ENRICO RUGGERI”Frankenstein(Anyway music)”
Oggi vi parleremo del nuovo album di un personaggio carismatico e di grande valore artistico:sto parlando di Enrico Ruggeri,che il 7 maggio scorso ha pubblicato “Frankenstein”,il suo ultimo lavoro.
Enrico Ruggeri è un’artista molto rock:sia come attitudine,che musicalmente.
Chi conosce bene la sua storia(e la sua musica),sa che Enrico è stato a capo di una delle prime punk band italiane,i Decibel(e con il termine”punk”intendiamo non solo il genere,ma anche e soprattutto il feeling);ma a parte questo,i suoi riferimenti rock & roll non finiscono qui.
Se pensiamo infatti anche al disco”Punk prima di te”,dove erano presenti covers di Lou Reed,David Bowie,Stranglers e Ramones(solo per citarne alcuni),insieme a rifacimenti dei Decibel stessi,è chiaro che il rock è da sempre una parte importante della musica del nostro;da parte mia ricordo un bellissimo concerto nella mia città durante un capodanno,dove quest’anima la faceva da padrona…..(e non fu l’unica volta,in quanto ho ripetuto altre volte l’esperienza).
Non solo:ricordo di avere letto da qualche parte un’intervista in cui Enrico dichiarava la sua simpatia per i metallari…..A parte questo,la musica di Ruggeri è talmente complessa e completa che ha incorporato nella sua sfera”cantautorale”e poetica,non solo il rock,ma anche altri generi di musica(ricordate”nuovo swing”?),oltre ad una matrice prettamente”colta”,che lo colloca ai vertici della canzone d’autore italiana.
Quindi le sfaccettature musicali/liriche di Ruggeri sono sempre state camaleontiche e molteplici,e questa poliedricità è andata sempre di passo con la qualità,l’indubbia personalità ,con la coerenza e l’integrità artistica……se aggiungiamo a questo,l’indole da “animale da palcoscenico”e non solo,essendo stato anche un valido conduttore di programmi(e,parafrasando parole sue,ne è uscito prima che diventasse routine evitando di rimanerne intrappolato)e anche uno scrittore di racconti e poesie,il quadro è completo.
Questa premessa era doverosa,per spiegare un po’ questo nuovo disco….spero di non avervi annoiato,ma credo che se ho nominato il termine”rock”all’inizio dell’articolo,un motivo c’è ed è valido.
“Frankenstein”difatti è un disco che ha un’anima rock in sé;di più….è un concept album;ed è raro di questi tempi ascoltarne uno,e la cosa naturalmente ci affascina e ci interessa da vicino.
Ma non si tratta solo di un’opera rock,come andava nella stagione dorata del progressive rock;difatti,il disco verrà accompagnato anche da un libro”L’uomo al centro del cerchio”,un romanzo scritto-naturalmente-dallo stesso Enrico,che è un po’ il complemento al disco e che funge anche da importante”spiegazione”in un certo senso(e la poliedricità mai doma di Enrico,torna ad essere al centro dell’attenzione anche in questo caso).
La storia che viene narrata in “Frankenstein”è ispirata-manco a dirlo-al romanzo di Mary Shelley,ma gli episodi del disco,hanno delle chiavi di lettura differenti e naturalmente”attuali”,che ognuno può reinterpretare secondo la propria sensibilità.
Veniamo quindi ad analizzare il disco nella sua interezza.
Il disco si apre con un breve brano strumentale dal sentore progressive,”La nave”con un ospite d’eccezione al flauto,Stefano Belisari alias”Elio”delle Storie Tese(che avevano già collaborato in passato con Enrico);un brano malinconico,dal sapore di altri tempi.
Ma la quiete viene spazzata via da”Il capitano”,un brano dall’anima hard rock (e la chitarra del fido Luigi Schiavone,è inconfondibile come sempre),con ospite Andrea Mirò(la compagna di Enrico)alla voce.
