MANDELA”Mandela”(autoproduzione)

Oggi vi parlerò di un gruppo molto bravo che fa un genere che abbiamo avuto modo di trattare poche volte qua sul blog,ma che quando ne capita l’occasione accogliamo con molto interesse.

Sto parlando dei Mandela,un gruppo proveniente da Vicenza,per l’esattezza un quintetto dedito ad un jazz elettrico sconfinante in una fusion funkeggiante e progressiva,in una mistura contemporanea molto originale.

La line-up dei Mandela è la seguente:Matteo Scalchi (chitarra)Marco Billo -(Tastiere)

Sean Lucariello ( Tromba e flicorno)Diego Di Carlo (Basso)Edoardo Maggiolo ( Batteria) (Dopo l’uscita del disco si è unito alla band anche un sesto elemento alle tastiere,Elìa Gamba,che non compare però sul cd).

Il gruppo sviscera in queste 7 tracce tutto l’amore per la black music,quella più”raffinata”e colta ;come dice la band stessa che non lascia dubbi a riguardo definendosi”strumentalmente di colore”(e anche il nome stesso del combo è esplicito in questo senso).

Veniamo ora al succo del loro discorso musicale,analizzando le tracce del loro lavoro,che si può acquistare direttamente ai loro concerti.

L’apertura del cd è affidata a “Good Morning Mr.Ps”,un breve brano dalla struttura free ,dove tutti gli strumenti sono dediti ad un’improvvisazione-appunto-”libera”da strutture e perfino velatamente psichedelica nel suo incedere in un rincorrersi spregiudicato,ma mai pesante.

Si passa quasi subito a “Simple”,un pezzo funkeggiante e sincopato che sfocia in una fusion moderna e contemporanea,dove a turno i musicisti danno sfoggio della loro tecnica e bravura.

Difatti dopo un’introduzione affidata alle tastiere,e un dialogo all’unisono tra tutti i musicisti,appaiono nell’ordine,la tromba”Davisiana”(con sordina!)di Lucariello a disegnare un’atmosfera da jazz club fumoso e notturno.

Poi è la volta della chitarra blueseggiante e liquida di Matteo(che nel finale si lancia anche in un insolito rombo noise);e dopo un assolo alle tastiere molto moderno,mentre basso e batteria macinano implacabili la ritmica,si ritorna alla riprese del tema principale,eseguito sempre con estro ed estrema fantasia.

“In search of Teemu”si apre con una intro”free”affidata alla chitarra,che scorrazza libera;ma il brano si tramuta subito in una”mini-suite”di jazz progressivo(ma non mancano i risvolti funkeggianti,presenti in tutte le”strofe”…anzi un’altra definizione che adopererei per parlare del ritmo irresistibile del brano è funk-shake)

In 6 minuti ne succedono di cose e gli ingredienti sono molteplici:detta legge un hammond dal sapore vintage,raggiunto ben presto dai fiati.

Sembra di essere negli anni ’70 e di assistere ad una jam immaginaria tra Perigeo,Brian Auger,Nucleus e Colosseum;ovviamente,non vogliamo fare paragoni,è solo per rendere l’idea della particolare atmosfera del brano,che è per certi versi anche molto”ballabile”.

Il solo di chitarra arriva a metà brano,e ci troviamo in un mood caleidoscopico;poi,dopo la ripresa del tema principale,si sconfina perfino in territori dub-reggae,ovviamente riarrangiati alla personalissima maniera dei Mandela.

“The Flow”è un brano più meditativo e contemplativo,anche se poi riappare anche un feeling legato più ad una moderna visione della fusion(non esente da rimandi progressivi e quasi psichedelici in alcuni frangenti…..):ma i Mandela riescono dove altri colleghi all’interno del loro genere falliscono.

