di Cecil T.

I Rootz Ital Movement, complesso bresciano, pubblica la prima produzione in proprio, “Changin”.

Un EP costituito da cinque tracce, tutte inedite, scritte, composte e arrangiate dai membri della

Band.

Suoni caratteristici, ritmi e metri ballabili e peculiarità sonore proprie, inseriscono, questa prima

opera, nel filone raggae/ska, sempre vivo e in movimento nel nostro paese.

Il progetto si distingue per alcune attitudini compositive e interpretative che ne valorizzano

l’originalità: una vitalità e una freschezza che emergono sin dalle prime note, un notevole impasto

timbrico della sezione ritmica che delinea la sonorità di tutto l’EP e un gradevole intreccio delle

voci, ben assortite.

Interessanti gli arrangiamenti, a volte un po’ ingenui, ma comunque efficaci, doprattutto nelle

numerose parti strumentali.

I membri del gruppo sono:

Riccardo Loda- voce

Laura Gaffurini- voce

Francesco Bertoni- chitarra e cori

Sebastiano Abaribbi- tastiere

Paolo Gandolfi- sax

Giuseppe Ungari- basso

Marco Temponi- batteria

e noi li abbiamo intervistati:

1.Come vi siete conosciuti, incontrati e amati?

Alcuni di noi (Riccardo Loda, Sebastiano Abaribbi, Paolo Gandolfi e Francesco Bertoni) si

conoscevano fin da bambini, e proprio da questi è nata l’idea di formare un gruppo. Poi non ci

siamo trovati subito, abbiamo avuto bisogno di tempo per trovare la nostra attuale formazione.

Inizialmente, ai quattro della “foundation” si è aggiunta Laura Gaffurini alla voce e, poco dopo,

Giuseppe Ungari al basso. Solo più avanti abbiamo trovato la completezza con Marco Temponi

alla batteria e con lui si può dire siano ufficialmente nati i Rootz Ital Movement.

2. Quanto l’esperienza live ha condizionato il lavoro in studio?

La registrazione dell’EP è venuta dopo un buon periodo di esperienza live, proprio perché abbiamo

deciso di sperimentare il lavoro compiuto dal vivo anche in uno studio di registrazione. Ci siamo

voluti sperimentare in un contesto diverso da quello a cui eravamo abituati senza comunque

rinunciare ai concerti, che riteniamo fondamentali per il percorso di crescita di un gruppo

musicale.

3. Come sono nati questi cinque brani?

I cinque pezzi dell’EP sono stati scritti da persone diverse e in modi diversi. Quando qualcuno

stava scrivendo una canzone, in genere, la portava alle prove e insieme la costruivamo.

Inizialmente, queste canzoni erano molto diverse da come sono ora nel disco, lavorandoci insieme,

le abbiamo col tempo cambiate, aggiustate in alcuni punti e sono poi diventate quello che sono. È

stato un lavoro collettivo.

4. Parlateci della scelta del titolo.

Changin’ e un titolo che abbiamo ricercato molto. Non volevamo usare una delle canzoni del disco

come “title track”, e abbiamo deciso per Changin’ in quanto sottolinea che questo è un lavoro di

passaggio, diciamo. Siamo consapevoli di essere giovani e di avere margine di cambiamento, non

abbiamo ancora uno stile ben definito. Changin’ è quindi la nostra voglia di cambiare, di evolvere

verso quello che sarà poi il nostro timbro caratteristico.

5. Lovely Fellows, Luv the Ganja e Dance Ital hanno un “esprit” gioioso

e ballabile, sia nelle parti cantate che strumentali, avete faticato ad

arrangiarle?

Queste tre canzoni sono state, in realtà, quelle un po’ più semplici da arrangiare. Fin dalla loro

prima stesura, sono state presentate in modo abbastanza chiaro da chi le aveva scritte, e gli altri

hanno sostanzialmente seguito le indicazioni, mettendoci ovviamente del proprio. Fra tutte, però,

sono quelle più lineari e schematiche, quindi sono state più semplici da elaborare rispetto alle altre

due.

6. Still Fight è più elaborata, crea un’atmosfera più da club, appare

musicalmente più narrativa, i suoni e le scelte armoniche la rendono

più notturna. L’EP si chiude in modo onirico?

