MARIA FORTE”Carne(autoproduzione)”

Ci sono degli artisti che vanno avanti comunque(e per fortuna):nonostante i numerosi (e ingiusti)tentativi di boicottaggio,nonostante l’apparente poca fortuna nei riscontri commerciali,non si stancano e continuano a produrre materiale di valore,ottimo e curato in ogni dettaglio.

Perchè lo scrivere,il produrre arte non è semplice e mero calcolo:è un’esigenza vitale,è quel qualcosa che devi esprimere ad ogni costo….

Maria Forte è uno di questi artisti:i più attenti si ricorderanno senz’altro di una band alternativa chiamata Nanocaino….bene,oggi il nostro continua da sé,ma la sua proposta continua ad essere di indubbia qualità.

E il nostro eroe non si risparmia:cura tutti gli aspetti della produzione,a partire dagli strumenti(è lui stesso a suonarli tutti)fino alla scelta dei video,alla ricerca di un certo tipo di sound….e non è certo un tipo che le manda a dire,non ci sono compromessi nella sua arte come nella sua attitudine.

“Carne”è,nelle intenzioni del suo autore,il primo capitolo di una trilogia sull’omicidio passionale….inutile dire che si tratta di un lavoro intrigante.

Ed è pure un lavoro invidiabile:nonostante sia un’autoproduzione,è curatissimo in ogni dettaglio,un disco che fa impallidire molti prodotti affidati a delle major,anche all’estero.

Già dalle prime note di “sono perfetto”si ha la sensazione che questo disco verrà ricordato:questa prima traccia difatti,oltre ad avere la stoffa della hit,è una sintesi abile di riff cartavetrati,hard fino al midollo sposati ad una melodia oscura e malata,quasi darkeggiante,ma mai doma e mai ripiegata su sé stessa….

“E non guardarmi dall’alto in basso che poi in punta di piedi non sei più in equilibrio/chi ti credi di essere?”canta beffardo Maria Forte e c’è da credergli;il sound è corposo e perfetto,coi piedi nel presente e-perchè no?-anche nel futuro.

“Autonomo”è una violenta bordata post-grunge,che sembra uscire dai fumi di Seattle;grinta da vendere,chitarra e basso distortissimi che fendono l’aria e una batteria aggressiva,cadenzata e implacabile….senza rinunciare alla melodia rock e alla forma canzone. E anche quando le parole si fanno più crude(“le mie dita saranno le mie cinque puttane”)non si rinuncia mai ad un certo tipo di poesia visionaria,per così dire.

“Jargar”eredita cadenze quasi stoner industrial,in un contrasto acre con la melodia”pop”(inteso in senso nobile):metaforica quanto basta(“lucido e freddo come metallo/tagliente e teso oltre ogni limite elastico”),è un altro brano curatissimo,pietra d’angolo di questo concept,una sorta di”manifesto sonoro”del disco.

Belle le chitarre,in grande spolvero(ma non è da meno il resto,come sempre visceralmente perfetto,ma in una maniera”umana”).

Si cambia decisamente atmosfera con”Bisogno di te”,un brano molto moderno,dalle cadenze electro-pop(ma le tinte scure non cedono mai,seppure qui siano interpretate in maniera completamente diversa)

Uno spaccato sui rapporti personali(“vorrei solo poter non avere bisogno di te”declama l’accattivante ritornello)ed un pezzo che si fa sicuramente ricordare(e che ancora una volta potrebbe essere una hit,ne ha tutte le caratteristiche),che svela anche qualche influenza anni ’80 nel ritornello.

Distorto è anche il feeling di”Una dei miei tarli”,alternativo e catchy quanto basta;le chitarre sono sempre delle sciabolate roventi che riflettono la crudezza delle liriche(“sei i miei demoni/tutti i miei demoni”)per un brano dalla melodia agrodolce. Arioso l’assolo di chitarra,molto ben fatto,così come sono ottimi i riff finali che donano ampiezza al brano nella sua coda,nonostante l’amarezza del testo nel finale(“nella fossa scavata in due,ci sei soltanto tu”).

Inquietante è”Il gatto di Schrodinger”col suo basso rimbombante,e i gelidi reverse che adornano il pezzo;poi il brano si evolve in una cavalcata dal sapore quasi metal.

La title-track potrebbe fare gola a Trent Reznor ,data la sua atmosfera noir,mischiata a cadenze electro(ma”vive”e pulsanti)e loop paurosi;anche il testo non è da meno,essendo tagliente come una lama(”Faccio fango di quel che trangugio/ma io il fango lo mangio pure/c’è chi fa merda dal suo stanzino/chi in stanze più grandi si smerda di più/non mi cambierai mai”).

