Tornano i Free Nelson Mandoomjazz,una delle più eccitanti formazioni che mi sia capitato di recensire anno scorso;questo “Awakening of a capital” (il titolo è ispirato al rumorista Luigi Russolo) è il loro primo full length,che esce dopo il doppio EP “the shape of jazz to come/saxophone giganticus”.
Il connubio tra stoner/doom,free jazz e sperimentazione ardita non si è esaurito,ma anzi,è arrivato ad una maturazione,avvenuta grazie anche ad un tour interminabile in giro per il mondo,che ha forgiato lo stile dei nostri.
L’introduzione è devastante,con un titolo-“Sunn Ra))) O” che è tutto un programma e sfocia dopo 46 secondi nella successiva “The stars unseen”,in cui il sound del duo trova un’ideale evoluzione,tra cadenze alla Black Sabbath e notturne trame di jazz onirico (con qualche nota schizoide free nel finale).
“The land of heat and greed” sembra iniziare con un mood da colonna sonora,per poi tramutarsi in movenze stoner/doom,su cui svetta il sax violento di Rebecca Sneddon;viceversa,il finale presenta una melodia dettata dal sax,mentre la ritmica diventa più satura,ma sempre cadenzatissima.
“Poking the bear” è un brano misterioso,in cui le dissonanze del sax si sposano perfettamente alla lenta e mastodontica sezione ritmica;”The Pillars of dagon” è una traccia più psichedelica,con qualche rimando “progressivo” ed un suggestivo,impetuoso vento sullo sfondo dell’intro:è anche un pezzo più solare e disteso,ma dall’inedito finale noise.
“Erich Zann” è ispirato ad un racconto di Lovecraft:introduzione notturna ed enigmatica,caldamente meditativa,che sfocia in uno stoner jazz psichedelico,dai riff ossessivi e dalle screziature ipnoticamente incisive;nella seconda parte,Colin Stewart “lancia” un riff orientaleggiante (sullo stile di “set the control for the heart of the sun” di Floydiana memoria,per intenderci) ed il mood diventa più rarefatto,ma non meno misterioso ed oscuro.
Anche l’atmosfera di “Slay the light” è darkeggiante,ma sempre alla personale maniera dei free Mandoom:l’amore per le cadenze sabbathiane non si esaurisce,ma trova nuova linfa vitale qui,con improvvise impennate free del sax,che diventano poche note minimali e riflessive (ma molto incisive,come sempre) nel finale.
“Beneath the sea” è il gran finale,uno slowcore suggestivo tutto incentrato sulla sezione ritmica con perfino qualche rimando dark progressive “seventies” (ma anche qualche strizzata d’occhio allo Steve HArris più contemplativo nelle partiture di basso!).
Non ho mai avuto dubbi sul valore artistico di questa band,e questo nuovo disco ne sancisce la conferma:meno ostica che in passato,più rifinita e più varia,la musica dei Free Nelson Mandoomjazz è come sempre ricca di spunti imprevedibili e di freschezza…
Che sia il 2015 l’anno del doomjazz? Non ho alcuna difficoltà a crederlo….Se non li avete mai sentiti,fate vostri i solchi di questo album….rimarrete piacevolmente sorpresi.
Per tutti gli amanti delle sonorità pesanti,ma al tempo stesso inconsuete;al tempo stesso,dedicato a chiunque cerchi l’originalità in musica….e qui,statetene certi,ce n’è!