ARTICOLO A CURA DI  FRANCESCO LENZI

MODENA CITY RAMBLERS “Mani come rami,ai piedi radici” (Modena City Records)

Tornano i Modena City Ramblers con un nuovo lavoro molto bello e significativo,che apre di sicuro una nuova fase nella carriera dei nostri.

I Modena sono sempre stati uno dei gruppi italiani più prolifici;tuttavia,per questo album c’era grande attesa,in quanto erano quattro anni che non ascoltavamo un intero disco di inediti del gruppo (anche se erano usciti il live e “tracce clandestine”,che aveva effettivamente un inedito al suo interno,ma era essenzialmente un disco di cover).

Direi che l’attesa è stata ben ripagata perchè “Mani come rami…” è davvero un disco insolito,che porta una ventata di aria nuova nel sound del gruppo;qualcosa a dire il vero era già trapelato con l’anteprima di “Quacet putein”,rilasciata in free download sul sito ufficiale del gruppo poco prima dell’uscita del cd…la magia di quel pezzo già lasciava intravedere una nuova direzione per il gruppo (ne parlerò poi tra qualche riga!) e così,in effetti,è stato.

Non che il particolare trademark dei MCR sia stato abbandonato:tuttavia nella musica del gruppo oggi cominciano ad affacciarsi nuovi elementi sonori-alcuni erano già stati accennati in passato,ma non ancora approfonditi,altri invece son del tutto freschi.

In un certo senso,a tratti,questo è il disco più ‘americano’ della band: non solo perchè c’è un particolare brano registrato in Arizona con i Calexico (ma di questo parleremo dopo!),ma perchè in generale,capita di respirare qua e là nel disco,un certo sentore di ‘roots music’ che ben si sposa alla tipica ‘patchanka celtica’ della band

Capirete,dunque,che di carne al fuoco ce n’è in questo cd….ma procediamo per ordine.

L’inizio dell’album è affidato a “Tri bicer de grapa” che mescola una malinconica melodia dal sapore gitano al tipico incedere targato MCR:è un inizio non banale,a suo modo introspettivo (il mood umbratile e scuro si percepisce fin dalle prime linee del testo:”Mondo cane,mondo storto e infame/Vago nella nebbia per riprenderti”).

Il secondo pezzo è uno dei miei preferiti del disco:”Grande fiume” è una bellissima canzone che fonde una meravigliosa melodia dal sapore irish a liriche ancora una volta riflessive (“Oh,grande fiume/lava il mio dolore e insegnami”) ,il tutto condito da un’andatura molto evocativa,quasi cinematografica a tratti (caratteristica cara ad altri brani del disco,come vedremo in seguito).

“El Señor t-rex”,subito dopo,è un brano meticcio,che mescola influenze diverse (tra oriente, occidente e altro ancora,mentre il ritornello è una scheggia punkeggiante) e fa muovere il culo immediatamente (immagino che sarà un pezzo forte nei prossimi concerti-ed un probabile singolo).

Ma è solo un antipasto per quello che verrà poi;difatti l’anima punk rock della band viene sfoggiata chiaramente (e dichiaratamente anche nel testo,che cita pure i Green Day!) nel successivo “Gaucho,io & te”,una riflessione dolceamara su esperienze di vita vissuta (“Quanto eravamo stupidi a vederci come eroi/quando invece erano solo i giorni tuoi/Noi a credere che la vita fosse qualcosa che sorprende/oggi dormo poco e malamente”)……Se con “el Señor T-Rex” già immaginavo dei balli scatenati sotto il palco,qui sarà pogo sicuro:a parte questo,è un altro pezzo davvero riuscito che rischia di diventare un inno generazionale (CHIUNQUE sia fan di un certo tipo di musica e con un certo tipo di attitudine nella vita,non può non ritrovarsi nelle righe del testo di questa canzone!).

Una certa vena punkeggiante è presente anche nel ritornello di “Welcome to Tirana”,che comunque sfoggia un’anima più cangiante e zingara;”Sogneremo pecore elettriche?” è visionaria e misteriosa,con un punto interrogativo sul presente (“Pelle,sulla pelle il segno/tutto cambia senza un disegno/forma,acqua e disegno/la natura muta,e c’è un pegno/ritorno,addio e ritorno/eterno scorrere del giorno/specchio delle mie brame,cosa vinco nel reame?”) ed una musica che miscela varie influenze col marchio tipico della band.

