Quello di cui parlerò oggi,è un disco completamente diverso. E non a caso.
Si tratta infatti del primo disco interamente strumentale che mi appresto a recensire( e anche non riconducibile ad una matrice rock o “pop”);un lavoro molto valido,e anche molto particolare,totalmente diverso da tutti gli altri dischi che ho trattato fin’ora,ma assolutamente da ascoltare….per “palati fini” e tutti gli amanti della buona Musica,quella Musica con la M maiuscola….
Ma prima di parlare del disco,vorrei parlare brevemente dell’artista in questione….già sento le vostre voci:”Ma chi è Lu-Po?”
Presto detto:LU-PO è lo pseudonimo del compositore e musicista cagliaritano Gianluca Porcu e questo è il suo terzo album(ma mentre scrivo,sono a conoscenza di un nuovo lavoro che dovrebbe uscire a breve).
Le note di Gianluca Porcu non riempiono solo i solchi dei suoi dischi(ricordiamo che il suo primo lavoro uscì con un altro monicker,LU),ma anzi hanno arricchito molteplici situazioni multimediali legate all’arte…infatti è nota la sua collaborazione con la regista Emma Dante,ma non solo,oltre a scrivere per il cinema,Gianluca ha messo la sua musica al servizio di tv,danza,teatro,….
Questa premessa era doverosa,e capirete che il disco che andremo ad affrontare è di indubbio spessore artistico.
Fin dalle prime note di”Giostra”si percepisce che la musica di Porcu è un”viaggio musicale”che ben si sposa alle immagini;difatti non fa eccezione questo disco,che sarà la colonna sonora del prossimo film di Carlo Sarti.
Tornando a “giostra”è esattamente quello che il titolo promette,ovvero una”giostra musicale”in cui si rincorrono varie anime e reminiscenze”popolari”,in una rincorsa tra chitarra acustica,pianoforte,strumenti ad arco e a fiato con una “spruzzatina”di elettronica mai invadente,appena appena accennata per dare un tocco di colore in più alla già affascinante “tavola musicale”.
Scandita dai tromboni e adornata dai mandolini è “Nostalgia delle stelle”,una miscela di malinconia e di serenità,un vero e proprio film sonoro che ci riporta alla mente sapori di altri tempi;e un sapore più ombroso avvolge”L’amore che non aspetta”,una perfetta fusione tra atmosfere vintage e moderne(ritorna l’elettronica,che non invade mai,ma funge da tappeto ritmico).
“Da qualche parte”sintetizza in maniera ancora più evidente,la miscela tra tradizionale e innovazione;una passeggiata verso scenari da primi del 900,ma che i loop ritmici riportano ai giorni d’oggi,e quindi traghettano improvvisamente il tutto su un’atmosfera senza tempo…..
Un acquarello delicato è “gocce”,rarefatta,notturna con quel tocco di spleen che non guasta(dominata da pianoforte e chitarra acustica),e che ritorna anche nella successiva”valzer del bugiardino”,un carillion oscuro che è uno scrigno dei segreti più reconditi dell’anima(e forse più celati).
“La fiaba”si riallaccia idealmente alla traccia”giostra”,evidenziando però la bellezza degli arpeggi della chitarra acustica(senza tralasciare il pianoforte),con percussioni”elettroniche”di contorno;il tratto malinconico che evidenzia la trama del disco,qui si fa più sfumato e dai contorni,appunto,”fiabeschi”,come si deduce appunto dal titolo stesso.
E il percorso di memorie ancestrali si rifà vivo su”Il cortile dei giochi”,sempre in bilico tra riminiscenze “classiche”e attualità;quasi struggente e anche un po’ misteriosa l’atmosfera,con il chiaroscuro evidenziato dalla chitarra e dagli archi.
L’immaginario dell’infanzia,così come il suono del carillion e lo “spleen”di cui parlavo poco fa,è un altro dei punti salienti del disco,e ritorna sui brevi intermezzi”Burattino”e “Carillion”-appunto-sempre su una sfera emozionale molto personale,delicata e di malinconica poesia.
Chiude il disco”La vampa”,affidata a tastiere e battiti elettronici(dopo un intro pianistico che comunque riaffora per tutto il pezzo),ed è anche il brano più”moderno” e più facilmente riconducibile a certa musica “attuale”,perfino insolitamente ballabile nel suo incedere.
Probabilmente “stendere la notte”non è un disco facile,immediato e soprattutto non per tutti,ma sono convinto che può piacere e destare curiosità,non solo agli amanti delle colonne sonore,che non devono farselo mancare nella loro collezione(io,pur non conoscendo la trama e le immagini a cui queste musiche sono destinate,ho avuto per l’ascolto tutto un “film” perfettamente delineato in testa,e questo per me è significativo,essendo questa reale musica evocativa,che appunto”evoca”veramente delle immagini,con le sue partiture),ma anche per fruitori musicali dalla “mente aperta”e persino a chi non è familiare con questo tipo di sonorità.
Il merito di Gianluca Porcu è,oltre a quello di creare queste splendide trame sonore(e di essere un valente polistrumentista),quello di avere frantumato le barriere dei generi;difatti un disco come “stendere la notte”è inclassificabile,e questo non è un male,perchè la musica in esso contenuta,presenta diverse sfaccettature.
Se è vero che la matrice”classica”è evidente,è anche vero che il suo “sposarsi” con l’elettronica,e con strumenti inusuali(come abbiamo visto l’uso del carillion,ma anche certi “riferimenti bandistici”dovuto all’uso degli ottoni),fanno sì che questo disco sia un melting pot che rimanda anche ad alcune atmosfere folk e tradizionali,ma tutto in una maniera personale e “diversa”.
Concludendo,voglio accennare a tutti i musicisti esecutori di questo gioiello sonoro che sono oltre allo stesso Gianluca Porcu(chitarra,elettronica,mandolino,percussioni):Maria Teresa Sabato – violino;Luca Pischedda – violoncello;Maddi-clarinetto;Luca Mangini & Massimiliano Coni-trombone;Sergio Fermi – trombone, basso.