A cura di Francesco Lenzi
YUGO IN INCOGNITO”Uomini senza gomiti (lapidarie incisioni)”
Quella degli Yugo in incognito è una storia particolare e che ha attraversato varie fasi; difatti, nonostante il gruppo sia attivo già tanti anni,solo oggi arriva al primo lavoro a lunga durata(dopo 2 ep a distanza di 6 anni,uno del 2002 e uno del 2008).
Ma questo non è un demerito, anzi: la band si è letteralmente fatta le ossa con più di 200 live in tutta Italia, ed ha affinato un sound estremamente particolare e curioso,solo parzialmente riconducibile al reggae e allo ska-punk delle origini.
Infatti,se è vero che i”ritmi in levare”sono talvolta l’ossatura della band,il”tappeto”dal quale partire, è anche vero che oggi la band ha un sound decisamente rock,ma alla loro maniera,originale,frizzante e non riconducibile ad altri gruppi del settore.
La line-up della band è così composta:Lucio Leoni(voce,sequencer),Bernardo Nardini(Chitarre,tastiere),Andrea Scordia(basso)e Alessandro Accardi(batteria);andiamo adesso ad analizzare traccia per traccia,l’intero lavoro di questo gruppo(che uscirà questo venerdì!).
“Vattelapesca”apre il disco ed è un grintoso “raggafunk”screziato di rock, irresistibile e corposo,solare ed anche un po’ ironico(c’è pure una brevissima citazione di”Greensleaves”nel crossover totale della canzone),perfetto per essere eseguito live,tra riminiscenze seventies traghettate nel futuro e potente modernità.
Le influenze punkeggianti sono in prima linea su”Smart”,un altro brano col sorriso sulle labbra(“ci sono più smart che esseri umani in questo mondo(..)bastasse una smart per essere stronzi io me la compro”),anche se l’ironia è usata per far pensare e riflettere:un ottimo pezzo esemplare della personalità caleidoscopica e dell’originalità del gruppo,dotato di un’eccellente melodia che entra subito in testa e sovrastato da chitarre potenti e robuste….e le influenze punk rock ritornano pure nella successiva”Cosce”( e perfino qualche ricordo hard rock&roll),un altro brano allegro a cui è veramente difficile resistere,perfetto per il pogo e che non lascia dubbi riguardo agli interessi della band(“non guardo il culo,nè le mani,nè i capelli(…)guardo le cosce(…)le voglio lunghe,le voglio toste…”.
Ma il disco vive di vari momenti,tutti differenti:”5ooino”è alternative electro-rock del nuovo millennio,con un testo cadenzatissimo e fresco,che parla delle disavventure del protagonista con la 500 (“ quel barattolo di lamiera/balla e traballa/E non sta a galla…”)…bellissima la parte centrale,con qualche influenza”settantiana”.
Su”my eden”ritornano le influenze ska,anche se sono mescolate a segmenti hard rock(anzi,quasi metal )e a momenti di reggae”elettronico”;potente il ritornello,un’invettiva contro l’ipocrisia delle religioni organizzate e dei guru/leader specializzati nel lavaggio del cervello,non solo mediatico(“e Dio non m’interessa,credo a modo mio/a ciascuno la sua maschera/a ciascuno il suo dio(…)non c’è nessuna scusa,il mio Dio sono Io”)….Finale che è puro dub moderno,riverberato e straniante….
Le sonorità accattivanti e al passo coi tempi (sempre originali ed imprevedibili,tra elettronica e sciabolate distorte,ma con la melodia -tortuosa e allucinata in questo caso-sempre in primo piano)sono le fondamenta di”Ragazzi drogati”,una canzone sulla marjiuana,con il ghigno beffardo sulla faccia(l’autoironia di una frase come”non è la memoria il problema/io,quella…mai avuta”è da antologia,e farà sicuramente proseliti).
