A cura di Francesco Lenzi
ALVIN CURRAN/PAOLO TOFANI/MAURO TESPIO”Segments”(Cramps records)
Oggi torniamo a parlare di Cramps records:un nome,una garanzia.
Sì…e non solo perchè la storica label ha riaperto i battenti;il disco di cui parleremo tra poco si ricollega parzialmente ad un certo tipo di discorso che affrontammo tempo fa.
Infatti,se vi ricordate,qualche mese fa trattammo la ristampa di”Antropofagia”di Patrizio Fariselli;bene,qualche contatto c’è….Non solo la label,non solo che anche qui troviamo un componente degli Area(Paolo Tofani),ma soprattutto perchè si riprende qui un certo tipo di discorso,di “avanguardia sonora”interessante….e difatti questo lavoro è un cd da non perdere.
Innanzitutto questo disco inaugura la collana”Poptraits”,una nuova collana dedicata alla musica contemporanea;ma le 10 trame sonore presenti in esso sono realmente affascinanti.
Io sono stato letteralmente rapito da questo disco;per chi ama le sonorità inconsuete,sperimentali,questo è un cd da non perdere.
Il disco,dicevamo,è diviso in 10 segmenti numerati in ordine numerico,ed è quindi da considerarsi una sorta di “corpo unico”;come recita il comunicato stampa ufficiale”i tre artisti hanno un interesse comune:quella di elettrificare gli oggetti che risuonano”(e nello specifico”il mondo dei suoni intorno a noi è catturato sia con registratori Revox che con macchine monofoniche portatili,come Uher,diviso in segmenti,quali movimenti di un’infinita sinfonia di eterna bellezza”).
Prima di parlare del disco in sé,vogliamo però parlare dei suoi protagonisti(per chi non li conoscesse ancora).
Di Paolo Tofani a grandi linee abbiamo già accennato qualcosa in apertura:probabilmente il più noto dei tre musicisti coinvolti in questo progetto(almeno qui da noi in Italia)è stato il chitarrista storico degli Area e lo è ancora,data la loro recente reunion;non solo,è stato anche componente dei Califfi nei ’60 e ha alle spalle una carriera solista di tutto rispetto,sempre all’insegna dell’innovazione,della sperimentazione sonora e della creatività assoluta(di rilievo anche le sue innumerevoli collaborazioni nel corso del tempo,di cui torneremo sicuramente ad occuparci più in qua).
Alvin Curran è un musicista americano dall’impronta avanguardistica che ha all’attivo più di 150 lavori all’insegna-manco a dirlo-della sperimentazione più ardita(alternandosi a svariati strumenti come il corno,tastiere,violino ecc.);da noi è conosciuto anche per aver fatto parte dell’ensemble Musica Elettronica Viva.
Mauro Tespio,infine,è un trombettista/percussionista/polistrumentista
ed è forse il nome più”nuovo”e meno conosciuto del trio,ma non per questo meno interessante,anzi.
Veniamo adesso al contenuto del disco,senza dilungarci oltre.
Il primo”segmento”anticipa quel che sarà il contenuto del disco:è un affascinante trip sonoro in cui chitarre”trattate”e in”reverse”disegnano una trama psichedelica insolita,affiancate da svariate percussioni,fiati inquietanti e perfino sitar e pianoforte “preparato”(che fanno capolino qua e là).
Le categorie rifuggono,è musica totalmente libera da etichette:il finale è un drone che svela dei risvolti elettronici(ma non troppo),in cui fanno capolino anche dei samples vocali a ruota libera.
La seconda traccia si spinge ancora più oltre:accanto ad un pianoforte solo apparentemente riflessivo,sbucano subito degli improvvisi rombi elettronici,una chitarra free form tra acidità orientali e fusion”destrutturata”(e perfino reminiscenze R&R qua e là,come schegge impazzite)e la tromba di Tespio che disegna scenari più notturni,ma sempre dall’impronta”free”;poi il pezzo prende una piega più meditativa,quasi una sorta di “mantra”del futuro,tra interferenze electro-noise,tablas che dettano un ritmo ipnotico e le trame oscure della tromba.
Più meditabondo il terzo segmento,dominato da un pianoforte malinconico;siamo in un’atmosfera ancora più notturna della precedente e se vogliamo anche avvolgente….non viene abbandonata la voglia di sperimentare,ma qui si allenta apparentemente un pò la tensione,ed anche il”sentiero sonoro”è più morbido,anche se non meno ardito.
Ma è solo un’impressione,perchè la parte finale torna sull’improvvisazione noise,tra vocals impazzite e disturbi elettronici in evidenza.
La quarta traccia è una sorta di visione onirica di reminiscenze orientali,dominata da vocals e campionamenti stranianti e da interferenze elettroniche;ma ,oltre a questo,ci sono anche frammenti di musica atonale,concreta,schizzi free miscelati insieme a rumori”trovati” in un melting pot elettronico e visionario.
Ritorna il pianoforte nel quinto segmento,e ritorna anche un’atmosfera lievemente più ariosa,anche se c’è sempre un po’ di inquietudine di sottofondo…ma qui si gioca più sulle dinamiche notturne che non sull’effetto sovrastante….solo nel finale viene accentuato lievemente(e per brevi secondi)il lato più”rumoroso”della faccenda….