E si giunge così alla gradita sorpresa di “My ghost town”-di cui accennavo in apertura-il brano registrato coi Calexico:viene mantenuta l’andatura sorniona del brano precedente,ma le chitarre ‘twangy’ e il cantato scuro di Joey Burns (che duetta e si alterna con Dudu nelle strofe) lanciano uno sguardo ad un’America polverosa e mai dimenticata,quella solcata dal Messico (merito anche del sapore sottilmente mariachi della tromba e dal mood piacevolmente indolente che fa venire in mente le carovane del vecchio west)…..Una delle canzoni più suggestive ed evocative del disco,ma le sorprese non finiscono certo qui…..

Non si fa infatti in tempo ad assaporare il valore di un pezzo,che ce ne troviamo davanti un altro di pari,se non addirittura di maggior bellezza:ecco arrivare “Mani in tasca,rami nel bosco”,in assoluto il pezzo più bello dell’album a mio avviso,che sarebbe perfetto come prossimo singolo (parere come sempre personale).

E’ un brano dall’atmosfera particolare e pacata,molto meditativa,in cui il folk rock del gruppo riluce in tutto il suo splendore ;una riflessione molto personale (“Ripeti che sei luce/e non quel vaso rovesciato con ancora l’odore del fiore”),che si presta a varie interpretazioni (quasi un attimo di quiete al di fuori di una tempesta imperante,che sia di ‘guerra’,di ‘controllo’ o semplicemente ‘interiore’)-non solo quelle più evidenti a primo ascolto.

“A un passo verso il cielo” recupera la cadenza di “My ghost town”,parlando d’amore in una maniera del tutto inedita;”Volare controvento” è il primo singolo estratto ed è una canzone decisamente accattivante,che rimane in testa al primo ascolto….Un brano solare e morbidamente rockeggiante, che suona un po’ come il manifesto della band (“Volare controvento,insieme senza mai perdere la rotta/(…) come in principio e come sempre sarà”). Divertente e degno di nota anche il metaforico videoclip,che vede la band nelle vesti insolite di burattini elegantemente vestiti …..ma nel finale,improvvisamente,i fili si sciolgono e la band corre finalmente libera,evidenziando il significato del testo (io ci ho letto anche una non velata critica al music biz discografico e non,ma forse è un’opinione che non fa testo!)……Ad ogni modo,è un brano che funziona da ogni angolazione lo si interpreti od ascolti ed è,non a caso….liberatorio (godetevelo appieno ad alto volume in una giornata di sole!).

Punkeggiante e tagliente è “Ragas pin de stras”,adornata da un wha wha corposo;”Angelo del mattino” è una soffice canzone che anticipa in un certo senso il gran finale del disco,in quanto ha un sapore di fiaba folk rock (“Quella rima addormentata/ti accompagnerà per ore/e per un giorno intero dormirà con te il sole”),che ricorda vagamente il mood del primo Angelo Branduardi sposato ad un vago sentore ‘alla Byrds’ sul finale (irresistibile la parte di flauto,così come la fisa e gli arpeggi che si intrecciano alla melodia del cantato!).

Ed ecco arrivare “Quacet putein”,di cui parlavo in apertura:è una ninna nanna molto particolare,rilassante e dolcemente ipnotica (c’è perfino un velato accenno psichedelico nei primi secondi d’introduzione!) che chiude magistralmente questo disco,in una sorta di richiamo al passato del gruppo (non so se è voluto il rimando alla vecchia ‘Ninna nanna’ del primo album,anche se il brano in questione è totalmente diverso e più solare,anche se non meno poetico nella sua semplicità!).

Che altro dire ancora? I Modena City Ramblers non hanno certo bisogno di ulteriori presentazioni,ma si può dire che con questo album hanno evoluto la loro musica in territori differenti,pur rimanendo fedeli e perfettamente coerenti al loro stile.

Un disco che farà sicuramente parlare di sé,ottimamente suonato,composto e arrangiato,che-lo ripeto- fa intravedere un nuovo percorso per il gruppo,oltre che nuovi sentieri sonori:a suggellare il tutto,un’ottima copertina (realizzata da FolkeyMonkey,alias Davide ‘Dudu’ Morandi),che in un riuscito gioco di citazioni,rimanda a “joshua Tree” degli U2 (non è un caso che anche la data di uscita coincida!)

In una parola:imperdibile.

PS:L’album è disponibile anche in vinile,con una copertina leggermente diversa.

 

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