VALERIO PICCOLO “Poetry”

Definire Valerio Piccolo come il più “americano” tra i nostri cantautori forse non è del tutto giusto:se è vero che il nostro si divide tra New York e Roma,ed ha spesso suonato oltre confine,collaborando addirittura con Suzanne Vega (ne è stato anche il traduttore ufficiale),è anche vero che questa è una definizione riduttiva,che non significa nulla e che rende ben poco l’idea dei gioielli sonori contenuti in questo disco.

Difatti,”Poetry” è un ottimo album e a conferma del suo stesso titolo,è un disco pieno di poesia che evidenzia lo stile di Valerio, che è personalissimo,e non somiglia ad altri cantautori o musicisti,anche all’interno del suo stesso genere:sì,ci possono essere dei rimandi ad un certo tipo di songwriting,ma il tutto è elaborato secondo la propria personalità ed indole.

Fin dall’iniziale e simbolica “Ouverture”,vi renderete conto che la sensibilità di Piccolo è davvero unica nel suo genere:difatti-fin dalle prime note-vi troverete davanti ad una ballata rarefatta ed estremamente raffinata,con un testo evocativo (“quando la luna sembra vicina/come una spiaggia/a mezzanotte d’estate/Ed io voglio trapassarla con le mani”) che descrive alcuni particolari “messi a fuoco” come simbolo dell’inizio di una storia.

“Pioggia di stelle” continua il viaggio su meandri introspettivi e sempre eleganti,un invito alla riflessione e al relax personale:anche una semplice osservazione delle stelle può riservare delle sorprese e una scoperta di sé,sembra suggerire il testo.

“Ordine” è una delicata rock ballad contro ogni forma di violenza (“come se tu potessi ordinare al silenzio di parlare/come se tu potessi pretendere dal niente qualcosa”),non solo fisica ma anche verbale;e su questa linea rilassata continua anche “chiacchiere da bar”,una canzone -dall’andatura malinconica -contro la falsità dei pettegolezzi (“adesso è chiaro già/i tuoi racconti fanno male a te/ma non riesci a capire che/a questo punto ormai non dipende più da me/perchè altro tu non hai/che voci rubate in città”) .

“Aspetto” è pop rock rilassato e raffinato,come non si sentiva da tempo:semplicemente splendido,con un testo evocativo che si sposa perfettamente alla musica (“l’acqua sugli occhi mi distende il pensiero/mi verso ancora da bere/il silenzio è il re di questa casa/nel bagno un fiume a gocciolare”),indagatore di un’attesa e degli attimi che la incatenano (è l’amore vista da una percezione diversa dal solito,e quindi inedita).

Valerio è sempre molto poetico;e pura poesia è anche “Maledizione”,un atto di accusa delicato verso un nemico non meglio specificato;e la capacità descrittiva del nostro è esplicita anche nella rilassante “Il guardiano del bar”,un racconto particolarmente sentito (e probabilmente davvero personale,ma che non rivela più del dovuto:anche questa è una caratteristica particolare dell’autore,ed uno dei suoi punti di forza) e pare proprio di vedere davanti agli occhi le immagini evocate dal testo (”è strano vivere in un mondo bagnato e poi svegliarsi nel deserto/i cactus hanno braccia più aride/dove crescono aghi di latte”).

“Il barman all’inferno” è un altro racconto che rivela ulteriormente come la fantasia di Piccolo non abbia limite:”un tempo ero un barman all’inferno/ed io non facevo altro che ripetere non c’è niente da bere/questo è l’inferno” canta Valerio,in una metafora esistenziale che racchiude ampie chiavi di lettura (il barman incontra ad un certo punto un pittore che vorrebbe riprendere la professione all’inferno,ma le sue tele bruciano di bianco),il tutto su un tappeto rock elettroacustico.

“Sottozero” è una struggente ballata che chiude il lavoro evocando il ricordo di una persona scomparsa con delicata e commovente poesia (“è come tornare a scuola/nella vita che c’è di là?/dove posso ancora camminarti accanto/ma non posso toccarti i capelli/e ho paura di pensare che prima o poi non me ne importerà niente”).

Un album davvero bello e “sentito” che rivela tutta l’anima ed il cuore di Valerio Piccolo,uno dei più significativi nuovi poeti della canzone italiana d’autore.

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