KABILA “Yallah” (Soffici dischi)

I Kabìla sono una delle più importanti e notevoli realtà nel panorama musicale aretino:la band comincia a suonare con questo nome nel 2007,ma i più attenti ricorderanno senz’altro un gruppo che da anni calcava le scene nei locali della toscana e oltre,i Tribe Revolution….le radici dei Kabìla vengono da lì;poi si sono trasformate,modellate e personalizzate fino ad arrivare alla denominazione attuale.

La storia dei Kabìla (che,sono formati da:Emad Shuman-voce;Mirko Speranzi-voce,tastiere,piano;Cristiano Rossi-oud,saz;Adriano Checcacci-batteria,percussioni,loop programming;Gabriele Polverini-chitarre;Marco Chianucci-basso) sembra quasi una favola rock,che ha attraversato vari momenti,anche difficili (la scomparsa del primo batterista Marco-che era tra i fondatori-nel 2009):ma da questi ultimi il gruppo si è prontamente rialzato ed è giunto alla maturazione di un sound totalmente personale,che incorpora world music,progressive rock e tanto,tanto altro ancora….oggi il risultato lo possiamo ascoltare tutti nel loro particolare sound.

“Yallah!” è il loro terzo album,e posso tranquillamente affermare che si tratta del disco della maturità per questo gruppo:i musicisti sono tutti in grande spolvero,e donano tutti-con la loro personalità-qualche ingrediente in più all’insieme;il risultato è un caleidoscopio dalle mille influenze,tutte variegate e diverse,eppure sapientemente miscelate tra di loro. La produzione (com’era avvenuto per i precedenti dischi) di Massimo Giuntini (Ex polistrumentista dei Modena city ramblers,adesso nei Whisky Trail) fa il resto ed è eccellente,anche perchè Massimo non si limita  ad essa,ma ha anche suonato nel disco (e pure in alcune date live) e ha dato il suo contributo anche in fase compositiva in alcuni brani.

In sintesi,si può ormai parlare di un compiuto Kabìla-sound:forse è proprio questa la definizione migliore per “inquadrare” in una parola il genere del gruppo (sempre che questo possa essere utile)….Adesso andiamo ad analizzare insieme le tracce dell’album,una per una.

“Dabkeh” apre il disco,e già balzano all’orecchio alcune novità:al “melting pot”etnico- progressive della band,si sono aggiunti ulteriori,affascinanti ingredienti;le chitarre sono ancora più taglienti che in passato,e si mescolano con sapienza agli strumenti etnici,mentre le liriche-ricche di metaforica poesia- segnano un parallelo tra danza e femminilità (“è la danza scolpita un quadro che ha/volto di donna rubato all’eternità”)….ma è presente sullo sfondo anche un suadente mood electro,mai invadente,ma al passo coi tempi;il finale,poi,sfocia in suggestioni psichedeliche (che poi ritroveremo anche più avanti),prima di un ritorno a ricordi prog (complice il moog di Mirko Speranzi,che è anche una delle due voci del brano-quella italiana-insieme ad Emad Shuman:anche questa è una caratteristica tipica e vincente dei Kabìla,quella dell’alternare il cantato in due lingue,l’arabo e -appunto-l’italiano).

La title-track arriva subito dopo ed è un brano dal potenziale enorme:potrebbe essere un singolo di successo,data la sua estrema orecchiabilità ed originalità….Il testo riprende una tematica cara alla musica (pop,rock,ma non solo),quella “della strada”,qui vista però come crocevia di culture,emozioni e-perchè no-perfino mistero (“la lunga strada per chi ha niente o tanto/stretta,nuda e tortuosa di più/ogni bivio è un mistero”);musicalmente è un brano sinuoso,che coniuga alternative rock e rimandi progressive nelle strofe,mentre il ritornello è davvero irresistibile,una danza sfrenata che invita alla positività (nella canzone appare anche una terza voce,quella di Chady Dalaty-Ya see dee,che dona un ulteriore sapore di world music a tutto l’insieme).

“Due stelle” è una ballata struggente e meditativa,anche nel testo (“due stelle,due incanti/due inverni in un sole”),adornata da una chitarra cristallina (bellissima ed emozionante la parte di Gabriele “Cato” Polverini) e da un ulteriore ospite (Gabin Dabirè) che duetta-nella seconda parte-con la voce solista di Mirko.

