FROZEN CARESS “Introjection” (autoproduzione)
I Frozen Caress sono un’ottima gothic/doom metal band italiana ,che annovera in formazione Davide Serra il cantante/pianista/tastierista di cui ho recensito anno scorso un incredibile album solista;gli altri componenti non sono certo da meno e sono Antonio Leggeri (chitarra,drum machine) e Edoardo Giardina (basso).
Questo esordio (scaricabile gratuitamente su bandcamp al seguente indirizzo : http/frozencaress.bandcamp.com ) arriva dopo alcuni demo e rivela al mondo una band matura,molto interessante ed anche originale;il gruppo è difatti personalissimo e autore di una bella musica,che mescola insieme varie influenze in un inedito mix.
Il disco si apre con “Sold out,like seats in heaven”,uno strumentale dai richiami progressive,in cui il malinconico pianoforte di Davide è in primo piano;anche quando entra il resto della band,la musica rimane riflessiva e misteriosa,con un tocco “scuro” di contorno.
“Mr.& Mrs.Doe” svela l’anima doom della band,cadenzatissima ma dai tratti particolarmente riconoscibili:la voce di Davide è particolarissima,ed alterna il falsetto al growl,ed anche la tessitura armonica del brano è decisamente interessante,in quanto ci sono vari cambi di tempo,che alternano momenti ariosi,complessi ad altri che rimandano al metal più estremo.
“De solo corde” è uno dei due brani cantati in italiano del disco:un brano spettrale dall’andatura gothic,ma dotato di estrema poesia (“le tue mani,gigli neri/danzano sui miei pensieri/dolorosamente vivi/passi echeggianti,stanze senza respiro”) e di un certo romanticismo dark,che si miscela anche a momenti più enigmatici….anche qui momenti più pacati si alternano dinamicamente ad altri più potenti,ma il mood del brano è essenzialmente (e volutamente) misterioso,anche se non si rinuncia mai ad una certa melodia di fondo (bello l’assolo di Antonio,davvero godibile).
“The Moodswing” è un brano molto elaborato,adornato da un intro che ha al centro un riff chitarristico davvero tagliente ed azzeccato,originalissimo,tra progressive e death metal;poi però l’atmosfera cambia e ci si addentra su sentieri più calmi,e ritorna una certa anima “Dark prog” (e qualche riminiscenza settantiana) anche nella voce;nella seconda parte arriva il cantato growl,mentre Antonio ed Edoardo macinano riff sabbathiani ed il tappeto circostante diventa jazzato,ma pur sempre oscuro (ed il finale torna su sentieri metal cupi e minacciosi,con un altro bel solo chitarristico dal sapore orientaleggiante ed introspettivo) :un brano che,a mio avviso,starebbe bene in una colonna sonora e che conferma la varietà stilistica del gruppo.
“Schopenauer” è una breve ballata oscura ed essenziale (solo piano e voce),quasi da musical;”Promenade” invece svela un lato “acustico”,ma sempre dark,con una bella melodia dal sapore ancestrale e misterioso….ma l’elettricità non è del tutto messa da parte,e riemerge nella seconda parte con spettrale bellezza.
Con “Nevermore the sun” torniamo nei meandri di un doom metal lento e roccioso,ma dai risvolti “orchestrali”;il brano è cantato metà in italiano e metà in inglese…Le liriche affondano su interrogativi talvolta amari e pessimisti(“finirà quest’inutile agonia,quindi perchè continuare?/perchè dovrei proseguire con questo gioco già perso in partenza?/O perseguire uno scopo già da subito impossibile?/Un’inutile ragione troverò mai di fronte a questa salda certezza?”) in un dialogo con il proprio io,che alterna la voce pulita e melodica ad un growl minaccioso eppure diretto,con le parole sempre chiare e taglienti (Il che non è affatto facile,ma Davide riesce nell’impresa!)….ed appaiono pure dei samples cinematografici,a donare un tocco d’inquietudine in più.
La plumbea e breve “Diary of a voiceless Poe” evoca il fantasma di Edgar Allan Poe con intensità raggelante;è un brano più minimale (piano,voce e basso) prima del gran finale che,puntualmente,arriva subito dopo con l’apocalittica “Quartet for the end of time”,il brano più lungo del disco (quasi dieci minuti):le influenze progressive ed “orchestrali” qui si fanno più evidenti,rilette sempre in maniera molto personale ed originale….tra arpeggi malati, una vocalità introspettiva (sempre in primo piano l’uso notevole del falsetto)e cambi di tempo inaspettati,il brano conclude maestosamente e “apparentemente” il disco.
“Apparentemente”,perchè c’è anche una ghost track,”Heroes die first”,una traccia intimista cantata senza accompagnamento musicale,che chiude definitivamente il disco in maniera enigmatica.
Tenete d’occhio questa band,perchè è una tra le più originali che mi sia capitato di sentire in ambito doom/gothic (e non solo italiano):la loro proposta musicale è talmente variegata ed “elastica” da incorporare molte influenze diverse con dinamicità ed originalità (perfino i termini “doom” e “metal”,come gli altri citati,sono riduttivi e puramente indicativi per riassumere il sound del trio)….l’abilità compositiva e la tecnica sopraffina dei musicisti fa il resto,creando un mix unico,tra melodia e corposità,in cui l’infinito gioco tra dinamiche chiaroscure si rivela sempre vincente….complimenti,bravi davvero!