A volte nella vita abbiamo l’impressione di non appartenere al luogo in cui viviamo. Ci sentiamo come alieni provenienti da un altro mondo. Non c’è niente di quello che ci circonda che sentiamo come nostro. Posti a noi familiari che improvvisamente percepiamo come sconosciuti e persone con cui siamo cresciuti e che abbiamo amato che ci appaiono ormai irriconoscibili.

E’ come se noi avessimo subito un’evoluzione ed il resto del mondo sia rimasto al palo. Il divario tra noi e quello che ci circonda è diventato incolmabile e ormai non stiamo bene in nessun luogo. Forse abbiamo bisogno di un nuovo inizio, magari su un altro pianeta.

 

Le parole che aperto questo articolo ci sono state ispirate dall’ascolto dell’ultimo singolo di Luigi Perazzelli intitolato, non a caso, Ho Visto Marte. In questa stupenda ballata post-rock il cantautore romano ci parla di un luogo stupendo in cui è possibile essere sé stessi e che potrebbe essere più vicino di quanto pensiamo, ossia nella nostra testa.

Il brano inizia su suggestioni spaziali in cui un lento tremolo fa oscillare il suono della chitarra come se si spostasse in assenza di gravità. Già dalle prime note siamo immersi in una dimensione ultraterrena su cui Luigi inizia la sua narrazione. I primi versi sono quasi parlati ed esprimono meraviglia e stupore tradendo una nuova consapevolezza acquisita.

Il brano prosegue aumentando l’intensità dei suoni ed il numero degli strumenti che accorrono brillanti ad enfatizzare quella sensazione di leggerezza che rende il brano simile ad una ninna nanna futuristica. Il testo della canzone mette in relazione le montagne e gli spazi del pianeta rosso con la distanza simbolica che si interpone tra due persone che possono essere allo stesso tempo vicine ed incredibilmente lontane.

 

La prima metà del brano si sviluppa con questo incedere sospeso per poi cambiare rotta gettandosi in un ritmo sostenuto di chiara matrice rock che esplode come una scioccante rivelazione. Dopo questa sezione il brano sembra volgere al termine, ma il dolce suono di una chitarra acustica ci porta alla coda del brano in cui il cantante fa le sue ultime considerazioni.

Il protagonista della canzone si trova finalmente su Marte, quel luogo nuovo e sconosciuto in cui è possibile darsi una seconda possibilità alla luce di una ritrovata fiducia in sé data dall’accettazione di quello che si vuole essere.

Marte è la metafora di quella dimensione mentale in cui finalmente si è in sintonia con sé stessi, liberi dal giudizio della gente e dalle convenzioni sociali, un pianeta in cui siamo noi a decidere cosa è giusto o sbagliato e in cui può entrare soltanto chi vogliamo.

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