Ma le sorprese non finiscono qui;ed ecco arrivare “Confini”,un brano dall’andatura decisamente più psichedelica,in cui la voce di Emad si stende sugli strumenti etnici con fare avvolgente (ma non mancano i riff potenti e distorti,che donano un tocco deciso e rock in più;Raffaello Simeoni partecipa ai cori),cantando con Mirko la voglia di abbattere le barriere (“muri cedono nella mente  ma/tra i confini risorgono ancora e non crollano/ma s’innalzano quando non c’è quel vento in cui credi”).

Anche “L’ultimo grido” prosegue liricamente su sentimenti di pace universale,e sulla volontà di creare un mondo migliore (“salvami da qui/dagli uragani d’uomini/che sbranano radici e palpiti/e tutto tremerà”),mentre il sound è una volta di più progressivo (le influenze provengono dai ’70-complici le avvolgenti e suadenti tastiere-ma aggiornate ai nostri tempi e,soprattutto,personalizzate),e si mescola benissimo all’andatura orientaleggiante creata da Cristiano , Massimo Giuntini (e da Shady Hasbun) sullo sfondo.

Il sapore etnico prevale anche su “Ummi”,miscelato ad un sound al passo coi tempi:ma è anche un brano in cui il blues è più presente,grazie al tocco di “Cato”,che ci dona un bellissimo assolo carico di feeling e creatività emozionale.

“Al di là del ponte” è un’altra canzone accattivante,che ti fa venire voglia di muoverti e ballare;tornano le tastiere che avvolgono ed emozionano con fare orchestrale e progressivo,mentre la base ritmica è ficcante;il testo si muove su binari più enigmatici,ma con diverse chiavi di lettura (“peccatori slegati ritrovano mani e impronte di eroi/al di là di quel ponte….si nasce”).

“Strade di Beirut” si apre con un campionamento della cantante Fairuz,ed è un brano più malinconico e notturno,in cui riaffiorano ricordi e appunti di viaggio personali (“strade di Beirut/la bellezza in una donna Dea/strade di Beirut/da una chiesa fino a una moschea/per chi sceglierà”) con in sottofondo un sound funkeggiante e molto fresco,godibile.

L’amore per le atmosfere riflessive riaffiora su “Volo di rondine”,una ballata dall’attitudine malinconica,ma che suggerisce comunque positività (“Ali per rinascere/ali per sorprendere”);il finale del disco è affidato ad una cover,”Sidun”,in origine tratto dal più “etnico” dei dischi di Fabrizio De Andrè (“Creuza de ma”):i Kabìla naturalmente “personalizzano” il brano,che sposa in maniera riuscita sonorità etniche ed elettroniche,con un’ulteriore sorpresa,la voce narrante di Andrea Chimenti…..e non è un caso che il brano si evolva  man mano in un’incalzante mix personale di suggestioni dark prog,con più d’un rimando ai migliori ’70 (soprattutto quelli più oscuri del catalogo Vertigo),che contrasta piacevolmente con il limpido e solare ritornello finale.

Su i-tunes e su spotify si può ascoltare (e,volendo,scaricare)  un ulteriore brano,”Khayen” (non presente nell’edizione “fisica” dell’album),un brano sulla lotta per la libertà dei popoli arabi:questo brano fa intravedere ulteriori evoluzioni nella musica futura dei nostri (e c’è l’inconfondibile tocco di Massimo Giuntini alle Uilleann pipes),e si snoda tra progressive e psichedelia acida.

“Yallah!” è un bellissimo album:se avete amato i precedenti dischi del gruppo (come ho fatto io…e continuo a farlo),questo è un capitolo da non perdere,perchè il loro migliore ed il più completo;l’evoluzione della band non ha praticamente soste,perchè i nostri curano ogni aspetto della loro musica,sviluppandosi in sentieri sonori inaspettati continuamente e-al tempo stesso-riuscendo ad emozionare con poesia e grande capacità comunicativa,oltre che tecnica.

I Kabìla stanno dimostrando di essere una delle migliori band non solo dell’area toscana,ma anche dell’intera scena che guarda all’etnica come cannovaccio per sviluppare idee nuove;sono assolutamente convinto che questo “Yallah!” porterà la band verso un grande successo….perchè questi ragazzi lo meritano davvero,non solo per l’impegno profuso in tutti questi anni,ma anche per l’indiscutibile qualità e originalità della loro musica.

Comprate questo disco e tenetevi stretta questa band,perchè la loro musica è magica:”Yallah!” è il punto di svolta,ed è probabilmente l’inizio di qualcosa di nuovo,sicuramente di qualcosa di molto positivo!

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