Infatti,anche quando la partitura si fa più complessa,i Mandela non te la fanno mai pesare e non annoiano mai,anzi stimolano con la loro creatività….è come se fossero dei”pittori del suono”,che arricchiscono la tela con vari particolari per approdare al risultato finale(che è “vincente”).

La band è sempre in grande forma,e sul finire di ”The Flow”appare anche un completo solo di batteria;questo prima che il finale sfoci direttamente nel brano successivo;”Freebet”.

Su”Freebet”torna il lato più”sperimentale”e”spericolato”dei Mandela…anche se non è esente anche un lato melodico(Dettato inizialmente da basso e tromba)….tornano anche le influenze”psichedeliche”,affidate essenzialmente agli echi e alle scorie”noise”della chitarra…

Poi il dialogo tra tutta la band si fa più aggressivo,ma mai sopra le righe;prima che la seconda parte-introdotta dalle tastiere-sia più ariosa e pacata,con la 6 corde autrice di un bel solo,raffinato e al passo coi tempi(mentre in sottofondo l’atmosfera si surriscalda nei dintorni di un funk moderno)…il finale invece svela delle curiose sonorità quasi ambient….

Che i Mandela siano degli abili miscelatori di varie influenze,ormai non è una novità a questo punto del disco,come è confermata la loro straordinaria abilità di musicisti;e”Drop the King”ne fa fede,cambiano atmosfera ancora una volta.

Qui difatti siamo dalle parti di un mood orientaleggiante;se le influenze psichedeliche in alcuni brani precedenti erano solo vaghe,nell’intro di questo brano si fanno più esplicite,complici anche le scale indiane che vengono usate dai musicisti.

Il brano poi diventa più aggressivo,grazie ad un riff cazzuto di Matteo,che porta il brano su binari decisamente jazz-rock(o se preferite di progressive rock colorato di jazz e di sperimentazione)….

“Drop the King”,quindi,è decisamente caleidoscopica ed è l’anima rock dei Mandela,fino ad ora tenuta più a freno,ma mai del tutto nascosta,ad un ascolto attento(anche se il jazz rimane il pane quotidiano e l’ossatura del quintetto)…la dimostrazione che la band non ha paraocchi,e non ha paura di sperimentare(immaginate il sound del pezzo come dei Weather Report del nuovo millennio che jammano con i Pink Floyd tenendo conto della lezione della Third Ear Band,e avrete un’idea del quadretto…ma il mix è assolutamente personale ed inedito,come sempre).

“Ethnography”chiude il disco ed è un brano originalissimo e personale,in cui influenze spagnoleggianti(bello il tema tra chitarra classica e tromba all’unisono)ed orientali si inseguono e si compenetrano per creare qualcosa di unico;potremmo definirla quasi una traccia di”flamenco fusion”….il solo della chitarra classica a metà brano sintetizza e mescola queste due anime al meglio (quella spagnola e quella arabeggiante)e si ha la sensazione che ogni categoria sfugga e non renda giustizia in pieno alla band….anche perchè il”Mandela-sound”è veramente personale,e la band sta creando veramente qualcosa di innovativo.

Questo disco è caldamente consigliato a tutti i fan della musica raffinata che non disdegnano però le emozioni;sì,perchè i Mandela,come dicevo prima,non risultano mai”freddi”,anche perchè pur dando sfoggio di grande tecnica,non rinunciano mai né alla forma né al feeling…e questo è fondamentale.

Naturalmente anche i palati più esigenti legati al jazz e alla fusion,troveranno qui pane per i loro denti:ma è un disco che saprà ritagliarsi spazio anche nell’anima di chi solitamente non mastica certe sonorità,proprio per la sua godibilità e per la sua fonte di idee che pare inespugnabile.

Lode quindi ai Mandela…che altro dire?Continuate così….!Adesso siamo curiosi di sentirvi live,e speriamo che ciò avvenga presto!

a4275558380_2374236_701493633209877_509950612_n 946616_736273366398570_1208412195_n

Webzine