ALANJEMAAL “Non ho niente da sognare” (Fermo/spento)
La storia degli Alanjemaal ha origini negli anni ’90 quando una band chiamata Rude Pravda muoveva i primi passi nell’underground;dopo vari cambi stilistici e di line-up,nel 2001 il gruppo arriva alla denominazione attuale….Nonostante questo,passano altri dieci anni per vedere il primo album del gruppo nei negozi (periodo nel quale la band affronta tutta una serie di problematiche e ripensamenti artistici);”Non ho niente da sognare”arriva nei negozi in questi giorni ed è il secondo capitolo della storia degli Alanjemaal.
Il disco è molto bello e vede una band in gran forma,autrice di un rock personale,grintoso e allo stesso tempo introspettivo:la lunga gavetta è servita,perchè il gruppo si presenta con un lavoro maturo,in cui il sacro fuoco della creatività non si è affatto spento,ma anzi,risulta avvincente e ben riuscito.
“Impassibile”apre il disco con delle belle chitarre in evidenza (e un organo stile sixties,sullo sfondo):c’è melodia,ma affrontata con gusto ed originalità;le liriche sono attualissime e invitano a non darsi per vinti (“non è sempre facile giocare senza vincere/lottare per respingere/ogni idiozia”),in quello che è quasi un manifesto programmatico del gruppo (non è difficile scorgere una certa nota autobiografica tra le righe),tra alternative rock e psichedelia morbida (bello anche il wha wha che talvolta solca le 6 corde).
“Noia e paranoia”arriva subito dopo ed è un’altra bordata di rock potente:le venature psichedeliche,velatamente 70s,sono in evidenza anche in questo brano,ma rilette in maniera totalmente personale;le liriche continuano il lavoro sull’introspezione (“come un sole che mi esplode nella testa(..)mi dissocio dalla vita e ciò che resta/e non oso dir di più”),con una punta di amarezza.
“Fulmine” è un brano estremamente orecchiabile,ma non banale:tornano ricordi degli anni ’60,grazie all’organo,ma che si mescolano subito all’energia delle chitarre e della sezione ritmica;la sfera personale è sempre al centro dell’universo,trattata in maniera enigmatica e dalle varie chiavi di lettura.
“Il sonno della ragione” è una canzone più sognante ed in qualche modo più struggente,che emoziona e commuove sia con la musica che con il testo (“sono un fiore che non sa sbocciare,che appassirà” è una frase di una bellezza evocativa unica);”Nerofumo” continua un po’ su questa linea,tra melodie limpide e viaggi nella sfera personale (“ripiego sogni che fanno male/dentro cassetti da riordinare/dirigo i passi nell’oscurità”):allo stesso tempo,però,ci sono dei cambi di tempo insoliti che donano un tocco di potenza e d’imprevedibilità in più all’insieme….e torna prepotentemente anche la psichedelia nel finale “in reverse”,collegato direttamente alla traccia successiva,”Traslucido”,una jam strumentale e chiaroscura,dalle venature acide.
“Te ne vergognerai” continua l’esplorazione di sentimenti personali (“niente di naturale,niente di speciale che non puoi comprendere/dietro lo sguardo spento che ti scruta a fondo/che non puoi resistere”),con un rock scuro e allo stesso tempo “magico” (bello il magma sonoro che mescola chitarre taglienti a tastiere avvolgenti).
“Dalle macerie” è un’altra bellissima canzone che si riallaccia ad alcune tematiche presenti in altri momenti del disco,affrontate però in maniera diversa;è un inno ad essere sé stessi e ad andare avanti,nonostante tutto,incuranti del resto ( “riprovare ad essere semplice/E convincersi che tutto è utile/sbarazzarsi di ogni malattia/lasciarsi tutto dietro/ripartire dalle macerie/affrancarsi dalle miserie”).
“Il primo vento” è una ballata psichedelica ed introspettiva,caleidoscopica ed emozionale (screziata da qualche tenue svisatura noise) ,in cui si parla d’amore in maniera non convenzionale (“trovare un senso/la via più semplice/per un amore incofessabile”);tornano anche numerosi cambi di tempo ad accrescere il fascino di un bel quadro sonico e colorato.
“Soffocare” è un brano più diretto e veloce,quasi punk come attitudine;”se ragioni,ti fai male” è la frase-chiave del testo,che gioca in maniera divertita con la sfera emotiva (e traspare un po’ di ironia).
“Inverno muto” chiude il disco in maniera umbratile e l’atmosfera si fa cupa ,ma allo stesso tempo onirica,con ricordi amari che riaffiorano (“non basta averti dato il mio amore/non basta affogarlo nel dolore”)…Il finale è una lunga coda strumentale dal sapore progressivo,che affascina e rapisce;ma c’è tempo anche per una breve ghost track dal sapore rumorista che chiude definitivamente il lavoro,”sporando”(per dirla alla Marlene).
Sono rimasto assolutamente colpito dalla bellezza di questo disco:sì,perchè gli Alanjemaal scrivono e suonano canzoni fantastiche,emozionando con grinta e convinzione…..Inoltre donano una propria visione della psichedelia,sempre cangiante e “diversa”;se è vero che abbiamo aspettato tanto per sentire la loro musica,se questi sono i risultati,vi assicuro che ne è valsa la pena.
Una band da seguire e da ascoltare con attenzione.