A cura di Francesco Lenzi

ALBERTO RADIUS “Banca d’Italia” (Videoradio,cd/lp)

Per chi scrive,parlare di Alberto Radius è un immenso onore.

Anche perchè questo grande musicista è stato sempre uno dei miei punti di riferimento chitarristici fin da piccolo;se poi si presenta come in questo caso l’occasione di parlare del suo ultimo album (uscito in verità,ormai da qualche mese),potrete capire facilmente che l’emozione è doppia…anche perchè questo lavoro arriva a distanza di 9 anni dal precedente episodio “solista” e quindi c’è un bel po’ di attesa e curiosità intorno ad esso….ma tutto ciò viene ripagato da un ottimo album,come avrete modo di vedere e soprattutto,sentire.

“Banca D’Italia” è un disco che parla di attualità,con il tipico songwriting di Alberto in evidenza (c’è anche lo zampino del fedele collaboratore di sempre,Oscar Avogadro,purtroppo scomparso ormai 4 anni fa) :un cd di classe,ed allo stesso tempo molto moderno e contemporaneo…adesso vi parlerò dettagliatamente del suo contenuto,in maniera approfondita.

Il disco si apre con la title-track,un brano dal sapore country rock che parla con un po’ di ironia e di disillusione del delicato momento che stiamo vivendo (“certo abbiam vissuto tempi strani/li hanno fatti a pezzi i nostri eroi/abbiam fatto il tifo per gli indiani/mentre ladri e ciarlatani diventavano cowboys”).

Si prosegue con “Il tango di Dedalo”,una composizione raffinata dai contorni latini;è un dialogo metaforico tra padre e figlio (in questo caso,per l’appunto,Dedalo ed Icaro) che può avere più attuali chiavi di lettura (“non andare verso il sole/le tue ali non potran sopportare/rischi di cadere in mare/ti dovrei vedere annegare”),e non solo quella “Mitologica”.

“Colombo e l’uovo”è un brano che ci riporta ad atmosfere settantiane,con il tocco magistrale tipico di Radius:”Se non sei senza dei/come fai a credere davvero?/se non sei senza eroi/non puoi capire o non vuoi chi ha più paura di noi”s’interroga il nostro,mentre sul sottofondo si rockeggia che è un piacere (bello e arioso il solo all’unisono di chitarra e tastiera).

“La cerchia dei dannati”è una canzone più introspettiva (“alla tua età non ero 1ui/insieme ai pazzi da notte a dì/poveri voi incatenati/dannati,dannati,dannati”);si tratta di una ballata moderna e malinconica ,in cui il presente viene analizzato con spietata lucidità e confrontato con ricordi personali(“in quella notte io dissi sì/credevo a un mondo,non ad un brutto trip”).

Anche “Faccio finta che ci sei” è attualissima,ed adornata da battiti electro (anche se fungono da sfondo al pezzo che è una sorta di blues notturno dei giorni nostri):un brano sempre molto personale sia a livello di testi (“il poeta scrive per un amore/e non sa mai perchè/sa soltanto che lo riesce a fare/che qualcuno sente un emozione forte dentro sè”) che di musica,ed adornato da un bellissimo assolo nel finale,quasi una canzone nella canzone.

“Dusseldorf” è una ballata solcata come sempre da una meravigliosa chitarra;e torna l’introspezione,così come le note biografiche del testo che accrescono la magia e l’autenticità del pezzo (“sono sempre in giro e viaggio quasi sempre solo/non pensando altro che al lavoro/prima di rientrare questa volta perlomeno/faccio un tour in barca sopra il reno”):uno dei pezzi più “veri” che mi sia capitato di sentire,in cui la vita “on the road “del musicista,viene spiegata con semplicità e un pizzico di malinconia….Il brano ha potenzialità da singolo,data la sua bellezza ed orecchiabilità.

Anche “Nell’universo mondo” è una ballata notturna ed avvolgente,contornata da splendida poesia (“noi come la marea/quando viene,quando va/si è bambini per passione,grandi per fatalità”),mentre “Talent show” ironizza-appunto- sul falso mondo dei talent (“dalle 5 son qui,tutti in fila così/aspettando un provino/tengo duro perchè/in questo artista che è in me/dovranno credere/ho lo stomaco vuoto/ma valeva la pena per il book delle foto”)in maniera irresistibile.

“Dimmi chi ha vinto” è un brano accattivante che indaga sulla sfera personale e che mi riporta alla mente alcune atmosfere anni ’80,ma è allo stesso tempo molto moderno;e c’è perfino una cadenza hip hop sul finale,con il tono di voce di Alberto che ricorda quello usato su “Molecole”del Volo (lo storico side-project dal sapore fusion che lo vide tra i protagonisti a metà anni ’70),poco prima di un bell’assolo.

“Non vale più” è un’altra ballata riflessiva (“non dormirò,scivolerò sul tempo come fosse neve”),che coniuga una chitarra classica spagnoleggiante (prima di passare alla distorsione) a ritmi moderni;”La creazione”è un brano in cui viene descritto Dio alle prese con la costruzione del mondo (“ammirò la terra che girava sul suo asse/ma ne fu deluso,e sembrava che gridasse”) e presenta un arrangiamento “orchestrale”e classicheggiante:ma il testo del brano ha anche una certa ironia non troppo nascosta tra le righe!

L’introspezione ritorna padrona su “Piccoli amici”,una canzone morbidamente descrittiva e contemplativa;e non mancano i ricordi (“mentre invece lo so perchè tu a quell’età mi facevi morire/”),raccontati con estrema poesia e delicatezza.

La poesia si ritrova anche su”Chiede aiuto quella madre”,ed è un modo per parlare senza retorica di attualità;mentre “Count down” svela un’anima hard rock cadenzata,ma trasportata ai giorni nostri,con la tematica del viaggio-e del ritorno,in questo caso- sempre in evidenza (”Da qui lo sai tutto è più semplice/c’è silenzio e dall’oblò spunta un mondo fragile”).

“Come suona il tempo “chiude il disco con dolcezza;è un po’ una riflessione sulla vita d’artista e soprattutto su come la musica accompagni ogni momento delle nostre vite.

Davvero un graditissimo ritorno dal valore immenso,da gustare e ascoltare ripetutamente;15 canzoni di ottima qualità che confermano ulteriormente il talento ed il cuore del più grande chitarrista italiano!

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