SULLE TRACCE DELL’AFFASCINANTE MONDO SONORO DEGLI OSLO TAPES+Intervista a Marco Campitelli

OSLO TAPES(Un cuore in pasto a pesci con teste di cane)
(cd-cooproduzione Deambula rec./Dischi Bervisti/Acid Cobra/Overdrive rec./Dreaming Gorilla /atelier sonique)

La musica degli Oslo Tapes è un caleidoscopio di sonorità emozionali,talvolta rarefatte,talvolta graffianti,in cui è meraviglioso perdersi;dietro a questo interessante progetto si celano i nomi di Marco Campitelli(The Marigold,oltre che deus ex machina della DeAmbula records,per cui il disco esce,in coproduzione con altre label)e Amaury Cambuzat(Ulan Bator,Faust),accompagnati da vari ospiti della”grande famiglia”del rock indipendente italiano(eccoli,nel dettaglio:Nicola Manzan (Bologna Violenta), Gioele Valenti (Herself), Francesco D’Elia (King of the Opera, La Duma), Andrea Angelucci (Zenerswoon, Parente M.), Ferruccio Persichini e Irene Antonelli (T.V. Lumiére), Stefano Venturini e Alessia Castellano (Werner), Luca Di Bucchianico, Mauro Spada (buenRetiro), Valerio Anichini).
Ma veniamo subito al disco,perchè di cose da dire gli Oslo tapes ne hanno molte,e tutte di valore(in coda all’articolo,poi,sarà lo stesso Marco ad illustrarci meglio i pensieri legati alla musica della band,avendoci concesso una breve ed interessante intervista che,quindi,leggerete in fondo);la loro musica ha una personalità ben distinta,e sfugge ad un’unica collocazione,ricca com’è di sfumature e momenti diversi,estremamente personali ed eleganti.
Il disco si apre con “alghe”,un cadenzato esempio di psichedelia dark moderna,o free-rock,come lo chiamerebbero gli stessi Oslo Tapes.Un testo molto personale,introspettivo,su un tappeto sonoro che avanza come un macigno umbratile,nell’infinito gioco di chiaroscuri.
Non c’è tempo di respirare,però,perchè arriva “Attraversando”,un viaggio sonico di quasi 6 minuti,che si snoda tra crudezza sonora e  un recitato molto personale(“Non m’importa se le nuvole sopra di noi/si allontanano con la stessa aria che respiriamo/e se la luce ogni sera/ci sorprende/anche quando sono i nostri occhi quelli che chiudiamo”),senza tralasciare la sperimentazione sonora(si sente la mano,inconfondibile,di Cambuzat).
“Distanze”è una delicata ballata acustica,rilassata,che svela il lato più intimista degli Oslo Tapes;anche il cantato lascia da parte per un attimo le asprezze dei brani precedenti,per una bellissima malinconia riflessiva(“ma il grigio ora è più tenue/non sono le distanze/da qui sembra neve”).
“Nel vuoto”continua il viaggio tra tematiche interiori,ma in una variante  lievemente più acida,ammantata da una melodia darkeggiante,che si staglia su un campo di chitarre lucenti,sempre in bilico tra tensione emotiva e atmosfere più distese.
“Imprinting”parte come una bordata sonora di avant-rock,tra dissonanze e laceranti riff;ma dopo i primi,mastodontici minuti,il brano si trasforma e svela la sua anima poetica.Difatti si tratta di un’ottima poesia sonora,in cui l’insolita melodia e i riverberi chitarristici creano un morbido affresco sonoro e,allo stesso tempo,ipnotico che si trasforma ulteriormente nella seconda parte,nella coda strumentale ,che riprende le intuizioni dell’inizio,però dilatandole in uno spazio psichedelico-atmosferico.Un brano ricco di sfumature differenti,tra i più belli del disco( e anche tra i più lunghi,si viaggia sui 9 minuti,che scorrono via che è un piacere).
Una sorta di breve marcia onirica,ma non priva di fascinazioni melodiche è “Nove Illusioni”,su cui continua il percorso introspettivo a livello lirico(“L’illusione è la noncuranza”).
La voglia di sperimentazione sonora e di rompere gli schemi che riecheggiava su”Nove illusioni”,torna più evidente in “Impasse”,con la componente noise più accentuata(ma senza esagerare,anzi,rincorrendosi con la melodia stessa del brano nella parte finale).A suo modo,un brano dall’incedere maestoso.
“Marea”è un pezzo attraversato da due anime distinte,che si compenetrano:se la prima parte è un soffice drone di percussioni e chitarre acustiche,dominato da un cantato malato(in riuscito contrasto con gli arpeggi),la seconda presenta un’atmosfera più pacata,morbida,con un soffio di percussioni elettroniche.Anche il cantato diviene più rilassato ed è lo specchio del brano(“bassa marea/qui non si affonda/Alta marea/siamo lontani”),dominato da archi e chitarre acustiche,sempre delicatissime,a rincorrere delle tinte color pastello.
Ma le differenti anime degli Oslo tapes non sono certo finite qui,perchè arriva ben presto la rapida fiammata di “Les elites in flammes”,cantato in francese.Un brano nervoso e spedito,dall’attitudine e dalle sonorità rock&roll(visto però sempre in un’ottica”Oslo Tapes”,e quindi distorto e tagliente)che una volta entrato in testa,non ne esce più.
Bellissimo è “Elogio”:un brano essenzialmente strumentale, in cui la componente psichedelica si fa più accentuata,adattissimo per una colonna sonora(e abbiamo scoperto poi,che la voce che attraversa il pezzo è tratta dal film”Stalker”di Tarkovsky,come racconterà in seguito lo stesso Marco).Le trame sonore sono ricche e affascinanti,con l’eleganza dell’organo farfisa a infiltrarsi qua e là tra le trame chitarristiche:un”viaggio”sonoro indimenticabile,che nel finale svela il suo lato più”sperimentatore”.
A chiudere il disco,la misteriosa”Crux privèe”,un brano di grande significato per la band,che chiude in maniera riuscita il disco,con le sue spirali tintinnanti che scavano nel profondo.
Gli Oslo tapes,come dicevo poco fa,hanno una personalità ben evidente e questo lavoro va ascoltato con estrema attenzione per carpirne l’indiscusso fascino.Un disco che sa accarezzare dolcemente,come graffiare interiornente,senza essere mai scontato e banale,anzi riuscendo a catturare l’attenzione viva per tutta la sua durata.
A questo punto,però non potevamo non saperne di più,e abbiamo chiesto a Marco Campitelli(come avevamo anticipato all’inizio di questo articolo)alcune cose su questo album,e gentilmente lui ci ha risposto.Di seguito riporto,quindi la piccola intervista”via web” che ci ha concesso,esattamente così com’è stata concepita,senza tagli;noi,intanto,ringraziamo e riascoltiamo per l’ennesima volta gli Oslo Tapes,che ci hanno letteralmente rapito…..
INTERVISTA A MARCO CAMPITELLI
(D=domanda,R=risposta)

