folk, country si estende con piacevole disinvoltura addirittura a una sorta di swing che sa sorprendere con tratti funkeggianti e sonorità fortemente vintage; il tutto porta alla sesta traccia, ovvero I’d Be Glad.
Dopo tanto trambusto (frastuono no), ma comunque ritmiche movimentate e sostenute, ecco che con Leave abbiamo una delle tracce più intime, profonde e “ambientali” del disco, ma la ritmica non si fa attendere a metà del brano “cova” in sordina scuotendo gli animi.
Ritorniamo ai toni spensierati, quasi da “slow rock” con Innocent Sweet : bellissimi quelle linee di organo “sessantiano”.
Quasi una ninna nanna questa Bedtime , nona traccia dell’album: un sei ottavi amorevole, dolce, che culla l’ascoltatore come una madre affettuosa.
Cigarette , penultimo brano dell’album, ritorna ai quei toni country “fumosi” come da titolo.
Avevamo detto che questo disco ci ricorda un viaggio? Bene! L’undicesima ed ultima traccia s’intitola proprio “The Road” e rende benissimo l’idea di tutto il progetto.
Da brivido, come la fine di un viaggio: lascia soddisfazioni, amarezze, ricordi, speranze.
Un consiglio? Fate un bel viaggio, in macchina, con una decappottabile, d’estate, in una di quelle strade americane lungo il deserto, dopodiché mettete a rotazione questo disco: sarà un trip nel trip.