ARANCIONI MECCANICI”Nero”(Seahorse recordings)

Ultimamente sto scoprendo una marea di gruppi incredibili;mi sembra di essere tornato a vent’anni fa quando,poco più che adolescente o giù di lì,ogni giorno conoscevo una band nuova.

E questo è un bene perchè significa che in Italia la scena rock è più viva che mai.

Una band che mi ha impressionato ultimamente è stata quella milanese degli Arancioni Meccanici(esistono dal 2005 e questo di cui parlerò è il loro secondo album);mi hanno colpito fin dal nome(dal sapore Kubrickiano!)e fin dalla copertina del disco,un elegante bianco panna(che fa quasi white album)sul quale campeggia l’arancione acceso del nome della band(ed in piccolo,in netto contrasto,il titolo del disco,”Nero”appunto).

Ma fortunatamente le impressioni di avere di fronte una band diversa dalle altre,sono state confermate non appena ho inserito il disco nel lettore;sì,perchè gli Arancioni Meccanici sono un gruppo dalla complessa unicità, un combo che sa davvero scrivere ottime canzoni rock,oltre a suonarle in maniera altrettanto eccellente,e sono anche al di sopra della media nell’attuale scena indipendente….

“Nero”è il loro secondo album ed è,secondo me,un disco imperdibile in cui gli Arancioni(che sono:Gianfranco Fresi-voce, Massimo di Marco-chitarre,Andrea Mottadelli-il polistrumentista della band che si alterna con chitarre,tastiera,batteria e quant’altro;se non sbaglio,il bassista Andrea Pelucchi,che ha suonato nel disco,non fa più parte della band)sfoggiano una gamma impressionante di influenze(difatti è impossibile incasellare il gruppo in un solo genere di rock,e questo non è certo un difetto,anzi,tutt’altro!),che vengono rilette con una personalità originale in primo piano.

Il disco si apre con un breve e scuro strumentale(“Hombre”),affidato essenzialmente a tastiere,synth e voci sullo sfondo;ma quando parte il groove notturno di”Anni ’70”(che tiene fede al titolo,con la band tirata a lucido;basso e batteria corposi e penetranti,chitarra meditativa e fascinosa)ci troviamo subito nel vivo del disco….la canzone è irresistibile,ed è davvero curatissima,ma allo stesso tempo diretta,adornata da un testo enigmatico (“Come gli eroi negativi/di certi anni ’70/anche io ho nemici/anche io ho una banda”)che non cela una certa inquietudine(“risalendo le scale/l’ho incontrata nell’ombra/sta seduta e mi guarda/la vita che non torna”);ed il sound sfoggia numerosi attimi tutti incastrati tra di loro,con una bellissima parte centrale in cui i musicisti danno il massimo(ma anche il ritornello è davvero bello ed ha una melodia indimenticabile).

Si prosegue con del grande rock con”Deserti”,tra energia e melodia ad alta concentrazione dinamica;è l’introspezione-con un lieve ghigno beffardo-al centro dell’attenzione(“amarsi senza limiti/stretti nei bagni chimici/di questi deserti/immagini più nitide/non ti saprei descrivere/di questi deserti”),mescolata a potenza sonora e di songwriting(tra hard e riminiscenze psichedeliche-soprattutto per i riff e per certi passaggi”trattati”col phaser)….il brano poi avrà una specie di seguito nel corso del disco.

C’è spazio anche per una cover rifatta in maniera originale(“Slave to Love”di Bryan Ferry,che svela delle insolite influenze new wave/post dark,mescolate a chitarre indie,tra Bowie e Cure),prima di tornare al calor bianco con”Animale”,un altro brano dalla melodia irresistibile che svela un’andatura quasi british;il testo è incentrato sempre su riflessioni personali che non lasciano spazio ad equivoci(“sono un animale/un essere sociale/sono un animale/so come tornare”).

Come accennavo poco fa,c’è anche”Deserti 2”,che apparentemente è il continuo della terza traccia del disco,ma in realtà si tratta di un brano completamente diverso,una ballata rock ombrosa e caleidoscopica che con la precedente forse ha solo in comune un certo feeling introspettivo e scuro(“ne ho conosciuti Jones come te(..)nei locali di Milano/falsi maestri,cattivi profeti(..)che trascinano i passanti nelle sabbie mobili del sonno”),anche se qui tutto è trattato in maniera diversa….Il Jones citato nel testo è il classico signor nessuno(come quello di una vecchia canzone di Dylan)che potrebbe essere chiunque,ed ognuno può ritrovarci chi vuole(ma le chiavi di lettura sono-manco a dirlo-molteplici).

“Sport life”è un brano più diretto e punkeggiante(e adornato dal synth suonato da Gianfranco),dalle liriche visionarie(“la neve cade sopra il cane giallo/che vuole mangiare resti di esseri umani metropolitani”)che non nascondono una certa ironia tra le righe;al contrario,”appartamenti da bruciare”affonda le lame nelle piaghe di situazioni personali amare(“Debora la nostra storia non è mai decollata/non è mai bruciata/non pensi a me”)narrate in maniera inedita tra belle chitarre decise(tra soli in grande spolvero e arpeggi chiaroscuri).

Anche”L’ultima notte”scava dentro a probabili ferite interiori,probabilmente riferite ad una vecchia amicizia(“non ti senti mai uno straniero del mondo parallelo/non hai mai avuto dentro al petto uno straccio rotto”),ma è chiaro che le interpretazioni possono anche essere altre;musicalmente è una ballata umbratile e notturna,avvolgente ed affascinante,che come certe serate all’insegna della verità e sincerità,vorresti non finisse mai….

“RNR”è esattamente quello che il titolo promette,un rock&roll cadenzato e anche piuttosto moderno,in cui vengono destrutturati tutti i luoghi comuni legati a questo stile di musica e probabilmente anche di vita(“R&R abrasivo(..)adesivo(…)non si dimentica pù(…)non ti danno la pensione/non ci paghi la colazione”);il disco finisce così com’era iniziato,con la title-track che si ricollega in maniera circolare(e strumentale)alla prima traccia dell’album,anche se in questo caso il mood è ancora più psichedelico(ma non meno ombroso)e dalle sottili venature space-stoner(e perfino qualche intermezzo progressivo via kraut appena accennato).

L’unica altra cosa che posso aggiungere è questa:compratevi questo disco.

Io l’ho adorato dalla prima all’ultima nota,e continuo a farlo,perchè”nero”è come una droga sana che non fa male:una volta ascoltato non se ne può più fare a meno…..ne sono rimasto letteralmente folgorato,anche per la varietà di atmosfere mostrate;la personalità degli Arancioni Meccanici è decisamente variegata e farà sicuramente parlare di sé…..il loro rock non è mai banale,e racconta storie interessanti con un sound davvero entusiasmante.

Non privatevi di questo ascolto,gli Arancioni Meccanici meritano tutta la vostra/nostra considerazione perchè sono un’immensa rock band.Ascoltate e godete!

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