D:Oslo Tapes è un nome molto evocativo,come la vostra musica.Anche se la domanda vi sembrerà banale,vorrei sapere un pò le origini sul vostro nome,molto curioso e bello,adattissimo al progetto.
R:Molto banalmente ho scelto il nome Oslo dopo un viaggio fatto in questa città, la luce della sera, la sua aria, i suoni, tante piccole cose che hanno stimolato i miei sensi e mi hanno portato a rendere omaggio alla capitale norvegese. Immediatamente ho fatto l’accostamento con il la parola Tapes per dare una connotazione “musicale”. I nastri da sempre nei miei ricordi fin da bambino…e che spesso uso per suoni a bassa definizione con vari registratori.

D:.I testi mi pare di capire che riguardino molto la sfera personale e che lascino spazio all’introspezione,oltre che alla libera interpretazione.Mi piacerebbe saperne di più,se possibile.
R:Sì esatto, mi piace evocare sensazioni e stati d’animo che riguardano l’intimità dell’individuo, quindi inevitabilmente i testi assumono un taglio introspettivo. E’interessante poter stimolare l’immaginazione e l’interpretazione altrui.

D:La vostra musica è difficilmente etichettabile in una sola parola(e secondo me è un grosso pregio!);c’è il lato più rock,come c’è il lato più sperimentale,e così via.Il tutto è miscelato sapientemente insieme.
Quali sono le vostre influenze musicali principali?
R:”Free rock” direbbe Amaury…la musica si deve muovere in base a come ti senti in quel determinato momento, ovviamente siamo vicini alla sperimentazione di matrice kraut e noise.

D:I vostri altri progetti(Ulan Bator,Marigold)hanno influenzato in parte la musica e i testi degli Oslo Tapes,o viceversa,pensate che gli OSlo influenzeranno gli altri vostri progetti in futuro?
R:Non credo, ogni band ha una sua “filosofia” ed un modo di “vivere”…ma sicuramente l’impronta musicale c’è ma senza richiami alle band seminali. Oslo Tapes sarà un progetto che si muoverà in modo indipendente senza invadere il campo o la musica dei Marigold.

D:Credo che la vostra musica potrebbe essere perfetta per una colonna sonora di film d’autore.Vi è mai capitata l’occasione di sonorizzare un film o un cortometraggio?
R:Me lo dicono in molti, su “Elogio” abbiamo utilizzato la voce della nell’ultima scena del film “STALKER” di Andrei Tarkovsky, quel film ci piace molto e offre molti spunti di riflessione. Ma anche il resto dei brani sono stati concepiti con una serie di “visioni” personali che avevamo in mente.
D:Quindi,siete amanti del cinema?
R:Questa sorta di tributo a Tarkovsky rende esplicito l’interesse verso quest’arte.

D:Marco,oltre ad occuparti degli Oslo tapes e dei Marigold,ti occupi anche della Deambula Records.Come riesci a fare conciliare il tutto?
R:Me lo chiedo anche io considerando che devo fare un altro lavoro per vivere, penso che tutto derivi dall’importanza che questo mondo ha per il mio benessere, l’esprimersi senza le censure e le paure quotidiane, mi aiuta a creare un ponte fra me e gli altri che ascoltano o producono la loro musica.

D:Qual’è la situazione live in cui vi sentite più a vostro agio?
R:Di fronte a persone attente!

D:Qual’è il brano che credi vi rappresenti di più musicalmente e a livello lirico di questo album?
R:Ogni canzone ha una sua prospettiva…ma sono molto legato al testo di “Crocefissione Privée”, che risale al 2001.

D:Grazie per la pazienza!Speriamo di vederci live.Ultima cosa:cosa consiglieresti ad un fan della band che vorrebbe fare musica propria con la vostra attitudine?
R:Grazie a te Francesco! Bhè, scrivere e suonare tutto con grande sincerità senza preoccuparsi di cosa è più di moda

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