A CURA DI FRANCESCO LENZI

ADAILYSONG”una canzone giornaliera(Apogeo records)”

Adailysong è un progetto nato nel 2010 a cura del cantautore napoletano Andrea De Rosa(alla chitarra e voce,oltre ad essere il principale autore del materiale) ,al quale si sono poi uniti,nel corso del tempo,Bruno Bavota(piano,glockenspiel),Gaia Arpino(violino),Antonio Cece(chitarre),Giuseppe Arena(basso)e Ivan Pennino(batteria)….questo è il loro esordio,dopo un EP uscito in precedenza e tanti importanti live.

L’intento di”Adailysong”è quello di creare un ponte tra canzone d’autore,folk-pop raffinato e alcune influenze mutuate dalla musica classica:con queste premesse non è difficile capire che la musica di Andrea e dei suoi colleghi è qualcosa di unico ed elegante,rarefatto e fascinoso.

“Aprile”apre il disco,con i suoi archi ariosi,tra leggero rock d’autore ed un mood essenziale,acustico,perfino struggente;la poesia di Andrea è evidente fin da questo primo pezzo ed è molto particolare e personale nel raccontare una storia con spirito descrittivo autentico(“Racconterò questa storia nella direzione del vento, così che possa arrivare fino a te/scegliendo parole antiche come la pietra ma delicate come i petali di un fiore “).

Anche la voce è perfetta ed unica,così come i musicisti in grande forma(stupenda anche la coda strumentale finale):un bell’inizio,che anticipa quello che verrà dopo,e promette davvero bene.

L’amore viene narrato in una maniera “nuova”e con creatività sulla breve ed intensa”Colori impossibili”(“Attraversare continenti oceani e deserti, per giungere sopra di te/e illuminare quello che hai di colori impossibili”);qua la componente”pop”è presente in maniera più evidente,anche se non si scivola mai in trame scontate,tutt’altro….è un delicato racconto dalle tinte color pastello che sa emozionare davvero.

Si continua con un’altra ballata chiamata”Polvere”:qui l’atmosfera è ancora più intima e rarefatta,dal sapore quasi”vintage”;Andrea dimostra di essere uno degli ultimi grandi cantautori,portando le influenze degli anni ’70 ai giorni nostri,con personalità e tanta,tanta poesia(“Dimentica per un attimo /tutto il male che ho fatto il dolore e vieni qui/Prenderò questa tristezza per farne un velo da sposa da indossare nei giorni in cui questa vita sembrerà immobile”)…la musica riflette in pieno lo stato d’animo delle liriche,ed è quindi commovente e bellissima(complici anche gli archi ed il pianoforte che creano un tappeto di grande suggestione armonica).

Un brano che parla di un sentimento diffuso ai giorni nostri(ma narrato in una maniera niente affatto banale,anzi!) è”Memoria”;qui le sonorità si fanno più rock(ma sempre in maniera soft,e malinconicamente soffusa),mentre le liriche indagano sulla vacuità dei rapporti personali se sono vissuti solo dietro lo schermo di un monitor,o almeno questa secondo me è una delle più evidenti chiavi di lettura(“E virtuale non vuol dire niente/se non puoi baciare la sua pelle /e platonico non vuol dire amore/se ti sventra ogni giorno il cuore/Conservo intatto lo stesso amore/Solitudine collettiva/ donami ali cibernetiche /tra tempeste spazio temporali portami nel limbo che appartiene solo a noi”).

Bellissima e ombrosa è”Immacolata virtù”,decisamente introspettiva e dai mille interrogativi(“Che cosa in fine resta della mia sporca vita/Passata ad amare/chi l’amore cerca in strada/

Sono steso su di un filo di grano/Lontano miglia da questo asfalto bagnato/Tra i bagliori di questo fuoco dannato”);una maniera non scontata di narrare l’amore ed il sesso,e tutto ciò che passa in mezzo,visto da un’ottica assolutamente personale…musicalmente siamo sempre dalle parti di un soft rock notturno,dai risvolti”classicheggianti”(senza dimenticare mai gli aspetti”Pop”-nel senso nobile del termine-e la forma”canzone”).Sospesa tra un’introduzione darkeggiante e un mood più solare nella seconda parte è”Destino”ed è a mio avviso uno dei pezzi più belli del disco;le chitarre disegnano delicatamente giochi chiaroscuri,mentre il breve testo è espressivo e diretto allo stesso tempo(“Non siamo fatti noi per restare agli argini /Di un fiume in attesa della piena/Ma siamo in grado di Percorrere una via alternativa/Per guardare dall’alto l’oceano /E decidere”).

La canzone in forma di”ballad”intimista è quella che si addice di più all’arte di Andrea,ed anche”Il ciclo delle stagioni”ne ricalca lo stile,seppur in maniera diversa dalle precedenti;bellissimo il testo,la descrizione di una ragazzina(probabilmente “in dolce attesa”) che diventa donna pian piano(“Ma il tuo corpo è un ventre tenero di stelle/Che si accendono al desideri del primo amore/E crescerà ogni giorno di più

nell’amore che scolpisce le tue forme/ogni giorno dentro di te”).

“In caduta libera”è una delle prime canzoni che ho ascoltato del disco ed è di una bellezza struggente,fedele al mood”introspettivo”del disco:è un testo più complesso,che si presta a varie interpretazioni(“Non c’è niente da capire /madre mia non attendere il figlio che hai cresciuto fino a qualche anno fa ora divora le distanze/ e di che sarai fiera di lui/come stella che cade/in attesa dell’impatto finale”)ed indaga comunque sulla sfera personale,mentre la chitarra elettrica e gli archi creano un tappeto sonoro molto suggestivo.

“Nettare”è un’altra ballata,stavolta più notturna,velatamente malinconica,con gli archi in gran spolvero:è un brano sulle debolezze umane(e sulla depressione)con un mood leggermente più crudo che in altri momenti del disco,senza tralasciare un amaro sarcasmo(“Considerando che la produzione principale del tuo corpo è merda/a quale speranza ti puoi aggrappare/navighi senza vele ormai/Contempla ora il fondo di un bicchiere riempilo poi di mortale nettare vomita /a quale debolezza potrai brindare,a quale inutilità”);è il mio brano preferito in assoluto,forse,e svela perfino un feeling più”alternativo”,in un riuscito mix tra melodia pop e sentimenti più umbratili.Insolito finale psichedelico.

Il disco si chiude con”La sigla”,che sposa una musica melodica che emoziona e commuove ad un testo carico di amarezza(“Questa è la sigla /La senti mentre scorrono i titoli di coda/Ti avverte che è finita/E che niente indietro ritorna/Le schegge dei ricordi sotto la pelle/Nessuno le vede qualcuno le sente/Restiamo in silenzio sopra un divano /Aspettando un momento /Per cambiare canale “):non solo quindi la “sigla finale”del disco,ma anche un brano metaforico e di ampio significato,affidato al solo pianoforte e voce.

Un bel disco davvero,questo”una canzone giornaliera”che dimostra come la canzone italiana moderna,non sia solo infestata dai talent e da prodotti usa-e-getta:Andrea De Rosa è uno dei nuovi poeti della sua generazione,e dimostra che si può cantare d’amore e di sentimenti umani in maniera non banale e totalmente innovativa….date una chance a questo giovane musicista e alla sua band,perchè merita davvero;e non si tratta del solito disco”cantautorale”come ne escono a bizzeffe…qui c’è veramente della sostanza e della poesia innata.Complimenti davvero!

 

 

 

 

 

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