7 TRAINING DAYS”Wires”
7 training days sono una band proveniente da Frosinone e formata da:Simone Ignagni (voce e chitarre),Daniele Carfagna(Chitarre),Antonio Tortorello(basso)e Giovanni Ignagni(batteria e percussioni).La loro storia artistica nasce 7 anni fa,e questo è il loro secondo lavoro(terzo,se contiamo anche un EP uscito nel mezzo ai due album);la musica che propongono è molto particolare ed interessante,un rock alternativo molto dinamico e personale,che alterna momenti malinconici ad altri più possenti,ma sempre con l’introspezione a fare da”collante”…..ed una delle caratteristiche del gruppo è che potrebbero essere benissimo una band “estera”,per la loro familiarità con certe atmosfere”internazionali”e per la perfetta pronuncia inglese.
Questo “Wires” si apre con “Gone”,una ballata dall’atmosfera meditativa(che mi riporta alla mente i Grant Lee Buffalo come”mood”),solcata da una bella melodia carica di sentimenti malinconici(e dal finale onirico);”You are not me”,subito dopo,è un brano più ritmato,diretto e accattivante(ed è tutto al posto giusto:la voce,molto personale,i fascinosi intrecci chitarristici,la poderosa sezione ritmica).
Anche “Life” è un brano estremamente catchy e scorrevole,molto dinamico nell’alternarsi tra momenti riflessivi e riff corposi(ma senza sconfinare mai nell’aggressività fine a sé stessa);la title-track,invece,è immersa in un mood darkeggiante in cui l’introspezione si scurisce e avvolge col suo elettroacustico manto meditabondo(con qualche sentore”californiano”nelle chitarre che insaporisce il tutto).
“Pocket venus”è una poesia sonora,in cui una bella melodia s’intreccia con i giochi caleidoscopici delle chitarre(un’altra delle caratteristiche inconfondibili della band);”Down by the river” è una ballata folk rock diretta e distesa,sempre estremamente orecchiabile(e la vedrei bene come un singolo,dato che ha un potenziale enorme ).
“I will”è una sorta di ballata notturna ed ombrosa,che scorre via scavando dei solchi profondi nell’anima(forse il brano più bello del disco,ma la scelta è dura,data l’enorme qualità di tutti i pezzi),provocando emozioni a non finire;”Something clear”presenta un’atmosfera cangiante,con un filo di inquietudine,che si alterna ad attimi più distesi(ed i continui stop and go ritmici accentuano questi lati del brano,che si rincorrono e si compenetrano a vicenda)….ma è ancora una volta l’introspezione ad essere padrona del mood,anche se in maniera sempre differente.
Il gusto per le ballate riflessive viene esplicitamente espresso anche su”To climb”,dall’atmosfera tutta particolare(la band colpisce sempre per l’ampia gamma di”colori”che usa nel fare musica);”Eggplant is the color”è ancora più curiosa,e fonde ricordi post-rock a memorie”alternative”,senza mai perdere di vista la forma canzone.
“The greater good”presenta un riff di basso distorto roccioso,quasi stoner,che si innesta magnificamente su una ballata tenue e scura(di riflesso,anche i feedback chitarristici,amplificano il muro del suono,prima che inizi il cantato)e carica d’inquietudine;”Random heart”conclude il disco con la sua raffinatezza elettroacustica,carica di pathos e le emozioni continuano a scorrere ancora una volta.
In sintesi,un ottimo disco per un’ottima band che,ne sono sicuro,si farà strada anche all’estero(come dicevo all’inizio):le composizioni qui contenute sono tutte molto belle e cristalline,oltre che avere delle belle melodie ariose che sono un valore aggiunto alle stesse.
Da seguire!