A cura di Elena Schipani
I Nuovo Corso Cafè sono un gruppo di giovani milanesi passati dall’essere compagni di scuola all’essere
compagni di musica. Il loro progetto era infatti quello di creare una realtà musicale con una sorta di
dimensione famigliare. Da qui il nome: Nuovo Corso Cafè che potrebbe benissimo essere il bar sotto
casa dove il proprietario del locale è un amico, alle volte perfino un confessore, e gli altri clienti sono
come fratelli da raggiungere a fine giornata per bere una cosa in compagnia, scambiare due chiacchiere ed
opinioni.
La loro avventura musicale ha due tappe fondamentali: l’apertura per Davide Van De Sfroos a San Siro e
il crowdfunding per la realizzazione del loro primo EP intitolato “Babilonia”.
“Babilonia” è uscito lo scorso 24 aprile e si compone di sei tracce. Lo stile musicale è molto semplice,
essenziale, c’è una grande presenza dell’elemento acustico, ed è proprio questo il punto forte del lavoro:
una melodia molto piacevole che è la perfetta cassa di risonanza per le parole. I testi si muovono tra due
dimensioni: una prima, più intima e personale e una seconda più rivoluzionaria; entrambi questi due
mondi si incrociano però nel voler far riflettere l’ascoltatore.
“Babilonia” è il punto di partenza di tutto. Una roccaforte che ci si costruisce nel momento in cui si viene
feriti e nella quale ci si vuole rifugiare lasciando tutto, e tutti, al di fuori. Ma forse, la Babilonia personale,
non è altro che lo stimolo a ricominciare nonostante le batoste avendo il coraggio di uscire dalla propria
safety zone. Questo il significato dell’album e dell’omonimo brano.
“Dea” racconta di un amore talmente forte da riuscire a rendere fragile persino un dio. Una divinità
all’apparenza indistruttibile, antica ed esperta delle cose dell’universo, che però si piega come un essere
umano qualunque di fronte all’amore per una donna.
“Briciole” è la storia di un incontro. Il vuoto che c’era prima a poco prima, a poco a poco viene colmato
dall’arrivo di una nuova presenza che, come per magia, riesce a far rinascere la speranza e a fare in modo
che la vita ricominci a splendere. La vita è una e va vissuta pienamente senza farsi abbattere dalle
delusioni.
“La Grande D” è un brano che parla d’amore ma racchiude in sé l’intento di denuncia politica. Dopo
l’elezione del presidente Madura in Venezuela, Maria, che è colombiana, si vede costretta a dover tornare
nel suo paese (“Maria era nata 100 m un po’ più indietro”). Per vederla, il suo innamorato ogni sera va al
confine tra Colombia e Venezuela dove lei danza.
La “Scatola” della quale si parla in questa canzone è un rifugio interiore. Quando tutto va male e ci si
ritrova delusi da tutto, e da tutti, ci si rinchiude in questo luogo. Per uscire bisogna avere il coraggio di
lasciarsi aprire da qualcuno, fidandosi a tal punto da riuscire a far distruggere quelle pareti che tanto
danno sicurezza ma che imprigionano.
“Rosa dei venti” segna la fine dell’album ma l’inizio del viaggio. La rosa dei venti guida chi si è perso,
indica la strada ed è esattamente quello che si deve fare. Ma tra tutti il vento più forte è la Tramontana, il
vento del Nord. Silenzio, chiusura, freddo ma la bussola, perchè funzioni, deve sempre indicare il Nord.
E’ da lì che si può, e si deve, ripartire.