Maria Forte non rinuncia nemmeno alle provocazioni,senza peli sulla lingua;in questa ottica va letto un titolo come”Zyklon b”(il nome deriva dal gas usato dai nazisti durante lo sterminio degli ebrei)…musicalmente è un breve lampo strumentale che si ricollega a certe atmosfere”Mansoniane”(era”Antichrist superstar”)ed è una sorta di evoluzione (e estremizzazione?)del mood del brano precedente(tra elettronica e hard”metallizzato”).

“Tornerò fantasma”è un brano più orecchiabile,anche se non rinuncia mai alle rasoiate elettriche(e c’è anche un pianoforte così malinconicamente notturno);è un brano pessimista,che indaga sulle pieghe più oscure del protagonista(“quello che rompi lo paghi caro qui/sento l’abisso dentro me/ho le vertigini e non ho più appigli qui”).

“Maciste contro tutti”è un’altra cavalcata sonora tra schegge di metal moderno e melodia orecchiabile ed insolita(un connubio davvero ben riuscito);più introspettivo il testo(“non sarai tu a dirmi né il come né il dove né il se arriverò/fingendo esperienza,fingendo saggezza/e credere in ciò che si fa/non è sinonimo di boia/non sarò borioso se lo difenderò”).

L’elettronica ritorna su”locusta”,senza rinunciare mai alle esplosioni(affidate a duri riff di chitarra);tuttavia è un brano per così dire più pop(o meglio,è la versione che può dare Maria Forte del pop,ovvero obliquo e criptico),anche se venato di oscurità(“sono il bubbone che ti soffoca/che si avvelena per avvelenare te(..)tu che non risparmi mai/non semini mai/tu ladra senza guai(…)tu non lasci indietro niente”).

La mente deviata dello stalker (ovvero il protagonista) viene esplicitamente(e ampiamente) raccontata in”Mostro”(“sulla cattiva strada/mi c’hai già portato sai/sono un mostro ormai”),un bell’esempio di hard rock melodico moderno,con i nervosi cambi ritmici che sembrano un drum&bass metallizzato e proiettato all’inferno,con iniezioni di melodia apocalittica.

Il finale,filtrato e intriso di elettronica,ci porta in atmosfere malsane e umbratili,che puzzano ancora una volta di più di zolfo.

“tutti se ne vanno ormai”è un breve brano dai cambi insoliti,velatamente progressive rock nel suo incedere(o almeno questo sembra essere il punto di riferimento”sotterraneo”della musica);l’introspezione ancora una volta la fa da padrona(“avrai pur fatto qualche errore che non ti vuoi perdonare più/e poi tutti se ne vanno via/e non sai se ridere o piangere/e fare del male come lo hanno fatto a te/per dimostrare di esserne capace”)e le parole feriscono,lacerano il petto in maniera spietata.

Il disco si conclude con”male male male”,una traccia manco a dirlo malatissima che si riallaccia ad atmosfere di rock”deviato”e destrutturato in maniera moderna;anche il ritornello è un’orgia di melodie”trattate”e”rivoltate”e le liriche riflettono questa inquietudine di fondo(“ho oltrepassato già lo stadio terminale”);eppure il finale presenta anche delle parti stranamente ariose,ma mai banali.

Come dicevamo all’inizio”Carne”è il primo capitolo di una trilogia:come avrete capito qui si parla di una mente disturbata,un uomo che è stato respinto dal mondo e che cerca di ribellarsi e di vendicarsi dei torti subiti.

Nel secondo capitolo che uscirà poi,”Iceberg”,il nostro protagonista diventerà (finalmente?)un killer spietato e saranno cazzi amari per le vittima-o le vittime?-(che subirà 1000 volte tanto quello che ha fatto subire a lui,ma in maniera mortale e definitiva),mentre nel terzo,”Brace”,il boia sarà ucciso dai suoi stessi sensi di colpa e dal rimorso.

Con delle premesse così,è impossibile non rimanere affascinati dal lavoro di Maria Forte:ed è la dimostrazione che se c’è passione e sincerità,si può farcela prima o poi…

Noi auguriamo tutto il meglio a questo singolare artista,perchè è bravissimo e non ha nulla da invidiare a produzioni più blasonate….e la complessità della trama di questa rock opera(perchè di questo,in fondo,si tratta)è così affascinante che potrebbe anche trasformarsi in un film(da parte mia ce lo vedo,in un’atmosfera decadente stile”fantasma del palcoscenico”di De Palma,tra glam,horror e menti (dis)turbate)…ma nonostante i pezzi siano molto elaborati come arrangiamento,non si scivola mai nella pacchianeria e tutto è scorrevole e gradevole,anche quando il sentiero è nudo e crudo.

Complimenti ancora Maria Forte:stay rock and stay crazy!!!!!!!

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