Il brano è solcato da un moog irresistibile(e non a caso),con un testo riflessivo;le metafore del viaggio e del capitano Walton,non sono altro che uno spaccato della “nostra”vita,di come essa si evolve,nel bene e nel male,con taglienti ricordi(“Ed ho visto ricoprire di terra gli amici/portando orgoglioso le mie cicatrici/giocando la vita a bruciare del tempo per niente perduto/E tenendo le mani mai troppo pulite/ho lasciato persone ferite nel viaggio”).
Memorie seventies riaffiorano in”Le affinità elettive”,in cui l’introspezione si fa più presente,tra commenti personali e scampoli di ricordi(“non parlare so chi sei/la tua storia è la mia/nello sguardo ha scelto già/la medesima via/ciò che è stato più non è/che un lontano ricordo/nel bicchiere vedo te/con lo stesso mio sguardo”).
Tra attitudine rock&Roll e melodia”La folle ambizione”,che è un perfetto spaccato dei tempi che viviamo,non un semplice”commento”alla storia della Shelley(come dicevamo poco fa);la maledizione dell’ambizione che ti porta a quesiti e decisioni difficili,e il prezzo sempre alto da pagare per le scelte coraggiose e pericolose(“ma noi non abbiamo criteri di scelta tra meglio e bene/e l’etica lungo le nostre battaglie non ci appartiene/seguiamo la nostra ambizione/e l’anima resta in prigione(…..)sono disposto a distruggere tutto di me/ma voglio che resti qualcosa di grande dopo di me”).
La storia prosegue con”Per costruire un uomo”,una ballad dalle affascinanti trame chitarristiche;ed anche qui le chiavi di lettura sono molteplici,e non solo quelle che possono apparire ad un primo ascolto(“per costruire un uomo/e tutto quello che c’è in lui/ci vuole tempo e molta dedizione/e totale applicazione”);non solo la “costruzione del mostro”,quindi,ma qualcosa di più intimo e complesso(“Non solo muscoli e potenza/servono etica e coscienza”).
La title-track è una canzone riflessiva,e musicalmente ariosa,ma dai risvolti oscuri(ed in sottofondo ci sono delle tastiere molto seventies,su un tappeto chitarristico moderno);il racconto qui si fa a volte tinto di noir(“Mio Dio delle tenebre/Dio dell’inferno/fa che il mio volto rimanga in eterno com’è/modifica le leggi”),ma sempre su un’ottica personale(“Vede lo specchio più cose di noi e non le nasconde/tra le profonde paure che poi non vogliamo considerare/tra le inversioni di marcia che noi non possiamo più fare/Non si ritorna indietro,si riparte da qui”).
Uno dei brani più complessi e lunghi del disco è “Aspettando i superuomini”,dalle cadenze quasi metal(ma nella seconda parte,ritornano delle”ombre”prog molto poetiche e suggestive),un’invettiva contro le debolezze dell’uomo,a volte ammaliato dalle religioni organizzate,a volte stroncato dalla sua banalità:il testo ricorda le pagine “spietate” di Nietzsche(così come”le affinità elettive”pareva citare Goethe ),anche con ironia,e non solo per il titolo.
Da applauso l’assolo di Schiavone,al massimo della sua potenza:tra le mie preferite del disco,potente e carica,eppure sempre emozionale.
Il primo singolo estratto dall’album è “diverso dagli altri”,un brano che presenta delle cadenze moderne,velatamente elettroniche,a mò di ricamo sonoro:un inno all’unicità dell’individio(ma anche una riflessione sulla diversità e la difficoltà ad essere accettata dalla massa,di qualunque tipo),ma con un fondo di pessimismo che”rilegge”il carattere del protagonista(“io sono normale/ma diverso dagli altri/ho un’anima speciale/che nessuno vedrà/non so cos’è la tenerezza/una carezza non l’ho avuta mai”).
Bellissima la parte in cui la tastiera diventa quasi un mellotron,e come sempre Schiavone che dona un tocco in più,con la sua 6 corde.
Moderna e allo stesso tempo densa di rimandi di altri tempi (e inquietante) è “il cuore del mostro”,che sembra coniugare un ritmo quasi “industrializzato”e rallentato con cadenze da chansonnier.