“Cyclette & abbandonata”è un reggae-blues notturno introspettivo,e per la prima volta il mood si fa più ombroso e malinconico;le particolari metafore rappresentate nella canzone vengono usate per descrivere un abbandono(“tutte a rovescio le storie che mi raccontavi tu(..)E se dovessi raccontarmi coi colori,col tuo segnale di fine delle trasmissionI…”)…ma è solo un attimo,perchè si torna subito su sentimenti più spensierati sul funk liquido e trattato di”Stufomarcio”,un brano col groove in evidenza, adornato dai fiati e con un testo che mescola in maniera bizzarra italiano ed inglese (piccola curiosità:la chitarra nel finale cita”Loser”di Beck!).
“L’onore delle armi”è un altro brano al vetriolo,in cui le influenze metal si fanno più evidenti(anche se non sono mai state nascoste nel resto del disco,come abbiamo visto),ed è una critica verso il sistema(“mentre mangi e bevi,porco fotti una generazione/succhia quello che ti resta,io non resto qui a guardare”)….un brano davvero potente,il mio preferito del disco che svela il lato più combattivo e”sociale”della band(potremmo definirlo come il pezzo”Politico”dell’album,ma riferito alla”politica dell’individuo”,perchè non di parte ma incazzato contro tutto e tutti).
La title-track gioca ancora di più sull’effetto sorpresa:dopo un’introduzione che è puro death metal progressivo(e c’è pure un campionamento di”uomini soli”dei Pooh,sfigurata nell’acido e che riemerge qua e là come un’inquietante premonizione a loop 😀 ),si ritorna su sentieri funkeggianti ed ironici che ricordano il Frank Zappa più corrosivo e pungente(la band è in grande forma,e dà sfoggio della sua incredibile tecnica,con tutti i complessi cambi di tempo).
“Rispetto i suonetti che fai/Se ti bastano solo due dita”canta Lucio con sarcasmo,prendendo di mira tutta una serie di situazioni che riguardano tanti”presunti”artisti dei giorni nostri;musicalment e è come se Gli Yugo dessero una loro visione personale del”progressive”e della fusion,dato l’alternarsi di varie atmosfere(verso metà ,infatti,il brano si trasforma ancora,in ska,funk,perfino rock&roll e di nuovo metal nel finale in un turbillion di follia creativa).
I ritmi sincopati e funkeggianti non vengono nascosti nemmeno nella penultima traccia,”I matti”:però in questo caso si tratta di un brano più riflessivo e dotato di una sua particolare poesia(“i matti non hanno più niente/intorno a loro più nessuna città/anche se strillano,chi li sente?(..)i matti vanno contenti sull’orlo della normalità/e come stelle cadenti nel mare della tranquillità”);la band ,quindi,stupisce ancora una volta con una canzone elegante e rarefatta,in contrasto con il resto del disco,ma allo stesso tempo un valore aggiunto al cd,proprio per queste particolari caratteristiche.
Il finale è un reggae dal testo volutamente sgangherato ed in finto-inglese,ma che nasconde in realtà una seria problematica tra musicisti(“Don’t iscriv yourself to the siae”)che condivido in pieno!
In un panorama come quello dell’indie e dell’alternative italiano,dove troppo spesso le stesse band hanno un atteggiamento troppo serioso-seppur con una musica valida-e ai limiti del depressivo,la musica dei Yugo In Incognito è un’autentica boccata d’ossigeno,una ventata d’aria fresca.
Sì,perchè loro ironizzano,ma lo fanno con stile e sono dei musicisti impeccabili(e come abbiamo visto,sono capaci di tutto,anche di brani più introspettivi che soprendono nell’allegro”melting pot”artistico del disco):l’asso nella manica oltre all’indiscutibile creatività e tecnica,è anche quella di creare arrangiamenti unici,che li fanno risaltare nel marasma della musica indipendente,e che li rendono unici,riconoscibili.
Complimenti davvero a questa band e….venerdì setacciate i vostri vicini negozi di dischi,non dovete mancare all’appuntamento!