I Lute sono un gruppo cremonese, di Casalmaggiore, che suona da dieci anni, formato da Gabriele Ferrari alla chitarra, Gabriele Formis alla tastiera giocattolo e Alessandro Ferrari alla batteria e alle tastiere. Santa Marinaro è il loro ultimo album ed in base alle loro definizioni “è il disco della perdita, non solo fisica, ma anche psicologica. Un monito per tutte le cose e persone.” Esce in vinile bianco in edizione limitato (100 copie numerate con poster a 6 ante) e digital download su Itunes e vari store. Questa band ha all’attivo 6 dischi su vari formati e prodotti da varie etichette italiane e non (Bleuaudio, Tafuzzy, Allure (Francia) .
Le sonorità che da sempre caratterizzano il lavoro dei Lute spaziano dal Math -rock al post-rock ma sempre strumentale.
La presenza di strumenti atipici come le tastiere giocattolo iper effettate, creano una distorta e anomala armonia con gli altri strumenti.
Coprodotto da Bleuaudio Records, Vollmer Industries, Tafuzzy Records.
Promotori della BleuAudio Records / www.bleuaudio.com
Questo è il teaser ufficiale:
Il disco si può acquistare qui :
http://www.bleuaudio.com/shop-italy.html
https://itunes.apple.com/it/album/santa-marinaro/id976104052
Bene, adesso passiamo all’ascolto!
Il primo brano dell’album è una specie di intro “allargato”, stiamo parlando di quasi tre minuti e ha un titolo lunghissimo : “Parece Inflitto Lentamente Toda la Vida Que No Esperamos Llega A Su Fin Comme Une Horloge Qui Se Arrete Lorsque Vous Ne Voulez Pas”.
E’ fatto per la maggior parte di una lunga sezione di pianoforte sospesa e suggestiva dall’armonia indefinita e dai suoni riverberati, ma non troppo artificiosi.
Verso i due minuti il suono del pianoforte si mescola invece con dei suoni sintetici e il pianoforte sfuma man mano, l’atmosfera si fa vagamente pinkfloydiana.
La traccia s’interrompe bruscamente, lasciando nello spettatore un senso profondo di precarietà.
#2 ti sfonda le orecchie e le viscere con un vortice di malessere sonoro che ti annichilisce ogni sentire.
Il tutto sfocia in delle linee di chitarra ipnotiche, delle tastiere vintage che rimangono su una sola nota, lasciando nello spettatore un senso di smarrimento non indifferente, mentre la batteria segue un disegno compositivo ben preciso, accompagnando sapientemente o episodio compositivo del brano.
Ci muoviamo tra noise, psichedelia, rock e questa ricerca sonora è evidenziata anche dall’uso di supporti particolari: vedi il vinile, il cd Glass master, k7.
Anche qui andiamo poco oltre i tre minuti.
Con Canalis ci muoviamo verso armonie più rilassate, anche se non mancano le sonorità frastornanti e decadenti, le ritmiche nervose, le chitarre scarne, ma decise.
Le tastiere roboanti e desuete. Una bellissima sorpresa gli archi che fanno capolino alla fine della traccia, languidissimi.
Finale brusco come le tracce precedenti, lascia un amaro in bocca non indifferente.
Domenica delle salme è un titolo emblematico, un gioco di parole azzeccatissimo, un senso di devastazione interiore infinito.
Un intro che ha del paranormale e un andamento sonoro che accompagna le anime nella loro discesa verso gli inferi più profondi ed inimmaginabili.
Se dovessi suicidarmi, questa sarebbe la colonna sonora ideale e non sto facendo del sarcasmo, ma ho davvero i brividi, dove l’immancabile finale è un invito alla non-esistenza.
#5 Tramissioni radio dall’oltretomba probabilmente, psicofonia?
Quinta traccia di meno di un minuto, sempre con finale strappato…alla vita.
Omnia Quaecumque Habes Salva Perdet Illa è la colonna sonora della paranoia, dell’ansia della perdita.
“Salva tutto ciò che si perde” esorta il titolo in latino e in un vortice di disperazione sonora, di annichilimento della razionalità, nell’immaginario di un satanismo acido fatto di vie oscure, candele nere, carcasse di animali sacrificati, immagini sacre violate.
Extremaunciòn Asensiòn Al Cielo Por Encima De Todas Las Cosas Es Insignificante : ultima traccia dal titolo in spagnolo.
Si passa dall’italiano, al francese, allo spagnolo, al latino…come un corpo posseduto da entità che lo costringono a parlare lingue diverse forse parlate in vite passate.
Cori maschili e femminili assai funerei, uniche presenze umane o pseudo nel disco, probabilmente campionamenti.
Non c’è una voce vera e propria, forse a voler celebrare un’assenza profonda di vita, un’essenza profonda di morte, una presenza di assenza.