Molto bella anche”ucciderò(se non avrò il tuo amore)”,in cui riappare il violino di Andrea Mirò,che disegna spirali psichedeliche:le liriche mostrano al centro i conflitti interiori,sempre in bilico tra bene e male,tra necessità di amore e morte(“ma questa solitudine è una lama dentro me/toglie il senso alla mia vita/se non c’è speranza,muore l’anima”),ed è uno dei brani più riusciti del disco,con un po’ di sperimentazione sonora a fare da cornice,e la musica si sposa bene al testo.
Ritornano le bordate hard rock su”L’odio porta odio”,carica e trascinante,che sarà sicuramente un pezzo forte nei prossimi live,tra poesia e crude riflessioni terrene(“non c’è più tempo per il perdono/siamo in guerra/nemmeno fossi l’ultimo uomo sulla terra/le tue ferite sanguinanti/sono ciò che senti/sono quello che hai di te”).
La jazzata”Il tuo destino è il mio”porta la firma di Luigi Schiavone,oltre a quella del “Rouge”:un brano notturno,con atmosfera da club fumoso e vintage,con ospite la tromba malinconica di Davide Brambilla,che sottolinea perfettamente il pathos delle liriche(“il tuo destino è il mio/ e ora nemmeno Dio/ci potrà separare alla fine/con te ci sarò”).
Il disco,almeno nell’edizione “standard”,si chiude con “L’infinito avrà i tuoi occhi”,e ritorna il flauto di Elio,così come le atmosfere care al progressive rock di settantiana memoria(e la partitura di Belisari ne è complice,oltre alle avvolgenti tastiere,sempre in odore di moog e mellotron).
La poesia del testo si fa struggente,carica di speranza(“è così dolce andare via e ritornare all’aria/le braccia verso il cielo/verso una luce che ti accoglie e perdona”),mentre la musica è avvolta da spleen umbratile.
L’edizione su”i-tunes”ha un brano in più,che è una versione”alternativa” di”il cuore del mostro”,con ospiti Stefano di Battista e Bosso,ancora più cadenzata e con il titolo lievemente modificato.
Come avrete capito,questo è un disco molto particolare e sorprendente;come avevamo anticipato la scorsa settimana,lo stesso Ruggeri lo ha definito come”il lavoro più complesso e ambizioso mai fatto fin’ora”…ed in effetti,lo è.
Ruggeri non ha mai avuto paura di rischiare(basti pensare anche ad”all in-l’ultima follia….”,il triplo lavoro uscito 4 anni fa,solo per citare un esempio):in tempi come questo,in cui le canzonette vuote la fanno da padrone,lui,con l’innata classe che da sempre lo contraddistingue,sforna un disco atipico,riportando in voga il concept album….osando con maestrìa.
E posso tranquillamente affermare che questo “Frankenstein”è uno dei suoi migliori lavori,e sicuramente un lavoro che rimarrà nel tempo:ci credo quando Enrico sostiene che”lo difenderà con tutte le forze”,è un ottimo lavoro,ed è permeato dall’entusiasmo tipico di chi è conscio di aver realizzato qualcosa di grande e unico.
Naturalmente noi tutti,speriamo che non sia l’ultimo suo capitolo discografico;nonostante lo stesso Enrico dichiari che ”potrebbe essere il mio ultimo album,nel senso che io do a questa parola”,è anche vero che non si sa quali saranno le sue prossime mosse,dopo un disco così impegnativo.
Di sicuro continuerà a regalarci grande musica con le sue canzoni e grande arte,in un modo o nell’altro….per il momento,gustiamoci questo”frankenstein”,un lavoro che non può essere ignorato e nemmeno ascoltato superficialmente,data la complessità delle liriche(anche se la forma canzone non viene mai meno…..e anche questa è una bella sfida).
“Rouge”non finisce mai di stupire e di stupirci….e la dimostrazione sta in queste 13”frecce”nel suo”nuovo”arco:a voi adesso scoprirlo ed esserne”colpiti”.
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