Still fight è una storia, una narrazione. Abbiamo deciso di raccontare un fatto avvenuto realmente

che ci ha particolarmente colpito, e che è riferito al Reggae con la r maiuscola. Raccontiamo del

concerto di Bob Marley per l’indipendenza dello Zimbabwe nel 1980, in cui furono lanciati gas

lacrimogeni nello stadio per disperdere la folla. Ovviamente, con il gas scapparono tutti. L’unico a

rimanere fu proprio bob, che continuò a cantare nonostante tutto. Still fight vuole essere quindi un

messaggio, il “fight for your right” di Bob dal nostro punto di vista. L’atmosfera creata, poi,

accompagna il testo: vuole essere più introspettiva e spirituale, e per questo è un po’ più “cupa”.

7. In Junky Jungle, la preferita di chi scrive, emerge, in alcuni tratti, una

chiara influenza hip hop e raggamuffin; il futuro è contaminazione?

Come abbiamo detto prima, noi non ci definiamo ancora con uno stile ben preciso. L’obiettivo

adesso è sperimentare, e come abbiamo sperimentato il reggae lineare di Lovely Fellows, il

rocksteady in Dance Ital, cosí abbiamo inserito un’impronta hip hop/raggamuffin in Junky Jungle.

Junky è il primo singolo estratto da Changin’, ed è probabilmente la canzone più sperimentale

dell’EP. Oltre alla lirica hip hop abbiamo inserito un pezzo strumentale molto duro, con distorti e

synth, che sfocia in un assolo di chitarra. Venendo noi tutti da generi diversi dal reggae, ci teniamo

molto a far sentire ognuno la propria provenienza, e inoltre ci divertiamo un sacco a mischiare

generi apparentemente diversissimi tra loro. Quindi si, per ora il nostro futuro è fatto di

contaminazione.

8. Spiegateci i testi.

I testi toccano argomenti per noi molto importanti. Lovely fellows parla proprio di noi, di come

siamo diventati compagni in un viaggio chiamato reggae, e di come sia nato un forte legame

d’amicizia tra di noi. Con Junky jungle, invece, paragoniamo questa nostra società a una giungla,

dove vige la legge del più forte e il più debole ne è schiacciato. È un invito a riflettere sulle

ingiustizie che regnano nel mondo, e un invito a fare qualcosa per cambiarle. Dance ital è, insieme

a Luv the ganja, la canzone un po’ più leggera dell’EP. Dance ital è una canzone costruita apposta

per far ballare il pubblico, e il testo non poteva essere altro che un invito al ballo. Luv the ganja,

invece, è la nostra dichiarazione d’amore a quella piantina tanto amata da chi suona o ascolta

reggae. Pur essendoci nel gruppo chi fuma e chi no, rimane comunque un messaggio importante

per noi, soprattutto in un periodo in cui si discute molto sulla legalizzazione.

9. Chi li scrive e chi li adatta?

I testi sono scritti principalmente da Riccardo Loda, voce maschile, e da Sebastiano Abaribbi,

tastierista. L’arrangiamento avviene poi durante le prove e ognuno contribuisce a modo suo. Ci

sono persone con più competenze ritmiche e altre con più competenze armoniche, per cui si

mettono insieme le idee e lavoriamo finché non giungiamo a un risultato che ci soddisfa.

10. Quali sono i vostri riferimenti culturali, artistici e musicali?

Ognuno di noi è arrivato al reggae passando da vie traverse. Chi è arrivato dal jazz, chi dal metal,

chi dall’hip hop, dal funk… di base però abbiamo tutti imparato ad apprezzare il reggae, ed è

proprio grazie ai diversi gusti musicali che riusciamo, ad esempio, a mischiare il jazz, o l’hip hop

con il reggae. Suonando insieme e frequentandoci, comunque, abbiamo iniziato anche a

condividere tra di noi molta musica. Suonare bene insieme significa anche trovare punti comuni

nella diversità.

11.Progetti e impegni futuri?

Ora stiamo concludendo un percorso in sala prove in preparazione di una nuova scaletta per i

prossimi live. Abbiamo già alcune date in varie città del nord Italia, e stiamo pensando di tornare

in studio di registrazione con due o tre canzoni. Abbiamo in mente anche una collaborazione con

un artista bresciano. Per ora questo è tutto ciò che possiamo dire.

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