A cura di Francesco Lenzi
“Punto di fuga” (I dischi del Minollo)
Gli Staré Město sono una rock band molto interessante,nata nel 2011;”Punto di fuga” è uscito inizialmente come autoproduzione l’anno scorso,per poi approdare oggi all’attenta label “I dischi del Minollo”.
La musica del gruppo (formato da Enrico Bongiovanni-chitarra, voce e autore dei testi, Tom “Delay” Lampronti-chitarra e cori, Giovanni “Fuzzbinder” Sassu-basso e cori, e Ruggero Calabria alla batteria) è ricca di dinamiche chiaroscure,di poesia scintillante e caleidoscopiche armonie,in cui si mescolano varie influenze (il nome stesso del gruppo non è stato scelto a caso,dato che evoca un quartiere antico di Praga,dove convivevano vari popoli).
“Thalia” è un rock robusto ed apre il disco (dotato,però di un ritornello irresistibilmente melodico);le liriche sono introspettive (“pensarti nelle mani di chi ti fa a brandelli/e che in fondo vi meritate l’un l’altra/la tentazione di lasciarti a chi ti sbrana/perchè in fondo vi somigliate l’un l’altra”) e personali,e si sposano bene alla corposità del sound.
L’introspezione è al centro anche su “Racconto di primavera “(“La primavera insanguina i prati/tra cui cammino senza pensare/a quello che manca/a ciò che è di troppo”),adornata da bellissimi arpeggi ed intrecci chitarristici;anche la melodia è ottima,limpida ed umbratile al tempo stesso,e riflette le sensazioni caleidoscopiche evocate dalla musica sullo sfondo.
“Meno di zero” continua su sentieri ombrosi e riflessivi;la band emoziona sempre in maniera totale,e la poesia-sempre meditativa- non è solo nel testo (“ci sono specchi in cui vedere/quello che non siamo stati/nè saremo mai/e altri specchi ancora/da conficcare nella carne/per assomigliarsi un pò”),ma anche nella musica stessa,che alterna momenti delicati ad altri più potenti,eppure mai sopra le righe:ed è meraviglioso il connubio “totale” tra parole e sound che riesce a sfornare il gruppo.
“Riparo” è un brano più diretto e veloce,ma ugualmente bello e riuscito;la natura personale delle parole è un’eccellente spaccato di vita vissuta (“voglio soltanto uscire da qui/in fretta e senza incidenti/inosservato,attraversare la folla/evitando gli occhi di un ex amante”),ed emoziona proprio perchè “reale”…la band è in grande forma,con la poderosa sezione ritmica e le chitarre sempre brillanti ed in primo piano.
“Cielo D’africa” è una cover dei Diaframma,riletta in maniera totalmente personale e convincente;continua il gioco dei chiaroscuri caro al gruppo,con un bell’assolo di chitarra,molto incisivo e struggente.
“Le mani” è una ballata più pacata,ma non meno riflessiva (“le mani anticipano ogni caduta”è una delle più belle frasi che io abbia mai ascoltato in un disco);e la melodia commuove ancora,continuando a scavare dentro il cuore con innata sensibilità (le chitarre riescono sempre a disegnare paesaggi estremamente struggenti,così come il cantato).
“Canzone della terra più alta” ha un’atmosfera magica e sottilmente psichedelica,seppur memore di un certo feeling darkeggiante;il testo è altamente evocativo e presenta più chiavi di lettura (“da qui io non rischio niente/non mi aspetto niente/ma se verrò,avrò le vene pronte/la mia sete è intatta”).
Il finale del disco è affidato a “Ultima cena”,una ballata scurissima e tagliente (dalla lunga coda strumentale ed avvolgente che mi ricorda i Marlene più psichedelici),che narra in maniera non convenzionale la fine di una relazione.
Ricapitolando,penso che questo “Punto di fuga” sia un ottimo disco:la band stessa è eccellente,ed ha una qualità di scrittura davvero notevole,che la eleva al di sopra degli standard della scena underground italiana;come dicevo poco fa,le loro canzoni sono ricche di poesia lirico-sonora e suonate con grinta,passione e determinazione.
Dunque,un ineccepibile eccellente esordio che sono sicuro lascerà un solco evidente:supporto totale,quindi, agli Staré Město