Nella sesta parte si evidenziano sentieri più complessi,con la chitarra trattata ed effettata a disegnare armonie destrutturate e ricomposte in maniera geniale:anche i fiati vengono filtrati e mischiati all’ elettronica più intransigente e avanguardistica.
Anche il pianoforte, quando appare,si unisce al magma sonoro con “deviazioni”di contorno,minimali ma avvolgenti;e nella seconda parte ci riallacciamo un po’ alle sonorità della seconda traccia,con percussioni dal sapore etnico….ma il tutto è più spericolato,avvolto in sostanza free,come riprova il finale,assolutamente”libero”,con le sue improvvise dissolvenze incrociate,dove tromba e piano si rincorrono fino a che non appaiono dei samples di musica araba che donano un tocco misterioso al tutto(e speziano ancora di più l’atmosfera orientaleggiante della coda).
Il settimo frammento vede i fiati destrutturare l’armonia stavolta,affiancati da nastri al rallentatore;è una delle tracce più”oscure”del cd,ma nemmeno questa volta manca la scorrevolezza,nonostante l’apparente tessitura volutamente”ostica”(Nel finale appaiono perfino rullante,una fisarmonica impazzita e frammenti di musica”popolare”).
L’ottava parte continua l’opera di stravolgimento e”ricomposizione”di strutture:infatti,come in un puzzle,vengono gettati in aria segmenti di free jazz,elettronica percussiva,vocals da muezzin psichedelici,xilofoni free,rumorismo e lampi elettrici chitarristici rimontati secondo una sensibilità nuova;da questo processo non è esente nemmeno il blues tradizionale,che viene”citato”o meglio”campionato”in alcuni pezzetti del brano.
Si continua su strade sonore sghembe col segmento nove,in cui il tappeto è fornito da rumori sonori(quasi delle sedie che si spezzano su sé stesse all’inizio,poi delle esplosioni lontane,forse fuochi d’artificio?),mentre appare anche un violino che insieme alla tromba disegna un immaginario denso eppure criptico,con dei gong in lontananza che danno dei”flash”improvvisi.
Ma anche se il sound è sempre più inconsueto,il brano non è mai fine a sé stesso,anzi,risulta piacevolmente scorrevole nella sua imprevidibilità,anche quando viene illuminato da improvvisi lampi elettronici(e da lievi e appena accennate note di piano,sia preparato che”non”).
La decima traccia è la conclusiva ed è anche la più lunga del disco,oltre 12 minuti:è un po’ la summa delle svariate sonorità presenti del disco.
Aperta da rumori elettronici e voci misteriose,adornata da improvvisi reverse e sibili elettronici è anche una traccia che svela in un certo senso il lato ironico del trio:difatti accanto a campionamenti di opera lirica,si affacciano qua e là pure erotiche voci femminili in preda ad un orgasmo.
Il collage sonoro è una volta di più intrigante e affascinante,e qui viene sviluppato ulteriormente:anche quando il pezzo sembra prendere una struttura più”definita”,in realtà siamo di fronte al ribaltamento dei canoni della forma e ci troviamo su sentieri opposti….e questo c’incatena sempre attentamente alle cuffie,in attesa di ciò che avviene dopo.
Difatti il pezzo non smentisce la vena imprevedibile dei suoi protagonisti:verso metà brano appare una tastiera oscura dal sapore dark ambient in lontananza,mentre la chitarra continua la sua corsa spericolata nel rimiscelare le sue radici molteplici,insieme alla tromba sibilante.
Poi è la volta della saturazione elettronica,che arriva come una tempesta lontana:da un lato appare una melodia quasi dolce e delicata alle tastiere,dall’altro suoni stridenti e urla di donna sembrano voler”sfregiare”il brano…
Man mano che il brano si avvicina alla fine,però,riappare la struttura free,anche se non è scevra di una certa melodia di sottofondo(anche se volutamente”torturata”e”decomposta”),sempre affidata alla 6 corde e al piano.
Si chiude così un disco interessantissimo;sicuramente non facile e non per tutti i palati,ma è altrettanto vero che è un cd che verrà amato se ascoltato dalle orecchie giuste,possibilmente”aperte”.
A me è piaciuto un sacco,perchè è un lavoro fresco,assolutamente entusiasmante e al di fuori di qualsiasi schema:non so se è la mia abitudine alle stranezze sonore(dato che saltuariamente mi è capitato anche di suonarle,non solo di ascoltarle regolarmente!),sta di fatto che secondo me si tratta di un disco imperdibile per i cultori del genere.
Una cosa va ribadita:nonostante le caratteristiche “non facili”di questa musica,i nostri non annoiano mai,e anche quando le partiture si fanno più secche e l’improvvisazione estrema,l’attenzione rimane sempre viva durante l’ascolto e le imprevedibili trame sonore lasciano sempre di stucco,alimentando la fantasia.
Quindi….per mentalità assolutamente aperte e per chi è in cerca di innovazione sonora e sperimentazione senza limiti….qui avrete pane per i vostri denti
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