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Col trattore in tangenziale, andiamo a comandare.
Oltre cinquanta milioni di visite su Youtube, disco di platino e si grida allo scandalo.
“Andiamo a comandare fa cagare, roba per bimbiminchia”, “Siamo in Itaglia” , “Rovazzi sta diventando ricco alla faccia nostra”.
Questi e mille altri commenti imperversano il web, la radio, la tv…insomma, tutti i media.
Fabio Rovazzi è un pazzo o un genio? Nessuna delle due cose.
Rovazzi (e chi lavora per lui), è il risultato di un prodotto riuscitissimo e assolutamente intelligente.
Il testo è apparentemente non senso, ma segue un’estetica curatissima, una spontaneità comunicativa che mille altri canzoni targate 2016 non possiedono e tuttavia ammorbano le radio di banalità.
Facciamo mente locale: “Andiamo a comandare” è un capolavoro della musica italiana?
Assolutamente no, è una canzone normalissima, con la sua struttura più che canonica, in stile electro-house dove i produttori Merk e Kremont hanno fatto magistralmente (a livello di suoni), il loro dovere.
Il sound è quello de “Il pagante” e i vari celeberrimi brani di Federico Clapis, con la sua vecchia “House Comedy Music”.
C’è chi può odiare il genere, ovviamente, ma dobbiamo essere obiettivi quando si scrive una recensione.
Fabio Rovazzi (o chi per lui) è un poeta? Assolutamente no.
E’ un cantante? Assolutamente no.
Il testo del brano, nella sua demenzialità, è assolutamente professionale, dove nessuna parola è a caso come si pensa.
Egli stesso ha spiegato il significato: si tratta di una parodia dei mille rapper che imperversano la rete. Da qui: “andiamo a comandare”, si atteggiano a gangster, fanno finta di ubriacarsi e possibilmente sono astemi, fanno finta di essere dei drogati all’ultimo stadio e invece non si fanno nemmeno le canne. Il tutto poi degenera nel grottesco: le ciabatte nel locale (riferito a certi modi assurdi di vestire, come ad esempio i catenoni in finto oro per dimostrare un’opulenza inesistente), “sboccio” acqua minerale. Esilarante e disinvolto “slang”. “Il selfie col mio cane?” Un’instantanea popolare 2.0 indelebile.
L’unica pecca, a mio avviso, è un appoggio “amicale-professionale” fin troppo appariscente: Fedez e J-ax.
Puzza troppo di calcio in culo e questo non può far storcere il naso a chiunque.

Tuttavia, che tu sia modaiolo, discotecaro, rockettaro, metallaro e quant’altro, non puoi non prendere atto della riuscita di un prodotto del genere a livello di marketing, sociale, comunicativo.
Tra demenziale, trash, ironia, house, cantautorato, leggerezza danzereccia del web, Rovazzi (o chi per lui) ha fatto centro, si gode il disco di platino (frutto anche solo, oggi, dello streaming) e i suoi cinquemila euro a serata.
Fabio Rovazzi sarà una meteora che sparirà dopo qualche mese? 
Fabio Rovazzi s’inventerà una brillante e promettente carriera nel marketing, nella tv, nello spettacolo, nella pubblicità, nella musica…non ci è dato saperlo.
Lo ammetto, anche io sono stato preso dall’odio iniziale, come un riflesso condizionato, poi mi sono fermato un attimo, ho indossato la divisa da sociologo-musicologo e mi sono messo a riflettere.
Attaccare il tormentone di turno con fare snob è fin troppo facile, bisognerebbe sempre analizzare i fenomeni senza puntare il dito a prescindere. Con obiettività.

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