Abituati come siamo a preservare solo ciò che conosciamo, potremmo rimanere sbigottiti –quasi shockati- di fronte a ciò che ci appare come sconosciuto. Si potrebbe definirlo, catalogarlo, opprimerlo dentro schemi precostituiti –attribuendogli termini quali teatro “di rottura”, “sperimentale” o –ancor peggio- “alternativo”.
Ciò che è libero va invece lasciato così, con quelle ali che si apron da sé prive di etichette, quelle lasciamole ai prodotti da tenere in frigorifero, anche perché viste le alte temperature di quest’estate 2017 sarà meglio così –che il cibo non vada a male facendo la muffa.
La pietanza succulenta per l’anima che è il teatro fatto di libera espressione trova in un reading come “Fashion Macht Frei” proposto la del sera 6 luglio 2017 a Soliera all’interno di Arti Vive Festival la sua più nobile forma.
Grazie alla performance della sublime Silvia Gallerano (già nota per il monologo “La Merda”) e dell’istrionico e carismatico Stefano Cenci ( che da anni porta avanti –tra gli altri- il progetto “Del bene, del male” con cui sta girando l’intera penisola) il reading ha preso vita in maniera sciolta e priva di artifici.
Stefano e Silvia, fratello e sorella sulla scena, hanno saputo mantenere lo spirito benevole dell’infante che gioca avvolti nelle loro futuristiche tute in lurex prendendo in giro la moda grazie alla regia di Simon Boberg (che dedica ironicamente lo spettacolo agli stilisti Dolce&Gabbana) e a una scrittura feroce, a tratti inquietanti, capace di mescolare spensieratezza e ironia a momenti di estremo straniamento ai limiti del parossismo.
Una recitazione schietta, con una Gallerano biondissima e in ottima forma capace di cambiare voce, atteggiamento, imitare accenti, mutare il volto, usare il corpo con elasticità assieme un Cenci che mantiene la sua cifra stilistica inconfondibile, forse un po’ intimidito, ma perfettamente aderente al ruolo di bimbo la cui purezza viene messa alla prova da una società che ci vuole tutti uguali, burattini depilati e rasati, in fila sulla passerella orrenda e sperzonalizzante simile a una sorta di olocausto moderna.
La moda vista come nuova shoah, con vaghi accenni (forse nemmeno voluti) alle tecniche di manipolazione mentale, al raggiungimento del successo attraverso patti con “arcangeli rossi” (forse il diavolo?) e humor nero riguardo alla violenza psicologia (e non).
Temi molto cari a Ceresoli, Gallerano &Co. Che anche nel succitato monologo “La Merda” ponevano l’accento sul mondo televisivo e le sue rigide regole, sulla ricerca del successo “tout court” e su questa nostra società plasticosa e vacua, che porta a emarginare coloro che non possiedono le caratteristiche necessarie per sopravvivere.
Good job!
Dafne D’Angelo