A cura di Francesco Lenzi
GIANFRANCO CONTINENZA “dusting the time” (Videoradio)
Gianfranco Continenza è un autentico mago della chitarra fusion/jazz ed ha collaborato con artisti di fama internazionale;questo “Dusting the time” è il suo nuovo lavoro,un disco estremamente complesso e affascinante:sicuramente non di facile ed immediata assimilazione,ma non appena riuscirete ad entrarci dentro,verrete conquistati dalla sua raffinatezza.
Oltre alla chitarra funambolica di Gianfranco, nel disco ci sono anche svariati ospiti:andiamo ad analizzarlo insieme,traccia per traccia.
La title-track apre il disco in maniera sorprendente:s’inizia subito con partiture ad alto tasso tecnico,in cui il jazz è sinonimo di creatività.
La chitarra di Continenza è velocissima e limpida,e dialoga con il sassofono di Bob Mintzer,inizialmente all’unisono,poi in un continuo botta e risposta;ma anche gli altri musicisti non sono da meno,difatti si fanno sentire anche Alessandro Centofanti alle tastiere e Dino D’autorio al basso,con sullo sfondo la batteria del mitico Walter Martino,presenza costante di quasi tutto il disco.
“Swinging into reggae” è esattamente quello che promette il titolo:un connubio originale ed innovativo tra jazz e reggae,che è pura fusion moderna ed inedita;l’atmosfera è magica e complessa,eppure non priva di una certa scorrevolezza (ottimo il dialogo tra Gianfranco ed il sax di Mintzer,che continua ed aggiorna il discorso del brano precedente,ma in maniera più ariosa e ancor più compatta)…al basso troviamo Micheal Manring,mentre al piano siede stavolta John Beasley;bello il solo di Gianfranco,che svela moltissime influenze diverse,tutte sapientemente mescolate insieme.
“Under my fingers” è un brano più lungo (più di 8 minuti di durata!) ed articolato,dai risvolti “progressivi”;al centro c’è anche la tastiera di Sergey Boykov a dialogare con il nostro….l’armonia è sempre molto raffinata,e la chitarra disegna delle melodie molto interessanti e in un certo senso anche ariose,con un po’ di introspezione di contorno.
“Walkin’ your way” è un brano più notturno e pacato,meditativo:jazz moderno ed imprevedibile,suonato e composto con incredibile gusto,oltre alla strabiliante tecnica ,in cui sax,piano e basso sono in primo piano (la formazione è quella del secondo brano),prima che arrivi il protagonista a dare sfoggio di un solo particolarmente luminoso ed innovativo (è anche questa la forza dell’album:non un “semplice” disco solista,ma quasi un ritrovo tra grandi nomi della fusion e del jazz,come in una jam “calcolata” -ma allo stesso tempo calorosa-tra amici).
“back to Beck” è-come spiega il titolo stesso-un omaggio al Jeff Beck più“fusion”,a cui il brano è chiaramente ispirato:e difatti Gianfranco ha più d’una cosa in comune col celebre chitarrista inglese….non solo una tecnica incredibile,ma anche il gusto per l’imprevedibilità (c’è perfino un tocco “latin”,dovuto alle percussioni di Walter Martino):e qui le due cose sono davvero messe in mostra al meglio (e c’è perfino un taglio più rockeggiante rispetto ai precedenti episodi:è il mio brano preferito del disco!).
Si cambia completamente atmosfera con la semi-saudade di “Things could change”,un pezzo raffinatissimo,in cui il jazz prende cadenze lente e quasi “samba” (Gianfranco qui è alla chitarra classica);”Face the truth” è un brano più divertente e divertito ma allo stesso tempo anche più sperimentale, quasi una sorta di blues “destrutturato”,in cui appare un’attitudine più rilassata….e la gioia dei musicisti è palpabile,difatti tornano le improvvisazioni a ruota libera, (Da citare l’hammond liquido di Alessandro Centofanti,mentre il basso è ad appannaggio di Tetsuo Sakurai) e non è un caso che nello scorrere del pezzo,venga citato anche il riff di “Shine on you crazy diamond” dei Pink Floyd.
“Mahavishnology”,tra fusion e progressive jazz-rock,è un omaggio non velato alla Mahavishnu orchestra di John Mclaughlin:il tutto visto dall’ottica totalmente “Nuova” di Gianfranco,tra cambi di tempo arditi,stacchi funk (ad opera di Micheal Marning) e scale vertiginose,inarrivabili,eppure sempre “melodiche” e limpide;l’organo hammond di Centofanti fa il resto,dando un colore “settantiano” al tutto.
“Dinner on melrose avenue” presenta un mood spagnoleggiante,ed è un dialogo tra due chitarre classiche,tra quella del nostro e quella di Don Mock;sullo sfondo,troviamo ernesttico alle percussioni e alla voce,così come Adriano Brunelli al double bass.
La sperimentazione torna ancora su “No Way out”,anche se si fa largo una vena decisamente più rock che in altri momenti dell’album:non che sia assente la consueta dose di fusion,ma qui è tutto più tagliente e corposo,anche negli intricati riff e soli di chitarra (Gianfranco ci regala una performance davvero al fulmicotone;la velocità e la perfezione delle note suonate lasciano davvero a bocca aperta..).
Inarrivabile persino “Red clouds”,in cui il jazz si fa sperimentazione,e viceversa:qui la chitarra di Gianfranco dialoga all’unisono col vibrafono di Martino e l’organo di Centofanti;e le influenze rock (via “progressive”) tornano su “One word”,un brano scorrevole eppure sempre molto complicato,che svela anche dei lati vagamente psichedelici e perfino metal,prima che il brano si tramuti in un blues jazzato ed ipnoticamente notturno ( e stavolta c’è spazio anche per un assolo di Walter Martino)….il finale è di base free,mentre l’organo pare citare “21st century schizoid man” di Crimsoniana memoria.
La traccia conclusiva è un brano malinconico e dal sapore old time,”Moments Gone”,in cui gli archi donano-appunto-un retrogusto “antico”;Gianfranco si sposta nuovamente alla classica,per alcuni attimi di musica più rarefatti ed introspettivi,che chiudono degnamente il disco.
Dunque,un album davvero variegato e affascinante,per chi ama la vera musica,quella con la m “maiuscola”;grande tecnica e grande fantasia…ed una cura maniacale al dettaglio:nulla,infatti,è lasciato al caso in questo lavoro,ma ogni piccolo ingrediente è cesellato di fino.
La tecnica di Continenza è incredibile e portentosa;ma anche gli altri musicisti non passano certo in secondo piano:insieme disegnano una fusion “diversa”,dal taglio ultramoderno e sofisticato,che sazierà i palati più esigenti in fatto di musica,ma anche quelli che guardano alla sperimentazione per “oltrepassare” le formule classiche e aggiornarle.
Un imperdibile disco che si fa scoprire ascolto dopo ascolto,ammaliando l’ascoltatore per le sue infinite idee e per la sua musicalità innata.