A cura di Francesco Lenzi

THE CARRIAGE “Alterazioni” (autoproduzione)

The Carriage sono una giovane band perugina che ha davvero tanto da dire,e lo fa molto bene:”Alterazioni” è il loro secondo lavoro (ed il primo a lunga durata,dopo un EP uscito un paio d’anni fa).

La band è formata da: Matteo Mora (voce), Filippo Marinacci (chitarra) Leonardo Mincioni (basso),Cristina Improta (violino,tastiere) e Federico Caldari (batteria).

Il sound del gruppo è personale e accattivante,ma al tempo stesso ricercato:difatti nel loro rock si rincorrono varie influenze,tutte amalgamate in maniera originale.

Questo risulta evidente fin dal brano d’apertura,”Assenza”,una canzone introspettiva (sia nella musica,che nelle liriche) e variegata,in cui ricordi alternativi si sposano a passaggi psichedelici.

Anche “Informe” sembra seguire l’introspezione come tema (“Non riesco a vincere /la morsa che mi trattiene impotente” è la frase-chiave di un brano incentrato sull’inquietudine del vivere quotidiano del protagonista),seppur vista con candore più limpido musicalmente parlando  (cristalline e rilassate le chitarre,anche quando la musica diventa più aggressiva e tagliente);riaffiorano qua e là anche sensazioni psichedeliche e hard/grunge,sempre viste da un’ottica personale.

“Illusione/realtà” è una ballata umbratile dai toni velatamente dark (“dentro me/tutto è fermo,immobile,pietrificato”) e dall’andatura drammatica palpabile e credibile (c’è anche una sfumatura progressive nello svolgersi del pezzo,anche grazie al violino di Cristina);”Mancate parole” è un brano più ruspante,che mescola un sentore bluesy anni ’70 nelle strofe a ritornelli più potenti (irresistibile il riff del basso distorto),ma sempre melodici ed estremamente ricercati,mai scontati (le liriche continuano ad affondare sulla sfera personale:”i tuoi sorrisi mi stregano/oramai sono al confine/tra realtà e finzione/ma qualcosa cambierà/raccoglierò la forza/per restare davanti a te senza scappare”). Il finale è una sorpresa con numerosi cambi di tempo inaspettati e meditativi.

“Apri la gabbia Sven” è un brano inaspettato,in cui ritornano sapori progressive,mescolati all’attitudine psichedelica che permea il sound del gruppo:le dinamiche sono particolarmente riuscite,ed alternano passaggi quasi funkeggianti a sequenze oniriche e misteriose,ricche come sempre di feeling e maestrìa.

“In media res” ha un’andatura misteriosa e lisergica,mentre il testo narra grandi verità con semplicità (“sento che non c’è rimedio,per chi si limita a vivere a metà/schiavo di una vita ormai senza ambizioni”);”L’intrusa” amplifica le suggestioni psichedeliche (e ci sono perfino ricordi celtici nell’introduzione,con le tastiere che ricalcano il suono della cornamusa) in una spirale di emozioni forti:la musica si sposa perfettamente con le curiose inquietudini del testo (“quando sono con te,io penso a lei/la sua immagine mi tormenta/e con la sua luce dirada la tua essenza”),regalando all’ascoltatore riuscite sequenze umbratili (la band sembra dare una sua rilettura personale del dark sound dei primi anni ’70,rielaborato e riverniciato a nuovo,quasi una jam tra High Tide e il Jeff Buckley più lirico).

“Amare ore grigie” è un brano che gioca tutto su dinamiche chiaroscure alternate,ed è forse uno dei miei brani preferiti,con una melodia decisamente azzeccata (e le chitarre che mi riportano alla mente i Marlene Kuntz più recenti e “raffinati”;il finale è un trip acido tortuoso e affascinante,col basso distorto ed il violino in evidenza,a disegnare spirali ipnotiche);”Non è vera follia ripetere le stesse azioni/sperando che cambi qualcosa” canta Matteo con acuta disillusione e poetica rabbia controllata.

“Maschere dorate” ci riporta su atmosfere oscure e sottilmente criptiche (torna una certa inquietudine di fondo che è un po’ il trademark della band),tra ricordi settantiani ed un ritornello cadenzatissimo,ma graffiante;la finale “Rinascere” è una visione quasi doom/stoner (difficile resistere al riff sabbathiano della chitarra!),sempre vista dalla personalissima “lente psichedelica” del gruppo ,con delle liriche cariche di speranza (“Sento il vento e la linfa crescere/il sapore della vita/che acceca e mi fa rinascere) che vanno a chiudere degnamente il disco.

Un bel disco veramente,per una band che ha idee chiarissime sul da farsi e delle qualità notevoli,sia in fase compositiva,che di esecuzione:la personalità c’è,l’originalità pure,sia nella voce,che nel padroneggiare gli strumenti…..Non ho nulla da obiettare su questo lavoro:un disco caleidoscopico ed interessantissimo,capace di coniugare vari momenti diversi e che saprà unire sia i fanatici di certo alternative rock sia i nostalgici di sonorità prog…il tutto condito da un’attitudine impressionante.

Una band fresca e giovanissima,eppure già matura. Bravi davvero!

foto gruppo

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