A ottobre 2022, la band di Sheffield è tornata con il settimo album in studio, dopo una lunga attesa dal rilascio di “Tranquillity Base Hotel & Casino”, che risale al 2018. “The car”, prodotto dallo storico produttore e membro dei The Last Shadow Puppets James Ford, arriva preannunciato da ben tre singoli, a differenza dell’ album precedente, che ara arrivato come un fulmine a ciel sereno, spiazzando i fan con temi e sonorità del tutto rivoluzionate.
Nel caso di “The Car”, la delicata “There’d Better Be a Mirrorball”, la maestosa “body Paint” e il provocante Wah Pedal di “I Ain’t Quite Where I Think I Am”, hanno preparato pubblico ad aspettarsi degli Arctic Monkeys che costruissero sulle fondamenta stilistiche poste nel 2018, ma non solo, i tre singoli hanno anche introdotto l’ elemento dell’ orchestra, componente fondamentale di tutto il disco. Quello che risulta al primo ascolto è che si tratta, come per il disco precedente, di un album difficile da comprendere e apprezzare al volo: dopo l’ esperienza lunare a 360°, con “The Car” si ritorna sulla terra, tra amori, sentimenti, consapevolezza del tempo che passa e inviti ai fan stessi ad accettare il cambiamento ( possibile lettura di “Hello You”).
Alex Turner continua a sperimentare con melodie di stampo Jazz, che a volte portano ad attimi di smarrimento della forma canzone tradizionale, oltre a destreggiarsi in un’ ampia varietà di registri vocali, tra i quali spicca anche in questo disco quello del falsetto. La presenza dell’ orchestra rende il sound del disco decisamente di più ampio riparo rispetto a cinque anni fa, ma forse lo rende talmente ampio da risultare strumentalmente vuoto in determinati punti. Infatti, al puzzle perfettamente completo di “Body Paint” e della title track, si alternano tracce come “Hello You o “Jet Skis On the Moat”, dove la sola orchestra non basta a dare la spinta che servirebbe e si sente il bisogno di un intervento leggermente più deciso del basso, come avveniva in “ Tranquillity Base Hotel & Casino”.
Oltre a questo, si avverte che certi brani ( “Perfect Sense”, “Mr. Shcwartz”) potrebbero avere delle chiusure più definite e decise. Per concludere gli aspetti meno convincenti del disco, una migliore disposizione della Tracklist, con “The Car” come Opening Track e l’ aggiunta di un’ altro brano oltre s “I Ain’t Quite Where I Think I Am” che contribuisse ad Accelerare il ritmo generale. Detto questo, che sia dopo un ascolto o dopo quattro, ci si rende conto che si parla di un disco magistralmente prodotto, dietro al quale ancora una volta si vede la ricerca che solo la passione nel fare musica prima per sé stessi e per divertirsi può spingere a intraprendere; degni di nota sono i rimbombi quasi “sismici” dei sintetizzatori in “ Sculture
Of Anything Goes”, traccia in cui, più di tutte, si evidenza come la band volesse spingersi verso nuovi confini. Dopo cinque anni gli Arctic Monkeys ci regalano un disco delicato, estremamente elegante, dall’ atmosfera vagamente noir. Certo, è un disco che si può apprezzare a pieno solo in situazioni o stati d’ animo particolari, ma che ci ha dimostrato già dai primi live, di saper colpire con la giusta potenza anche dal vivo. Ovviamente ci sono degli aspetti migliorabili, ma questi sono sempre da tenere in conto quando si ha il coraggio di mettersi in gioco ed esplorare.
VOTO: 8
TRACCE CONSIGLIATE: “Body Paint” , “Hello You”
A cura di Alessandro Zanetti